Ho trovato 332 risultati per strutture ricettive storiche

In viaggio tra Lodi e il Parco Adda Sud

Città, lago o montagna? La Lombardia, pur non avendo il mare, offre una serie di itinerari davvero unici per i biker, perché con il suo territorio vasto e diversificato può essere davvero la regione ideale per compiere itinerari in moto davvero soddisfacenti.  Dove andare? Hai davvero molte opzioni: puoi raggiungere più di un lago, puoi attraversare diverse valli, puoi anche visitare diverse città. Oggi si parte provincia di Lodi, lontano dal caos urbano e ricco di fascino e storia.Chiese, musei, castelli, oasi naturalistiche, sorgenti d'acqua naturali.Ma non solo! Nel Lodigiano sono presenti anche opere proiettate nel futuro, ecco un guida ai principali luoghi da visitare nella Provincia di Lodi. Iniziamo il tour da Lodi per visitare il Tempio dell'incoronata, il più grande monumento artistico della città di Lodi, capolavoro di architettura e pittura, fu costruito come tempio civico, espressione della pietà popolare. Progettato da Giovanni Battagio nel 1488, è interamente decorato con affreschi, dipinti, tele realizzati dai principali artisti che operarono a Lodi tra il XV e l'inizio del XIX secolo.Proseguiamo con una visita al Castello Visconteo di Lodi. Sapevi che Lodi è una città ricca di storia? In passato era cinta da mura di difesa, mentre deve a Federico Barbarossa la costruzione di uno dei suoi maggiori castelli, il Visconteo. Prese il nome dai signori di Milano, i quali, quasi un secolo dopo, lo ampliarono e lo potenziarono con l'aggiunta di quattro torri. Sotto la dominazione austriaca, però, la fortificazione venne smantellata e trasformata in caserma.A pochi chilometri dal centro urbano, ci si può dirigere verso un'attrazione di sicuro interesse, Il castello, situato nel piccolo comune di Camairago tra le Province di Lodi, Cremona e Piacenza, si affaccia sulla Valle dell'Adda lungo l'antica strada romana che da Milano conduceva a Cremona. Oggi la zona è nota come Parco Regionale Adda Sud. La storia del castello ha inizio nel 1140 quando Filippo Maria Visconti, ultimo duca di Milano, concesse il feudo di Camairago insieme alla licenza di fortificarlo, al Conte Vitaliano Borromeo quale ricompensa delle sue condotte militari e dei prestiti in denaro ricevuti. Nel 1629 il castello, all'epoca dimora abituale di San Carlo, ospitò i famigerati Lanzichenecchi che presero parte all'assedio di Mantova.Il Castello Borromeo di Camairago, grazie ai suoi spazi esterni molto vari ed estesi si presta perfettamente per l'organizzazione di rievocazioni storiche per ragazzi. Gli spazi esterni ed interni permettono ai ragazzi di divertirsi in ambienti sicuri, controllati e privati. In ultimo non può mancare una visita al Parco dell'Adda Sud che si estende lungo il basso corso dell'Adda, tra Rivolta d'Adda a nord e Castelnuovo Bocca d'Adda, alla foce del Po, a sud.Comprende il tratto più tipicamente planiziale del fiume, con ampie estensioni agricole, boschi naturali e seminaturali, e coltivazioni a pioppeto. È prevalentemente caratterizzata dalla produzione casearia: numerose ricette tipiche si basano sull'impiego dei formaggi locali e soprattutto del burro.Frittate, zuppe, risotti e insaccati di maiale rappresentano le altre specialità della gastronomia lodigiana; esistono anche numerosi dolci tradizionali.Dal punto di vista naturalistico notevoli sono le residue zone umide e le lanche, ricche di avifauna acquatica, quali la Riserva Adda Morta e la Zerbaglia, dove è localizzata la più ampia garzaia del parco.Finalmente è arrivata l'ora di pranzo, potremmo approfittare per degustare la cucina tipica Lodigiana, che pur essendo originaria di un territorio molto vicino a Milano, presenta peculiarità proprie ben definite.A pochi chilometri dal centro urbano, imbocchiamo la sp. 26 e ci dirigiamo verso Pizzighettone, un paese di sicuro interesse, le origini di questo tipico borgo fluviale risalgono all’epoca etrusca quando, in sponda destra del fiume Adda, fu fondata Gera in prossimità della città etrusca di Acerra.Con la decadenza di Gera sorse, in epoca romana, sulla sponda opposta del fiume, Piz-Juguntorum. Luogo di frontiera, fu testimone delle lotte per il controllo dei traffici fluviali con l’alternarsi di varie dominazioni, dai Visconti, agli Sforza, poi gli Spagnoli e infine gli Austriaci.Comprende il tratto più tipicamente planiziale del fiume, con ampie estensioni agricole, boschi naturali e seminaturali, e coltivazioni a pioppeto.  

