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Navigli e cascine nel Parco Agricolo Sud Milano

Altro itinerario alla scoperta del Parco Agricolo Sud di Milano. Qui ci si può rendere conto di quale sia l’essenza di questa ampia area rurale: possiamo trovare castelli viscontei, cascine per la vendita diretta di prodotti agricoli, agriturismi, complessi edilizi storici ed il Naviglio Pavese, che collega Milano a Pavia. Insomma, un quadro agricolo e storico molto variegato. Un percorso ad anello che inizia e termina alla Darsena di Milano. Prendiamo la ciclabile che costeggia il Naviglio Pavese e seguiamola fino a Casarile dove invertiamo la marcia per dirigerci verso il centro di Binasco. Proseguiamo sulla ciclopedonale fino a Noviglio. Da qui dirigiamoci a Tainate e successivamente a Gaggiano seguendo le indicazioni dell’itinerario ”Terre d’acqua e cascine”. Seguiamo poi il Naviglio Grande e torniamo al punto di partenza. ITINERARIODistanza: 44.9 kmDifficoltà: facileFondo stradale: AsfaltoDislivello: + 140 m, -142 m (Pendenza max: 2.0%, - 3.3%; Pendio medio 0.3%, -0.4%) Adatto a: tuttiTipologia di bicicletta consigliata: tutte ALMENO CINQUE PUNTI DI INTERESSE Il Naviglio PaveseCostruito dai Visconti nel 1359, nasce come canale navigabile che univa Milano a Pavia. Ha una lunghezza di 33,1 km ed univa sia la funzione irrigua sia quella di via di trasporto. Info utili: https://www.mumi-ecomuseo.it/infodiscs/view/54Geolocalizzazione su mappa: 45.45197, 9.178  Castello Cassino Scanasio a RozzanoIl castello, un tempo struttura fortificata di incerte origini, fu poi trasformato in residenza signorile circondata da una corte rurale, oggi ristrutturata e desinata a residenza.Info utili: il complesso è visibile solo dall’esternoGeolocalizzazione su mappa: 45.38913, 9.15012 Due immagini associate Castello visconteo di Binasco Eretto nel XIV secolo, presenta il tipico aspetto dei castelli viscontei di pianura, con una pianta quadrangolare allungata, alte mura merlate e protetto da torri angolari quadrate (oggi ne rimangono solo due).Info utili: http://www.prolocobinasco.it/castello-visconteo/http://www.prolocobinasco.it/contact/Geolocalizzazione su mappa: 45.33194, 9.09981  Cascina Conigo a NoviglioCostruito nel XIV secolo, il complesso è circondato da mura con un ampio arco d'ingresso sul quale spiccano le teste scolpite di buoi e cavalli. In un secondo cortile interno si trova l'Oratorio di S. Maria Nascente. Info utili: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI100-05217/Geolocalizzazione su mappa: 45.34305, 9.08931   Museo Kartell a BinascoÉ nato nel 1999 per il cinquantesimo anniversario dell'azienda. Voluto dal Presidente Claudio Luti, conserva, promuove e valorizza il patrimonio culturale, ideale, materiale e immateriale dell'azienda. Info utili: http://www.kartell.comVisitabile su appuntamento dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18 con visita libera o guidata. Chiuso nei festivi e nei giorni di chiusura aziendale.Per prenotazioni: 02 90012296, 02 900121.Geolocalizzazione su mappa: 45.34038, 9.09426  Castello di MairanoAntico edificio fortificato eretto dai Visconti nel XV secolo.Info utili: http://www.comune.noviglio.mi.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-di-mairano-35944-1-087b8cd6d58533aae53d216cd7e87126Telefono del Comune: 02.9006066Geolocalizzazione su mappa: 45.35777, 9.07067  Piazza Monsignor Ferraroni a GaggianoGaggiano è un piccolo paese diviso in due dal Naviglio Grande. La piazza principale dove spicca la chiesa di Sant’Invenzio si affaccia sul corso d’acqua. Particolare e sobria la fontana di acqua nebulizzata.Info utili: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MI230-00073/Geolocalizzazione su mappa: 45.40671, 9.03329 
Gaggiano

