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Anello dei Piani verso i Rif. Gherardi e Castelli

Giunti alle porte di Pizzino, in Val Taleggio, si prende la deviazione verso destra, con le indicazioni Rifugio Gherardi, e si sale superando la frazione di Grasso per circa un chilometro, dove si incontra un bivio presso la via Bonetto.   Qui si parcheggia e si riparte, seguendo l’indicazione Rifugio Casari. Si prosegue per circa 30 minuti in ambiente panoramico sul Resegone, sulla testata della valle, giungendo alla ristrutturata contrada di Bonetto. Sempre seguendo la strada, evitando ogni deviazione, si attraversa la Valle di Salzano e si prosegue.I panorami cambiano ad ogni tornante e, quando appare l’ardito triangolo del Monte Sodadura, lo stupore è al massimo.Lassù, più lontano, appare il rifugio sciatori che avviciniamo raggiungendo la Baita di Piazza Cavalli.Si prosegue e in circa 20 minuti si è alla Forcella di Artavaggio e al Rifugio Sciatori. Qui si aprono le quinte, la bella conca dei Piani di Artavaggio si offre ai nostri occhi. L’attraversiamo puntando sul rosso Rifugio Sassi Castelli si riparte per il tratto più bello e selvaggio dell’escursione. Ritornati al Rifugio Sciatori troviamo una palina CAI che ci indica la via per il Rifugio Gherardi ai Piani dell’Alben. Via in modo ondulato, tagliando i prati e i pascoli dell’Alpe Moglia, sui pendii che degradano dal Sodadura. Si procede in questa sorta di giardino botanico in quota dove, tagliando asciutti canali e basse vegetazioni, dopo un’ora dalla partenza, si raggiunge il primo storico cippo di confine, posto 500 anni orsono dalla Repubblica di Venezia. Poi via... verso il vicino e privato Rifugio Cesare Battisti. Si riparte per l’ultimo tratto, scendendo fra i pascoli dei Piani dell’Alben, seguendo il segnavia CAI 120, si passa la baita di Foppa Lunga e senza mai lasciare il tracciato si divalla alla contrada di Quindicina. Poi giù verso l’auto a Sant’Antonio.
Anello dei Piani con soste ai Rif. Gherardi e Castelli

A scavalco del Monte Gioco

Dopo aver superato l’orrido di Bracca, entriamo nella Val Serina dove saliremo fra prati boschi e le panoramiche creste del Monte Gioco.   Raggiunto Lepreno, frazione alta di Serina, si parcheggia nei pressi della piazzetta antistante la Banca Credito Cooperativo di Lepreno, o poco più avanti, dove un cartello CAI indica il punto di partenza. Imboccato il sentiero 598 si esce dalle abitazioni e si risale un prato per addentrarsi poi in un giovane bosco. Usciti, ci aspetta un sentiero che ci porta oltre le rupi sino al Colle, sul crinale che collega il monte Gioco al Zucchin (1.209 m, 1 h dalla partenza).Si piega a sinistra per ripida e panoramica cresta che offre interessanti vedute sul mondo dell’Arera, dell’Alben e del Menna. Questo e altro lo apprezzeremo ancor meglio una volta arrivati in vetta, dove lo sguardo spazia dalla pianura agli alti monti brembani.Poi si divalla sul lato opposto per un ripido sentierino che serpeggia fra chiare rocce ed erbe magre.Giunti alla Sella ci si inoltra nel bosco (1.057 m, 35’ dalla vetta). Su questa strada privata si piega a sinistra, si passa la sbarra nei pressi di quella che era la scuola (Foppa la scola) e, fatti due tornanti, si prende la stradetta forestale che si stacca a sinistra (vedi insegna Cà Felepp). In breve, la sterrata 598 diventa sentiero e, dopo 1 chilometro, di nuovo stradetta attraverso cui si giunge al “Tribulì” (980 m). Ripartiamo, sempre seguendo la sterrata 598, godendo delle belle vedute sul versante sud occidentale del nostro monte Gioco e incontrando una serie di sorgenti e prese d’acqua.Nelle vicinanze prosperano le eccellenti fonti Bracca, di acqua oligominerale. Ci abbassiamo nella faggeta, incontrando la centenaria cappella Panighett e, di seguito, un’altra fonte, per uscire poi allo scoperto, dove fanno bella mostra la grande falesia di Cornalba e il Monte Alben sullo sfondo.Giunti all’ombra della chiesa, alziamo gli occhi e salutiamo la piramide, quattro ore prima affrontata.  
A scavalco del Monte Gioco