L’indimenticabile esperienza di una vacanza in rifugio

Rifugi in Lombardia: alla scoperta dei segreti della montagna
L’indimenticabile esperienza di una vacanza in rifugio

8 sagre estive da non perdere

In giro per sagre alla scoperta di una regione ricca di tradizioni e tutta da... gustare!
Sagra di San Giovanni - Ossuccio - Isola Comacina

Borgarello

Borgarello si trova nel Pavese, nella pianura a nord di Pavia, lungo il Naviglio Pavese. In epoca viscontea fu incluso nel Parco Nuovo, vasta tenuta di caccia tra il Castello di Pavia e la Certosa.   Il Parco Visconteo Anticamente Barco (Barcho Vecchio) di Pavia, con un'ampiezza di 14 km2e un perimetro di 15 km, fu voluto da Galeazzo II Visconti dopo il 1360. Recintato con un muro di mattoni alto 4 braccia (due metri e mezzo), si estendeva dalla città verso nord sino a Cantone delle Tre Miglia (Borgarello), San Genesio e Due Porte. Una trentina d'anni dopo, il successore Gian Galeazzo ampliò il Parco sino a 22 km2, estendendolo verso Nord da tre a cinque miglia e costruì un nuovo muro, a proseguimento del primo, a racchiudere Torre del Mangano, Porta d'Agosto, Ponte Carate e Porta Chiossa. Il muro di cinta fu completato intorno al 1399: lungo quasi 25 km, aveva uno spessore di tre teste di mattone (quasi 90 cm), fondamenta profonde due braccia (circa m 1,25), era alto 4 braccia (due metri e mezzo) e terminava con un tettuccio alto un altro braccio. Alla costruzione e alla manutenzione del Parco furono necessarie massicce opere di sistemazione idraulica, opere di fine ingegneria, che come i Navigli milanesi anticiparono l'opera di Leonardo. Il parco era ricco di boschi, di querce, castagni, ontani e olmi. Un grande giardino di caccia, dai paesaggi magicamente intrecciati di natura e di artificio, nel quale persino i nomi dei luoghi vennero cambiati e quasi tutte le tracce più antiche si persero per celebrare le opere e le glorie della nuova famiglia di Signori, eccettuati solo il nome di Borgarello e le dediche delle due chiese di Borgarello e di Torre del Mangano a due "santi guerrieri": l'una a San Martino di Tours, santo legato ai pellegrinaggi, l'altra a San Michele (dedicazione tradizionalmente legata alla storia del Longobardi). Le porte del Parco conservano ancora il loro nome, a distanza di oltre sei secoli, mentre le tracce di dedicazioni più antiche sono sepolte e scomparse. Dopo Ludovico il Moro (1500) iniziò la decadenza del Parco. Dopo la battaglia di Pavia (1525), nel muro di cinta furono aperte numerose brecce, e poi ampi tratti di muratura caddero o furono asportati dai contadini per reimpiegarne i mattoni, sino alla sua totale demolizione. Il Naviglio Pavese Iniziato nel XVI secolo dagli Spagnoli e poi interrotto, il progetto fu ripreso in età napoleonica e ultimato sotto il governo austro-ungarico nel 1819. Fino all’ultimo dopoguerra fu importante come canale di irrigazione e come via di navigazione; chiatte trainate da cavalli trasportavano allo scalo milanese di Porta Ticinese la ghiaia del Ticino (e occasionalmente anche passeggeri disposti a un viaggio piacevole, ma lungo un’intera giornata). La navigazione era favorita dalla lievissima pendenza e dalla presenza di conche – di concezione leonardesca – per superare i dislivelli.  