Cesano Maderno

Il Palazzo Arese Borromeo con i suoi giardini, poi le dimore storiche e le antiche chiese. A Cesano Maderno si rivive la storia.
Cesano Maderno

Infopoint Pavia

Scopri Pavia: città di Saperi, di Fiume e di Cammini

Chiesa di San Giorgio a Varenna

A Varenna resterete incantati dall'architettura lombarda del XIV secolo. La maestosa Chiesa di San Giorgio si erge nell'omonima Piazza con la torre campanaria i cui rintocchi animano il borgo di Varenna.
Chiesa di San Giorgio Varenna

Lago di Iseo cultura, natura e...

Dalle neoritrovate terme romane di Predore all’architettura Liberty di Sarnico, passando per Lovere e per fenomeni naturali sorprendenti
Lago di Iseo cultura, natura e...

Il Cammino di Sant'Agostino

Ripercorrere il Cammino di una delle figure più importanti della storia darà nuova importante dimensione alla vostra conoscenza della vita

Basilica di San Marcello in Montalino

San Marcello è il Santo a cui è dedicata, Montalino è la zona, il poggio che sovrasta la città di Stradella, a poca distanza dalla Rocca Superiore, Basilica perché richiama le prime chiese cristiane. La storia della Basilica si può dividere in tre periodi: dall’origine al 1500, nascita e splendore, dal 1500 al 1900, la decadenza e dal 1900 ad oggi il faticoso recupero e restauro.  L’origine, per quanto non vi siano dati certi, viene fatta risalire, sulla base delle osservazioni architettoniche di molti studiosi, alla fine dell’XI o agli inizi del XII secolo e, con molta probabilità, nello stesso luogo dove sorgeva un altro piccolo edificio sacro, che la tradizione vuole riferito al re longobardo Liutprando, regnante a Pavia nell’VIII secolo, individuato forse dai resti della fondazione di un’abside all’interno della Basilica. Per la posizione, le scarse notizie storiche consentono di supporre che la Chiesa fosse al servizio sia della popolazione che gravitava attorno alla Rocca di Montalino, possesso dei Vescovi di Pavia, ed anche del nuovo insediamento, il nuovo Borgo di Stradella, che era sorto sullo sperone della collina intorno all’anno Mille. La prima testimonianza documentata dell’esistenza della Basilica di Montalino risale tuttavia al 1322, nel periodo di massimo splendore, quando era la chiesa parrocchiale del Borgo di Stradella. Dal 1460 altre testimonianze, con l’inizio delle visite pastorali del Vescovo di Pavia, ne confermano l’esistenza e le vicissitudini. La Chiesa fu risparmiata dalle scorribande dei Piacentini nelle guerre del 1216 e di Giovanni l’Acuto nel 1373, ma dal 1500 quando nel Borgo di Stradella si costruisce la nuova Chiesa parrocchiale inizia un periodo di decadenza. La Basilica diventa Oratorio, viene retta da un Rettore, e viene progressivamente abbandonata (minatur ruinam, dice il Vescovo nel 1576) e poi restaurata; alla fine del XVII secolo viene edificata la torre campanaria abbattendo un’abside laterale e quindi le vengono addossate piccole costruzioni sul lato nord. Nel 1829 