La Corona di Corna Pradello

Siamo a Cornalba, toponimo che deriva dalla Corna Bianca che sovrasta l’abitato: una maestosa roccia dolomitica che protegge gli abitanti dai venti di settentrione.Questo giro, per buona parte, ricalca il sentiero Partigiano Martiri di Cornalba. Lasciata l’auto nel parcheggio sotto la piazzetta del paese, si imbocca via Cornetti per seguire le indicazioni CAI Baite Monte Alben 503. Con qualche tornante si prende quota e, successivamente ci si inoltra nel bosco fino alla cappelletta Tribulina Pret del Zambel. Qui seguiamo le indicazioni per il “sentiero dei Partigiani” che poco oltre inizia a risalire la Val d’Ola. Dopo circa 50 minuti si incontra una gigantesca betulla con appeso un crocifisso bronzeo.Sempre sul 503 si prosegue nell’alta Val d’Ola, dove, per effetto di un microclima incontriamo specie floreali tipiche di altre più alte quote. Nei pressi di un secondo crocifisso, si cambia versante e si sbuca nei pascoli della Baita de sota (1.465 m, 1 h 45’ dalla partenza). In breve, raggiungiamo la Baita de Sura, sulla carta Casere Alte, a 1.550 metri.Ora si piega in piano verso sinistra (CAI 502/503) e si costeggia un piccolo laghetto alpino con la sovrastante Cappela di San Rocco. Dopo circa 30 minuti dalla Baita de sura, a un bivio, una segnaletica verticale ci indirizza a sinistra. Una decina di minuti e si è alla Baita Cascinetto (1400 m). Ancora seguiamo le indicazioni del sentiero dei Partigiani e del segnavia CAI 503 che piega verso sud (sinistra) e, al termine di una salita, porta nel bosco dove troviamo il sentiero che porta a Cornalba. Stiamo su questo sino al bivio con il sentiero Panoramico, meno impegnativo (20’ dal Cascinetto).Ci abbassiamo, a sinistra deviamo su questo nuovo tracciato e ci stiamo per mezz’ora, sino a incontrare l’indicazione “Cornalba - palestra di roccia”. Ripartiamo ora su comoda stradetta e presto rincontriamo il sentiero dei Partigiani che proviene dalle grotte della Cornabusa, poi arriviamo al parcheggio di partenza. Per ulteriori dettagli: CAI Val Serina – tel. 340 7345673
La Corona di Corna Pradello