L’Alzaia, che costeggia il Naviglio, nei documenti dei secoli XV e XVI, era detta “la stradella del Duca” o “ stradella del Signore”. Fino a tempi recenti, dove ora è situato il ponte, un muretto in granito delimitava l’affaccio da Borgarello sull’Alzaia: il cosiddetto “sasso”. Da qui il modo di dire locale “d’la Rüsa al Sass” per indicare i due limiti estremi est e ovest del paese.  Lungo l'Alzaia del Naviglio Pavese scorre la ciclabile che  da Milano conduce, seguendo le acque del fiume per 30 km, alla Certosa di Pavia e con altri 6 km al centro storico di Pavia. Cascina Repentita Vestigia dell'antico Parco Visconteo sono ancora visibili presso la Cascina Repentita - già citata con questo nome in un atto del 1111 (probabilmente per il fatto che nell'Alto Medioevo ospitava, o aveva ospitato, una comunità di recupero per le "prostitute pentite di Pavia"), situata sulla strada interpoderale che collega la Cantone Tre Miglia ai borghi di S. Genesio e Mirabello, citata già in un atto del 25 gennaio 1111. Una cascina con la tipica base quadrata delle costruzioni rurali lombarde, rimaneggiata e con la parte storica in cattivo stato di conservazione. Tra le risaie e vicino alla linea ferroviaria. La rese famosa Francesco I, re di Francia. Questa è una cascina di importanza storica. Cercate la lapide che ne spiega le ragioni. La leggenda narra che la Zuppa alla Pavese nacque qui, preparata da una contadina, come piatto improvvisato; ne conoscete la ricetta? Lo scontro tra francesi e spagnoli è iniziato “sul far dell’alba”, chiudete gli occhi e immaginate i colori e i rumori della battaglia. Vuole la tradizione che il giorno della sua sconfitta Francesco I vagasse per le campagne attorno alla città, stanco e affamato ("Tutto è perduto, fuorchè l’onore e la vita, che è salva"). La vita gliel’avrebbe salvata una contadina, cui il sovrano si era rivolto per avere del cibo. "Sul fuoco del camino bolliva un brodo di barlande (borragine) e non di carne", merce rara per l'epoca, una fetta di pane casereccio, cotto la domenica nel forno comune con le altre donne della cascina, e un uovo fresco.  Il re apprezzò e firmò l'atto che lo allontanò per sempre da queste lande. Francesco I, tornato in patria dopo un anno di prigionia, introdusse a corte questa zuppa che ebbe un tale successo da divenire ben presto una celebre pietanza destinata a fama secolare. Fonte: Comune di Borgarello Photo: Comitato “Villa in Comune”