passa al demanio dello Stato e successivamente è sospeso il culto e trasformata in lazzaretto per i colerosi. Alla fine del XIX secolo viene riconosciuta monumento nazionale, e nel 1901 è acquistata dal Comune di Stradella per trecento lire con l’impegno di restaurarla. Solo nel 1933 inizia una prima fase del recupero che termina nel 1958 con un sapiente e impegnativo restauro. Si  riporta alla luce quella struttura così semplice ed elegante che fa della basilica di Montalino un gioiello dell’architettura romanica. Nel 1999 in occasione del Giubileo 2000 si è provveduto ad un ulteriore restauro di consolidamento, isolandolo dalle altre costruzioni, risanando la copertura e mettendo in evidenza la freschezza del cotto e delle pregevoli absidi esterne. L’architettura. Osservando San Marcello si riconosce la struttura basilicale per l’uniformità del carattere architettonico, in stile romanico lombardo, forse opera di un Maestro Campionese. All’interno le navate sono tre, quella centrale più alta e spaziosa, separate da archi a tutto sesto, in cotto misto a pietra, sostenuti da tre pilastri per parte. Le absidi sono due, in quanto quella della navata destra è stata sacrificata nella costruzione del campanile alla fine del XVII secolo. Nell’interno delle absidi si notano i resti di antichi affreschi, molto danneggiati, venuti alla luce nel restauro del 1958. In particolare, nella volta dell’abside minore si nota la figura di un Santo Vescovo e di un Santo scalzo e benedicente, mentre in quella centrale si nota la figura della Madonna orante e un Santo con un libro sottobraccio. Nel pavimento sono in evidenza le pietre che ricordano i resti di una precedente fondazione. All’esterno la facciata a capanna è rivolta a levante e si presenta molto semplice e uniforme, con due finestrelle di cui quella sinistra presenta una grossa fenditura per il cedimento del muro in epoca remota.   Sul lato meridionale si notano i resti di una fascia di archetti pensili e tre finestre a feritoia con doppia strombatura, di cui una con una interessante decorazione originale in terracotta: vi è rappresentato un uccello con un ramo fiorito nel becco, simbolo dei Malaspina feudatari negli anni Mille di tutto il territorio circostante, forse committenti dell’opera. Le finestrelle si ritrovano anche nelle absidi le cui pareti esterne sono decorate da archetti in cotto intersecate da lesene sporgenti in risalto sul muro. L’interesse artistico è dato anche dalle decorazioni, come le due file di mattoni disposti a sega, frammentati da una treccia sempre in cotto e da piccolo capitelli di ottima fattura che sporgono dal muro e sostengono gli archetti esterni delle absidi. Novecento anni di Storia sono racchiusi e conservati in questo edificio, che non è solo un capolavoro ben conservato dell’arte romanica da visitare, ma è anche la memoria della vita dell’antico Borgo di Stradella. (fonte Comune di Stradella) cultura@comune.stradella.pv.it