Val Grande tra colorati larici e cervi in amore

La Val Grande, ha un incredibile valore paesaggistico e naturalistico, più di 10 chilometri tra larici e cespugli di rododendro.   I colori dei larici in autunno sono uno degli elementi più belli e spettacolari della montagna in particolar modo quando il sole filtra tra le ombre del bosco e lascia il camminatore a bocca aperta davanti alla varietà cromatica di questi affascinati alberi. Il bosco di larici diventa quinta naturale di questo paesaggio montano, il verde intenso estivo muta nel giallo sfumato d'arancio portandoci così in autunno. Proprio in questa zona, l'itinerario proposto ci guida alla scoperta del Bivacco Saverio Occhi, situato al «Plas de l’Asen» a 2.047 metri di quota sulle tracce del re del bosco: il cervo. Si parcheggia l’auto dopo l’abitato di Grano, frazione di Vezza d’Oglio, ci si incammina lungo una larga mulattiera e al bivio si mantiene la destra continuando tra pascoli, cascine e fitti boschi. Un ponticello in legno sul Torrente Val Paraolo ci attende, proseguendo successivamente sulla strada che sale dalla Località Tù.Qui si incontra la favolosa Locanda Val Grande, che offre la possibilità di gustare deliziosi piatti tipici a base di prodotti locali, in un affascinante ambiente in cui cascine e pascoli si alternano a lariceti secolari di incredibile bellezza. Si supera il «Put di Brofà» e all’uscita dal bosco ed ecco davanti ai nostri occhi la Cappella di Carèt, qui il paesaggio si apre e il freschissimo Torrente Val Grande scorre accompagnando la nostra escursione. È già possibile sentire i primi bramiti dei cervi che riecheggiano nella valle.Proprio dalla Malga Val Grande questi stupendi animali sono visibili sui versanti delle montagne attorno. È importante avere un binocolo per poterli osservare meglio. Il bivacco, con 43 posti letto, si trova a circa 30 minuti dalla malga. Una volta ricaricate le energie si può ripercorrere il tracciato tornando al punto di partenza. Per ascoltare e osservare i cervi in amore, dalla Casa del Parco di Vezza, da metà settembre a metà ottobre, le guide del Parco dell'Adamello propongono escursioni di gruppo nella Val Grande e per i non camminatori organizzano degli "apericervo" presso l'Area Faunistica di Pezzo, tutte le info su www.alternativaambiente.com
Val Grande tra colorati larici e cervi in amore

Verso lo storico albergo del Pertüs

Un piacevole itinerario ad anello tutto da vivere quello che porta dal piccolo comune di Carenno sino all’ex Grande albergo del Pertüs.   Un edificio affascinante e dalla storia emblematica, scelto come luogo di soggiorno dal turismo del primo Novecento venne definitivamente chiuso negli anni Ottanta e così cristallizzato in quell'epoca di grande successi. Partendo dalla Ca’ Martì, la quattrocentesca sede del museo nel centro di Carenno, si arriva all'oratorio di San Domenico, rinomato perché affrescato all’interno dall’unica allegoria macabra esistente nel Lecchese. Con una breve deviazione, è visitabile la cava Garghentini, storico giacimento di calcare dolce per edilizia.Imbocchiamo il sentiero 815 che sale lungo le pendici del monte Ocone: si incontrano una cava di «spolverino» (l’intonaco di un tempo), il nucleo rurale di Monte Basso, la ben conservata calchera dell’Ocone e l’omonima e cava, posta proprio in corrispondenza del piano di faglia che divide la dolomia del gruppo del Resegone dal calcare di Zu.Transitando dallo storico passo degli Spagnoli o del Pertugio (appunto il Pertüs, nel dialetto locale), si giunge all’ex Grande albergo, a 1.183 metri di quota, meta turistica a 5 stelle di un tempo. Lungo il percorso della Dol (Dorsale orobica lecchese), si arriva in seguito alla Forcella Alta, col suo caratteristico laghetto e i ristori che consentono di rifocillarsi.Per tornare verso Carenno si può seguire il sentiero 817, uno degli antichi percorsi che presenta ancora ben conservati tratti di rissöl, la tipica selciatura in uso sulle mulattiere della zona. La Valle Imagna, con il suo notevole patrimonio storico e naturale, regala angoli suggestivi a chi è alla ricerca di pace e divertimento in montagna.
Verso lo storico albergo del Pertüs