L'ISOLA DEI MONASTERI

Cremona ha riscoperto un comparto cittadino a lungo dimenticato e sottovalutato che versa in grave stato di degrado e di cui ben pochi sono a conoscenza. Un luogo quasi segreto. Si tratta del cosiddetto comparto degli Antichi Monasteri, (ricordato più frequentemente come l’area delle vecchie caserme): area cittadina a ridosso delle mura verso il fiume, in una zona inizialmente periferica. Un comparto unico per estensione ed interesse di grande valore artistico, storico ed architettonico: sono i cinque monasteri di San Benedetto, Santa Chiara, Corpus Domini, Santa Monica e dell’Annunziata, la cui stessa esistenza è stata a lungo in pericolo a causa dell’incuria e dell’abbandono. Patrimonio civico salvato dalla demolizione grazie all’imposizione di un vincolo monumentale del Ministero della Pubblica Istruzione del 1971. Ciò sicuramente ha favorito il mantenimento delle strutture architettoniche, ma non ha aiutato a salvaguardarne il valore storico di ciò che furono e che rappresentarono nei secoli per la storia cremonese.Una storia fino ad ora poco nota e poco indagata e di grande fascino poiché tutti e cinque i monasteri furono occupati da Ordini religiosi femminili. La loro esistenza e le trasformazioni sono il frutto di accadimenti storici ben precisi: la soppressione degli Ordine Religiosi alla fine del secolo XVIII e la trasformazione in caserme. Se tale trasformazione può apparire pesante, tuttavia fu quella che ne permise la sopravvivenza fino ai giorni nostri, pur con tutte le varie trasformazioni edilizie e mutilazioni: spazi modificati per divenire grandi camerate, magazzini delle merci e stalle.Curioso quindi che tutta l’area degli antichi monasteri nel corso dell’Ottocento si trasformi contemporaneamente da luogo prevalentemente religioso a militare. Se appunto l’uso dei militari ne ha condizionato la consistenza fisica ed architettonica, ne ha comunque consentito una buona sopravvivenza, dalla Seconda Guerra Mondiale invece la loro storia diviene sempre più precaria e difficile la loro conservazione. La riscoperta dell’area degli Antichi Monasteri ha spinto la Società Storica Cremonese ad attivare un ambizioso progetto – coordinato da Beatrice Del Bo, Università degli Studi di Milano, e don Andrea Foglia, storico della Chiesa – tendente ad arginare un decadimento storico oltre che architettonico quasi inarrestabile. Il progetto si focalizzerà sulla storia e il significato della presenza in città di ben cinque comunità religiose femminili strettamente confinanti a partire dal XII secolo. Quindi una conservazione di una memoria femminile, mai indagata, che prende vita dalla fondazione del monastero di San Benedetto (secolo XII) per giungere al monastero dell’Annunziata di fine Quattrocento. Lo sviluppo di un’area di monasteri femminili faceva seguito al rinnovamento religioso perseguito dai vescovi Offredo e Sicardo che sostennero già fin dal secolo XII la nascita di cenobi femminili. Alla fondazione di San Benedetto, a opera dei monaci di Nonantola, seguì quella del monastero di Santa Chiara, la cui attuale collocazione è da far risalire al 1429, e nel 1455 quella del Corpus Domini, anch’esso cenobio di clarisse che seguivano l’Osservanza. Di particolare interesse il Corpus Domini fondato in un palazzo di proprietà di Bianca Maria Visconti, domina della città e sposa di Francesco Sforza, signore del Ducato di Milano. La stessa Bianca Maria pochi anni più tardi promosse e sostenne la fondazione del monastero di Santa Monica, destinato a sostituire un cenobio di monache benedettine preesistente. Creato nel 1471, per volontà del nuovo duca di Milano, la comunità religiosa assunse l’abito agostiniano su disposizione del vescovo Stefano Bottigella. In Santa Monica furono ospitate religiose appartenenti alle nobili famiglie cremonesi e anche della stessa famiglia ducale, come la sorella di Ludovico il Moro, Bianca Francesca. La fondazione del monastero dell’Annunziata si ascrive invece al 1494 e venne destinato ad ospitare monache agostiniane provenienti da Piacenza. Delle cinque istituzioni religiose quindi non solo si procederà alla ricostruzione delle vicende che portarono alla nascita dei cenobi e alla loro storia materiale, ma soprattutto saranno ricostruiti i rapporti con i poteri locali e con la dinastia sforzesca; si identificheranno e valorizzeranno le donne che popolavano i nostri monasteri; verrà indagata la composizione delle varie comunità monastiche, con particolare insistenza sulle biografie delle religiose, sulla loro provenienza geografica, sintomatica dei legami politici.Non si può infatti trascurare che per l’età medievale, anche avanzata, e per la prima età moderna, i cenobi costituissero per le donne (contrariamente a quanto si è portati a pensare) un’occasione di istruzione e di libertà e non come soltanto un allontanamento coatto dal mondo, “una clausura”. Dalla dissolutezza di alcune monache alla beatitudine di suor Angela Pasini, passando per le giovani figlie dei Raimondi o della stessa Bianca Francesca Sforza, verranno studiate donne che pur vivendo insieme avevano sicuramente a disposizione biblioteche e una separazione dal mondo secolare che poteva essere considerata in alcuni casi una grande fortuna, vista la notevole autonomia di cui godevano questi cenobi.Sarà quindi uno studio dell’identità di genere. Si cercherà di cogliere per quale nesso vi fosse una notevole frequentazione delle clausure da parte di fanciulle aristocratiche. Erano davvero solo desiderose di respirare aria di santità? a cura di Angela BellardiSocietà Storica Cremonese e già dirigente dell’Archivio storico di Cremona

Scopri i comuni dell'Alta Valle Camonica

Oltre al fascino di Ponte di Legno, l'Alta Valle Camonica offre innumerevoli possibilità di visita. Proponiamo perciò un itinerario storico-naturalistico tra i comuni limitrofi di Vezza d'Oglio, Temù, Vione, Incudine e Monno.    Incastonata tra due valli laterali che fanno da cornice al paese, Val Paghera nel Parco Regionale dell'Adamello e Val Grande nel Parco Nazionale dello Stelvio, Vezza d'Oglio regala un incantevole panorama capace di sorprendere il turista in ogni periodo dell'anno. A 20 km dall'abitato si arriva all'imponente ghiacciaio di Pietra Rossa (m. 3212), percorsa dal torrente omonimo che, nei giorni di sole, scende formando pittoresche cascate dagli spruzzi multicolori. Da qui, si possono raggiungere i Laghi Seroti, nella Val Bighera: ben diciassette laghetti alpini, dalle più svariate forme e dimensioni. Se si vuole restare in paese, non mancano le attrattive culturali. Meritano sicuramente una visita la Parrocchiale di San Martino, che conserva tra i suoi prezioni cimeli un'ancona in legno secentesca, e la Chiesa di San Clemente, tra le più antiche della valle, era in origine un eremo e ospizio destinato ai pellegrini. A Borom, frazione di Vezza d'Oglio, si trova la Cava di Marmo Bianco, sito di interesse archeologico, storico e umanistico, valorizzato dagli artisti, chiamati a partecipare annualmente al Simposio di scultura, che  hanno riportato alla luce il suo splendente colore bianco.  Vezza d'Oglio è stato teatro di uno dei combattimenti della Terza Guerra d'Indipendenza, dove il 4 luglio 1866 un reggimento di garibaldini e bersaglieri respinsero gli austriaci. In ricordo della Battaglia di Vezza è stato costruito il Museo Civico Garibaldino, che conserva un’esposizione di oggetti storici. Tra i musei dell'Alta Valle Camonica non si può non citare il Museo della Guerra Bianca di Temù, il più importante in Lombardia e in Italia tra quelli dedicati al fronte bellico alpino nella Prima guerra mondiale, dove sono esposti centinaia di oggetti recuperati sul terreno. Oltre alle numerose fotografie che accompagnano il visitatore, è possibile vedere le slitte di legno per il trasporto di munizioni, granate rinvenuti tra i ghiacciai, e i cannoni trasportati fino a 3000 metri di altezza.  Di grande interesse storico è anche Vione, noto per i recenti ritrovamenti di tombe longobarde, la conservazione dei "reölcc" (portici), i resti delle sei torri che difendevano il castello e la scuola di grammatica (XV-XVII sec.). I tre centri del comune di Vione dispongono di un'architettura rustica costituita da archi e finestre di fine fattura, strutture lignee e forme di edifici secondo volumetrie regolari. L'itinerario dell'Alta Valle Camonica si può concludere con la visita di due comuni. Il primo è Incudine, dove si possono ammirare la Via Crucis nella chiesa di San Bernardino, l'Ultima Cena opera di G.B. Zotti nella parrocchiale di San Maurizio e i resti del castello. Il secondo è Monno, collegato al Passo della Foppa, il valico alpino inserito nel Giro d'Italia.  Questo percorso naturalistico è ideale per una biciclettata. Ma dopo l'attività fisica, rilassatevi assaggiando il salame, le formagelle ed i biscotti di questo paese. _ PH IG: @fabioskisandrini91
Comuni della Valle Camonica - Pietra Rossa