Una passeggiata nel borgo di Romano

Per la nostra escursione monumentale scegliamo il centro storico di Romano. Punto di partenza sono i parcheggi tra le vie Fratelli Calvi e Belvedere, quindi ci rechiamo alla rocca viscontea, situata a ridosso della cinta muraria in angolo nord-ovest.   Risale al 13° secolo, ma non è da escludere la presenza di un fortilizio realizzato il secolo prima. L’attuale aspetto, a pianta quadrilatera e dotata di quattro torri, è il frutto di continui rimaneggiamenti che si sono succeduti nel tempo. Dopo la rocca, visitiamo il palazzo della Ragione, in via Bartolomeo Colleoni 12. L’edificio, noto anche come palazzo della comunità o dell’arengo, era la sede del governo del borgo. La costruzione dell’edificio risale al 13° secolo, anche se l’aspetto attuale è frutto di continui rimaneggiamenti. Di interesse è il coronamento tardo gotico, realizzato in epoca viscontea, che corre sopra il leone di San Marco, testimonianza della dominazione veneta.Sempre in via Colleoni visitiamo anche i portici della Misericordia e Porta Brescia. Questo edificio fu voluto da Bartolomeo Colleoni nella seconda metà del 15° secolo e donato alla sua morte al Consorzio della Misericordia. La struttura, formata da sedici arcate, segue il preciso schema del fondaco veneziano, ovvero una struttura composta da botteghe al pian terreno, abitazioni al primo piano e legnaia nel sottotetto. Nel 1645 la torre medievale della Rocchetta che difendeva Porta Brescia, l’unica sopravvissuta alle demolizioni ottocentesche, crollò sulle ultime due arcate della struttura porticata provocando notevoli danni. La nostra visita a Romano prosegue nella basilica di San Defendente, adiacente alla parrocchiale. La sua costruzione risale al 1503. L’interno è caratterizzato da una navata centrale, coperta da una volta a botte e interamente affrescata alla fine del 18° secolo da Filippo Comerio. Il presbiterio è dell’architetto Gio Antonio Rossi Polissena. La decorazione delle pareti del coro, eseguita dopo il 1770 in trompe-l’oeil, è opera dei fratelli Galliari, pittori e scenografi. Raggiungiamo quindi palazzo Rubini, in via Comelli Rubini, voluto dal tenore Giovan Battista Rubini (1794-1854). Fu costruito in forme neoclassiche su progetto dell’architetto Pier Antonio Pagnoncelli nel 1845. La sala più importante è quella del pirata (per via di un dipinto presente sul soffitto), dove Rubini amava intrattenere con il canto i propri ospiti.
Una passeggiata nel borgo di Romano

Lungo la via sacra a Campo dei Fiori

Il punto di partenza della nostra camminata è la piazzetta poco sotto la Località Prima Cappella del Sacro Monte che si raggiunge con l'autobus urbano della linea C fermata antistante la stazione ferroviaria di Varese.   Si risale la Via Sacra su acciottolato fino ad arrivare al Borgo di Santa Maria del Monte e al Santuario della Madonna Assunta. Proseguiamo oltre, tra strette viuzze, raggiungendo Piazza Pogliaghi, capolinea dei mezzi pubblici, e a nord di quest’ultimo, dopo poche decine di metri continuiamo, entrando nel bosco, sul sentiero numero 1 del Parco Regionale Campo dei Fiori. Arrivati al valico delle Pizzelle pieghiamo a sinistra e saliamo fino a ciò che resta della funicolare abbandonata del Sacro Monte e del Grand Hotel. Poco sopra è raggiungibile, lungo il vialetto dei cippi commemorativi dei Caduti delle varie Armi dell’Esercito italiano, il Monte Tre Croci. Il nostro itinerario scende ora sulla strada asfaltata e, seguendo le indicazioni per la Cittadella di Scienze della Natura, risale al panoramicissimo piazzale Belvedere, dove si trova il cancello di ingresso alla cittadella e alla strada verso l’osservatorio.Dal piazzale ci incamminiamo, attraverso un bosco di conifere, sulla sterrata del forte di Orino, testimonianza della Grande guerra, che taglia orizzontalmente il versante sud del monte. Affacciati sulla pianura incontriamo in successione i sentieri 12, 11 e 13 e arriviamo proprio alla punta di Orino. Si rientra, tornando sui propri passi fino al punto in cui i sentieri 11 e 13 intersecano la strada militare. Si perde quota in direzione di Comerio e Gavirate. A circa metà discesa i tracciati si dividono e restiamo sull’11, che conduce a Comerio. Dopo un tratto verso est, sul sentiero 10 che collega Velate, frazione di Varese, a Orino, torniamo sull’11 e arriviamo a Chignolo, frazione di Comerio. Riecco la strada asfaltata, lungo la quale, dopo aver attraversato il centro di Comerio, raggiungiamo la stazione ferroviaria e da lì, con un treno locale, torniamo a Varese in poco più di dieci minuti. (Ph: paolo Ortelli)