Da Milano a Melzo, Melegnano e Lacchiarella. Lungo il canale della Muzza

Il Canale della Muzza percorre i paesaggi pianeggianti presenti tra Lodi e Milano. L’itinerario segue le sponde del Canale della Muzza da Melzo a Melegnano, toccando il territorio del Parco Agricolo Sud Milano. In questo itinerario c’è tempo per lo svago, la cultura e il tempo libero, con monumenti collocati all’interno di un qualificato ambiente agricolo metropolitano. Dalla stazione di Melzo superiamo il centro storico e prendiamo l’itinerario che si inoltra nei campi in direzione di Lavagna. Da qui seguiamo la strada posta a fianco del canale Muzza sino a Paullo. Continuiamo prima sulla ciclabile per Tribiano, poi su strade secondarie sino a Mediglia e da qui riprendiamo la ciclopedonale che ci porterà nel centro storico di Melegnano. Dal retro della stazione seguiamo il percorso ciclopedonale che ci porterà alla stazione di Lachiarella-Villamaggiore. ITINERARIODistanza:48.2 km    Difficoltà: facileFondo stradale: sfalto e sterratoDislivello: +169 m, -194 m (Pendenza max. 3.1%, -2.5% ; Pendio medio: 0.4%, - 0.5%)Adatto a: tuttiTipologia di bicicletta consigliata: MTB e ibridaDurata media: 4 h ca. ALCUNI PUNTI DI INTERESSE Palazzo del Trivulzio a MelzoTra i più importanti edifici storici di Melzo, è stato realizzato nel XII secolo. Il Palazzo nasce come un forte, a difesa della cittadina. Oggi è sede della Biblioteca civica locale e del Teatro.Info utili: Comune di Melzo, Piazza Vittorio Emanuele II n. 1 - Melzo (MI)Sito internet: www. comune.melzo.mi.itGeolocalizzazione su mappa: 45.50021, 9.42261 Sant'Andrea a MelzoLa chiesa si pensa sia stata costruita attorno all’ XI o al XII secolo. Ha assunto grande importanza grazie agli affreschi presenti nel presbiterio, attribuiti ai seguaci della pittura di Leonardo Da Vinci.Info utili: www.amicisantandrea.comGeolocalizzazione su mappa: 45.49916, 9.42637 Chiesa di San Biagio a Lavagna, ComazzoChiesa a pianta centrale sormontata da un tiburio ottagonale, tre cappelle ne affiancano i lati e sul quarto lato troviamo il portone d’ingresso. La costruzione è collocata ai primi anni del Cinquecento nell’ambito di Bramante.Info utili: Comune di Comazzo, Via Palazzo Pertusati, 25Sito internet: www.comunedicomazzo.itTelefono: 0290611015Geolocalizzazione su mappa: 45.45562, 9.43557 Canale della MuzzaGli storici ritengono che il canale sia il risultato finale di interventi parziali avvenuti nel XIII secolo, destinati ad altre funzioni, come quella di difesa militare.Info utili: www.muzza.itGeolocalizzazione su mappa: 45.45968, 9.44678 Castello Mediceo di MelegnanoEdificato nel 1243, con Bernabò assunse la tipica struttura a quadrilatero con alte torri angolari. Dal 1981 è proprietà della Provincia di Milano. Gli affreschi interni furono realizzati nella metà del XVI secolo. Sito web: www.prolocomelegnano.itGeolocalizzazione su mappa: 45.35672, 9.32417 Abbazia di Campomorto a SizianoSecondo la legenda, in periodo visconteo si trovarono a combattere sui due fronti opposti tale Boschino Mantegazza e il proprio figlio. Boschino ferì a morte il figlio e per espiare la sua colpa decise di fare erigere l'Abbazia.Info utili: Per informazioni rivolgersi alla parrocchia di S. Maria AssuntaGeolocalizzazione su mappa: 45.31026, 9.20976 Rocca Viscontea di LacchiarellaLa rocca, costruita presumibilmente nel X secolo, ha subito molte modifiche nel corso dei secoli. Quasi sicuramente era affiancata da un castello e da una bicocca. Il complesso proteggeva ed accoglieva contadini ed animali.Info utili: Comune di Lacchiarella, Piazza Risorgimento, 1 - Lacchiarella (MI) Sito web: www.comune.lacchiarella.mi.itGeolocalizzazione su mappa: 45.32129, 9.13756
Da Milano a Melzo, Melegnano e Lacchiarella. Lungo il canale della Muzza