A spasso sulla Maresana

Tutti i bergamaschi conoscono la Maresana, meta per antonomasia delle gite fuori porta. Ma il colle della Maresana non è soltanto un’oasi verde a pochi passi dalla città, è anche un territorio coltivato e vissuto dagli agricoltori.   La passeggiata che ci propone il Parco dei Colli di Bergamo è proprio alla scoperta di queste realtà, lungo un circuito ad anello che ha come punto di partenza e arrivo Rosciano, dove c’è il santuario della Madonna di Lourdes. Un itinerario particolarmente interessante lungo i sentieri che si sviluppano anche attraverso i bellissimi boschi di castagno, carpino e rovere. La prima tappa è l’azienda agricola “Delizia dei Colli” di Fabio Mangili, che coltiva piccoli frutti, sia per la vendita del prodotto fresco che per la produzione di confetture. Particolarmente interessante l’impianto di mirtillo nero gigante americano. Da qui si sale alla Maresana, per poi scendere verso Ponteranica Alta, attraverso boschi di castagno e querco-carpineti. Si tratta di sentieri percorribili e tracciati, ma è consigliato un abbigliamento idoneo. Subito dopo la discesa, a circa metà del tracciato, alla fine di via Cornella, si trova l’azienda agricola “Val del Fich”. La titolare Federica Cornolti ha un allevamento di capre e produce formaggi caprini e confetture secondo antiche ricette, come quella alle primule selvatiche. Inoltre apre le porte dell’azienda come fattoria didattica. Per raggiungere la terza tappa si scende ancora e si raggiunge l’abitato di Ponteranica Alta. Si gira a destra e si prosegue verso il Castello della Moretta. All’inizio del tracciato, sulla sinistra, c’è l’azienda agrituristica vitivinicola “Amleto Giavazzi”. L’azienda produce vino, pinot bianco con metodo classico, vino rosso incrocio Terzi e vino cabernet dalle alte caratteristiche organolettiche. Il rientro dalla passeggiata è previsto al parcheggio di Rosciano, tramite la strada in discesa che affianca gli impianti sportivi. “L’itinerario è stato pensato per valorizzare un piccolo ma interessante circuito che si trova dentro il Parco dei Colli di Bergamo, fatto di percorsi che attraversano i borghi storici, boschi, un paesaggio di cascine e colli - spiega il responsabile del Parco dei Colli di Bergamo, Pasquale Bergamelli -. Sono state scelte tre aziende con origine e produzione diversa, che illustrano la loro lavorazione. Tutte e tre si trovano attorno al colle della Maresana, collegato attraverso i sentieri del Parco a diverse località, dal Canto Alto ad Olera”.
A spasso sulla Maresana

Da Colere alla Malga Polzone

Un nuovo tracciato di scialpinismo alla portata anche dei principianti di questa disciplina, un percorso alternativo che permette di raggiungere poi gli itinerari più in quota senza passare per le piste da sci battute dai responsabili degli impianti e frequentate dagli appassionati di sci alpino. La novità arriva da Colere, in Valle di Scalve. A questo itinerario dal paese alla Malga Polzone in piena sicurezza e, soprattutto, in perfetta armonia con gli altri frequentatori della località, hanno lavorato l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Benedetto Bonomo, il Club alpino italiano (ai sopralluoghi hanno preso parte il presidente della sezione di Bergamo, Paolo Valoti, e quello della sezione di Clusone, Claudio Ranza, oltre ai rappresentanti del Cai della Valle di Scalve Stefano Magri e Davide Bonicelli). Il tracciato che consente di praticare lo scialpinismo in sicurezza prende il via proprio dal piazzale del parcheggio degli impianti di risalita di Colere ski area 2.200, i cui rappresentanti ribadiscono l’assoluto divieto a risalire le piste. Anche dal sito web sottolineano: «Seguire il percorso tracciato skialp, info in biglietteria».Alla frazione Carbonera di Colere, proprio nei pressi del parcheggio degli impianti di sci, si sale lungo la strada forestale che porta verso la Malga Polzone.Al primo incrocio con le piste di discesa, si tiene la traccia a sinistra, dietro alle lance di innevamento programmato, per proseguire ancora a sinistra sul sentiero Cai 404, per circa un chilometro, fino a quota 1.290 metri circa, appena sopra cascina Frassineto.A questo punto intermedio si attraversa con attenzione la pista da sci e si risale la traccia provvisoria nel bosco, contrassegnata con un nastro fino alla Malga Polzone.Dall’arrivo della seggiovia si esce dietro la rete di protezione, e si continua fino alla Malga di Conchetta, da dove è poi possibile proseguire per i diversi itinerari scialpinistici che si sviluppano in questa zona: al pizzo di Petto per esempio, ma anche alla Vigna Vaga, al monte Ferrantino, al monte Ferrante e al rifugio Cai «Luigi Albani». Tutti itinerari che, a questo punto, non toccano più le piste da sci. Grazie al tratto alternativo iniziale, il tracciato di Colere consente ora una piena convivenza tra appassionati di skialp e gli altri sportivi.
Da Colere alla Malga Polzone