Il borgo Pagazzano

Una perla da scoprire nella pianura bergamasca

Pinacoteca “Gianni Bellini” di Sarnico

La Pinacoteca Gianni Bellini, inaugurata nel 2004, è ubicata nella parte sommitale del centro storico di Sarnico. L’edificio che ospita la collezione è anche conosciuto come Palazzo Gervasoni, dal nome della storica famiglia sarnicese che cedette la proprietà alla locale amministrazione verso la fine degli anni Novanta. Prima di divenire dimora privata, il palazzo fu sede di un monastero di clausura (sec. XVI). Testimonianze dell’antico convento sono rintracciabili nell’impianto dell’edificio con colonne e archi che ne delimitano il vecchio chiostro. Al centro della sala, ancora pavimentata nella tipica pietra di Sarnico, vi era un vano aperto verso l’alto. Quando il sacerdote e collezionista sarnicese don Gianni Bellini decise di donare la sua collezione d’arte alla cittadina di Sarnico, l’amministrazione locale si trovò nella condizione di individuare un luogo adatto alla conservazione e all’esposizione di tale patrimonio artistico. Fu, quindi, deliberato l’acquisto di Palazzo Gervasoni con l’idea di un recupero architettonico dell’immobile in vista della sua nuova funzione di pinacoteca. Il restauro durò circa sei anni. La planimetria del palazzo venne rispettata, come pure il colore grigio della decorazione in pietra, ora maggiormente sottolineato e scandito dal bianco dei muri e dal legno delle travature. Le strutture sospese dei ballatoi furono rinforzate e assicurate, quindi alleggerite nel piano più elevato. Il tetto fu interamente rimosso per lasciare spazio alla leggerezza di un grande lucernario che accompagna simbolicamente la visione del figurativo umano verso l’infinito. La donazione di don Gianni Bellini annovera poco meno di 200 opere tra dipinti su tavola e su tela, alcune importanti statue lignee e marmoree, nonché quattro crocifissi processionali di grande interesse. Ad arricchire la collezione vi sono anche dei pregiati mobili d’epoca. La maggior parte delle opere esposte si situa in un arco cronologico compreso tra il XVI e il XVIII secolo. Don Gianni Bellini fu collezionista, ma ancor prima fu un conoscitore e un appassionato. Più volte ebbe a dichiarare di essere “assalito dalla voglia di possedere dipinti, sculture e arredi che acquistai presso mercanti e collezionisti privati grazie al fiuto di investire denari nonostante le ridotte disponibilità economiche”. E nella collezione non vi è, a ben vedere, un’esclusiva propensione verso il tema sacro: oltre al diffuso soggetto penitenziale e mistico, non sono poche le concessioni al tema mitologico, ai capricci e al vedutismo. Così accanto al Compianto sul Cristo morto di Palma il Giovane, possiamo ammirare L’allegoria del tempo del Legnanino o Prometeo della bottega di Luca Giordano. Tra gli autori di maggior fama spiccano i nomi di Alessandro Magnasco, Antonio Cifrondi, Carlo Ceresa, Francesco Cairo e Nicolas Régnier. Ugualmente, dal punto di vista geografico la collezione Bellini attinge da un bacino decisamente europeo: dalle differenti scuole italiane si passa all’area fiamminga, francese, spagnola e tedesca più alcuni interessanti esempi della tradizione bizantina greco-veneta.
Pinacoteca Gianni Bellini Sarnico - visitlakeiseo

La Via delle Castagne

Un itinerario alla scoperta della natura tra borghi e tradizioni
La Via delle Castagne - punto panoramico Zogno