La Presolana a fil di Cresta

Indispensapile l’attrezzatura alpinistica: casco, imbrago, ramponi, doppia piccozza, chiodi da ghiaccio, mezze corde da 45 metri o meglio ancora da 60, cordini e materiale per la calata in doppia.   È fondamentale essere al corrente delle condizioni della neve ed è sconsigliata, dati i molti tratti esposti, con neve fresca o non stabile. Descrizione dell'itinerarioSi parcheggia l’auto al passo della Presolana (Bergamo). Attraverso il sentiero, prima nel bosco e poi su prati, si tocca il rifugio Baita Cassinelli (1.568 m). Si procede sull’itinerario 315 nella valle dell’Ombra, sotto la parete sud della Presolana. Si supera il bivacco Città di Clusone (2.050 m) e, poco sopra, la cappella Savina, da dove su ghiaioni si arriva alla grotta dei Pagani. Alla destra di quest’ultima comincia la via alpinistica. Si sale lungo la via normale della Presolana occidentale arrampicando su facili roccette (IIº), con qualche breve tratto attrezzato con catene. Un traverso su cengia spezza il ritmo fino a riprendere nuovamente su roccette (II°-III°) lungo il ripido pendio che porta alla cresta sommitale. Comincia qui la traversata in cresta che porta, come prima meta, alla vetta della Presolana occidentale (2.521 m). Dopo un tratto delicato ed esposto si incontra un passaggio attrezzato dove ci si cala. Si prende poi di nuovo ripidamente quota e si attraversano a mezza costa alcuni facili pendii che conducono, dopo una breve risalita, alla cima della Presolana del Prato (2.447 m). Si procede un’altra volta su cresta fino al delicato canalino che scende al passo del Gatto. Si risale ora all’interno di un altro ripido canalino dal quale si raggiunge nuovamente la cresta e, su terreno meno difficoltoso, la vetta della Presolana centrale (2.517 m). La parte restante di cresta, interrotta da un’altra breve calata, fa guadagnare la vetta della Presolana orientale (2.491 m). Si segue sempre la cresta e, con un traverso potenzialmente delicato, ci si porta sul pendio che conduce all’intaglio per il monte Visolo (2.369 m), che si raggiunge rimontando un altro breve tratto di cresta. Termina qui la via alpinistica e seguendo il sentiero si rientra al rifugio Baita Cassinelli e al passo della Presolana.  
La Presolana a fil di Cresta