Casa Parravicini

  La casa cinquecentesca si trova nel centro storico di Castione, in prossimità della chiesa di S. Martino, ed è circondata da un ampio giardino. È caratterizzato da un impianto architettonico ad U, che racchiude una corte in acciottolato policromo, cui si accede attraverso un bel viale alberato. Ha forme sobrie ed eleganti, tipica dei palazzi nobiliari dell'epoca. Un austero portale in pietra si apre nella facciata principale, affiancato da due piccole finestrelle quadrate con davanzali in pietra lavorata. Sopra a queste si trova un doppio allineamento di finestre che si sviluppano su due piani. I serramenti ancora presenti sono quelli originari. Sul fianco settentrionale, in parte interrato, si vedono due aperture circolari (oculi) corrispondenti al vano scale. All'interno i proprietari hanno mantenuto la tipologia e l'uso originari senza stravolgere l'antica distribuzione dei locali: i pavimenti sono in pietra a grandi lastre o in assi di legno, i soffitti sono voltati a crociera, in alcuni casi decorati con stucchi o affreschi decorativi. Al primo piano si trova una bellissima stüa rivestita in legno e finemente decorata, con un'elegante «pigna» in maiolica che viene caricata dal locale attiguo. Di notevole interesse è anche la scala in marmo bianco con colonnine lavorate, che collega i diversi piani. All'interno si trovano gli arredi originari, così come anche le porte interne ed i serramenti, con i chiavistelli originali. Completamente circondata da un vasto giardino all'italiana e da un bosco, la Casa Parravicini è uno dei pochi esempi in Valtellina di palazzo nobiliare, in cui l'adeguamento dei locali per l'uso d'abitazione e la realizzazione di servizi e bagni interni non hanno stravolto la struttura architettonica originaria.

Solto Collina

L’origine del borgo risale all’epoca medievale, all’incirca attorno all’XI secolo. In quel periodo di forte instabilità politica, tre famiglie altolocate e molto in vista decisero di trasferirsi in questa zona molto panoramica e di costruirvi un sistema fortificato. Da questi luoghi, infatti, si potevano controllare i movimenti di truppe e carovane dirette o provenienti dal lago d’Iseo e dalle valli. Le tre famiglie gestirono le sorti del paese fino al XIV secolo, quando la famiglia Foresti, molto potente in tutta la zona, acquisì i territori del borgo. Questi legarono indissolubilmente il proprio nome a quello della contrada, tanto che tutt’ora fanno bella mostra su alcuni edifici gli stemmi del casato. Soltanto nel XX secolo i sette nuclei abitativi che compongono il comune vennero saldati nell’attuale struttura amministrativa. La ricca storia medievale ha fatto sì che il paese si dotasse di un’architettura tipica di quel periodo. Conseguentemente il centro storico, perfettamente conservato, risulta essere uno spaccato della vita di quel periodo: le strade strette abbarbicate sul colle e lastricate in ciottolato, alcuni pozzi e fontane, i portoni e gli edifici in pietra riportano la memoria a parecchi secoli fa. Come citato precedentemente, il sistema di protezione comprendeva inoltre tre elementi: il castello, la torre e la casatorre. Il castello si trova nella zona più a sud del paese, in un punto panoramico nella contrada detta appunto contrada Castello e si trova ancora in un buono stato di conservazione. In ambito religioso ricopre una grande importanza la chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Assunta. Edificata nel corso del XV secolo e ristrutturata all’inizio del XX secolo, custodisce al proprio interno opere di numerosi artisti. Nei pressi si possono ammirare numerose chiesette denominate anche “santelle” o “oratori”, tra cui spicca quello dedicato a San Defendente, meta privilegiata delle passeggiate dei soltesi e non, poichè da questo luogo, situato in posiziona dominante sul monte Gren (675 s.l.m.), è possibile godere di una bellissima vista su un'ampia porzione del lago d'Iseo. In ambito naturalistico è di particolare interesse la Valle del Freddo: situata ad un'altitudine compresa tra i 350 e i 700 metri s.l.m., presenta un'ampia varietà di specie vegetali (tra cui stelle alpine, genziane e rododendri) che, di norma, si può incontrare solo a quote superiori ai 1.000 metri e non di rado ai 1.500 metri. Ciò è dovuto ad un marcato fenomeno microtermico che si manifesta con l'emissione di aria gelida da alcune "buche del freddo" o "bocche" nel terreno. Il sito è visitabile unicamente di sabato e domenica nei mesi di maggio, giugno e luglio.