Il Sentiero dei Partigiani

Un itinerario lungo i sentieri che sono stati percorsi dagli uomini della Resistenza lecchese tra le valli di Era, di Prada e Meria.   Lasciamo l’auto in un piccolo parcheggio nella parte alta di Somana, frazione di Mandello del Lario (Lecco), sulla destra lungo via di Era. Poche decine di metri sopra, alle case di Sonvico, comincia una mulattiera (sentiero 15 e poi 17A). La direzione da seguire è quella per lo zucco di Sileggio (1.373 m). Il dislivello che separa dalla vetta è di quasi mille metri. Lasciamo presto la mulattiera verso Santa Maria-Era (segnavia 15) per seguire a sinistra il ripido sentiero che, dopo un breve tratto indicato come 17B, porta a incrociare il 17A, che è l’itinerario che conduce all’alpe di Era. Si sale nel bosco fino a raggiungere una larga dorsale con una vista stupenda sul lago. Proseguendo incontriamo un breve tratto di facili roccette e lasciamo sulla sinistra la traccia per la bocchetta di Verdascia, attraversando verso destra fino alla cima dello zucco di Sileggio. Continuando in direzione della bocchetta di Prada, superato il bivacco Sforza, si scende fino alla bocchetta di Verdascia (1.251 m) da dove è possibile optare per la discesa all’alpe di Era. Risalendo la cresta comincia una lunga traversata a mezza costa fino alla bocchetta di Calivazzo (1.420 m). Da qui ci abbassiamo decisamente a destra raggiungendo prima l’alpe omonima e poi ignorando le indicazioni verso Somana-Santa Maria, ma continuando sul sentiero che segue il torrente Meria, all’alpe di Era (850 m). Risaliamo verso la balconata naturale della Gardata (1.043 m). Il segnavia è adesso il 15, che all’incrocio con il sentiero per il rifugio Bietti-Buzzi diventa il 18. Dalla Gardata scendiamo verso Rongio (409 m), frazione di Mandello, percorrendo una bellissima mulattiera. Si incontra la grotta della Ferrera all’altezza dell’incrocio con il sentiero (segnavia 14) per il rifugio Elisa. Arrivati nella piazzetta di Rongio ci si abbassa sul torrente Meria e si risale l’altro versante tornando a Somana.  
Il Sentiero dei Partigiani

In Val Alpisella dove nasce l'Adda

Il nostro itinerario ad anello, di 23 chilometri, parte dai laghi di Cancano e San Giacomo di Fraéle. Si raggiungono seguendo le indicazioni lungo la strada che da Bormio sale verso Livigno.   Occorre però deviare a destra all’altezza dell’abitato di Premadio e percorrere in auto una serie di tornan che conducono, dopo 13 chilometri, al passo di Fraéle. Continuiamo in auto e costeggiamo gli invasi a sinistra utilizzando la pista sterrata fino al parcheggio all’imbocco della val Pettini. La nostra pedalata comincia da qui, risalendo proprio la val Pettini, con i cartelli del Parco nazionale dello Stelvio a farci da guida. Dopo circa mezz’ora ci troviamo nelle gole della val Corta che, come dice il nome, si supera in breve tempo. Quasi all’improvviso e con una certa sorpresa per l’ambiente che incontriamo, ci addentriamo nella splendida piana dei pascoli di Trela. Alle spalle della malga dell’alpe ci dirigiamo a destra sul tratto più impegnativo del percorso, che attraverso un single track ci consente di guadagnare il passo di Trela. Da qui affrontiamo una piacevole discesa lungo la desolata val Pila in direzione di Trepalle (segnavia 136). Ci dirigiamo quindi a destra e, seguendo l’incassata valle del Torto, in poco tempo perdiamo quota verso la diga di Livigno. Prendiamo, svoltando ancora a destra, una bella sterrata (segnavia 138) in direzione del ponte delle Capre. In prossimità del rifugio Alpisella, in una posizione panoramica sull’invaso di Livigno, seguiamo le indicazioni per il passo Alpisella, risalendo per circa un’ora la ben tenuta strada militare. Una volta superato il passo si incontrano le sorgenti del fiume Adda. Dopo una panoramica e gradevole discesa eccoci di nuovo sulle rive degli invasi di San Giacomo e Cancano.Li costeggiamo a destra per un paio di chilometri fino al parcheggio dove abbiamo lasciato l’auto. Leggi le recensioni, commenta il percorso e scarica il tracciato GPX sul sito orobie.it
In Val Alpisella dove nasce l'Adda