Con la moto a Cremona e dintorni

La Lombardia si apre davanti a noi con le sue grandi pianure.   Distese di terreni coltivati in una delle campagne più fertili d’Europa, che sostengono un settore agricolo ad alta, anzi altissima densità produttiva, strade diritte ma non noiose, grandi cascine costruite in alcuni casi addirittura secoli fa, una rete di canali di irrigazione presi a modello in tutto il mondo. Siamo peraltro nella zona più industrializzata d’Italia, e questo si vede in particolare vicino alle grandi arterie di comunicazione.Possiamo raggiungere comodamente Cremona immettendoci in A1 Autostrada del Sole, la distanza Milano Cremona è di 96,64 km, entrando quindi all’altezza di Piacenza sulla A21 Torino Brescia; oppure possiamo più piacevolmente percorrere sempre da Milano la SP exSS415, che ci porterà a Crema, poi a Castelleone e quindi a raggiungere Cremona, viaggiando sulla viabilità minore. Crema è una antica citta, che fortunatamente mantiene nel suo centro storico l’impronta medioevale ed addirittura alcuni tratti superstiti dell’antica cinta di mura difensive, ricca di monumenti interessanti e visitabili. Tra i tanti, di cui vi è una ampia descrizione su diversi contenuti di www.in-lombardia.it, certo da segnalare la Piazza del Duomo, vero fulcro civile e religioso della vita del borgo durante i secoli ed ancora oggi; tanti sono però i posti interessanti da visitare di questa città, più vicina al capoluogo milanese che a quello cremonese.  Un poco fuori direzione, ma poi non così distante, troviamo Soncino, famoso borgo fortificato e cinto da mura e bastioni in ottimo stato di conservazione, che vedono nell’imponente Rocca il bastione principale di difesa. Tutto il centro storico ha mantenuto l’impronta urbanistica quattrocentesca, e senz’altro merita una deviazione ed anzi una visita con annesso book fotografico.Puntiamo a questo punto con decisione verso Cremona, raggiungibile da Sud tramite la A21, oppure da nord scendendo da Crema, oppure ancora per tracciati minori da Soncino. Cremona è definita la città delle 3 T: sulle prime due non ci sono dubbi: Torrazzo, uno dei campanili (in cotto) più alti e simbolo della città; e Torrone, che qui è nato 500 anni fa e che poi è diventato famoso in tutto il mondo. Sulla terza T ci sono diverse scuole di pensiero: qualcuno dice sia Tognazzi, il grande attore (e grande cuoco) nato a Cremona…ma il detto popolare non si rifà al grande Ugo, ma piuttosto…. Cremona comunque non è solo torrone, la Mostarda di Cremona è un prodotto tipico della Lombardia, capace di colorare dei vividi colori della frutta le tavole invernali, specie se imbandite con lessi e bolliti. Non a tutti piace, ma per diverse persone è una vera leccornia, anzi meglio se molto senapata (e le varietà più piccanti quasi tolgono il respiro…).Dopo questa veloce introduzione vi consiglio cosa vedere assolutamente a Cremona; parcheggiamo la moto appena fuori del centro storico, e proseguiamo a piedi.  Come ogni città, anche Cremona ha il suo fulcro principale che si trova ubicato nella Piazza centrale; colpisce subito il contrasto tra il rosso dei mattoni con il bianco del marmo del Duomo e del Battistero. Lungo il perimetro della Piazza del Comune si susseguono il Duomo di Cremona, il Battistero, il Torrazzo simbolo della città, la Loggia dei Militi e il Palazzo del Comune. Il Duomo di Cremona (o cattedrale di Santa Maria Assunta) è uno degli edifici religiosi più belli dell’Italia settentrionale, costruita in romanico nel 1100, ha subito rimaneggiamenti continui quindi oggi si possono scorgere elementi gotici e barocchi. I più sportivi non resisteranno alla tentazione di salire i 502 faticosi scalini che portano sulla vetta del Torrazzo, il campanile del Duomo di Cremona. Ovviamente la vista da qui è magnifica e giustifica pienamente la fatica che si fa per arrivarci. Inoltre, dall’alto dei 112 metri raggiunti, potrete vantarvi di essere saliti sulla torre in muratura più alta del mondo. Il Torrazzo è il simbolo di Cremona e domina la piazza guardando dall’alto gli altri monumenti della piazza (e in verità è visibile anche a grande distanza dal centro cittadino). In realtà è composto da torri di diversa epoca che si sono sovrapposte. Al quarto piano è incastonato un orologio astronomico di 8,5 metri, due metri più grande del famoso Big Ben di Londra. Proseguiamo il nostro tour imboccando la sp87 e ci dirigiamo verso Castelponzone attraversando il territorio di Sospiro. Castelponzone, antico borgo fortificato che però nel tempo ha perso le strutture murarie di difesa, è un piccolo borgo molto ben conservato, specializzato un tempo per  la produzione delle funi di canapa e l’attività di numerosi cordai. Se siamo arrivati fino a qui dobbiamo per forza visitare il Museo dei Cordai. Sicuramente siamo arrivati all’ora di pranzo, una sosta in uno dei numerosi ristoranti o trattorie ci accompagnerà nel gustare la famosa cucina cremonese, certamente non adatta a chi è in dieta strettissima. Formaggi (siamo nella patria del Grana Padano, e del Provolone Valpadana, entrambi DOP), e poi salumi, marubini cremonesi, i bolliti, i dolci; insomma una delizia! Accenniamo un rientro verso nord, e portiamoci in un altro borgo che merita sicuramente di essere visto e non si trova a troppa distanza: è Isola Dovarese. Per raggiungerlo ci basterà imboccare la Sp70 e percorrere una quindicina di Km, giunti a destinazione ci troveremo in un antico borgo medioevale che conserva ancora oggi una splendida e suggestiva piazza porticata, edificata a fine Cinquecento, sulla quale si affaccia Palazzo Pretorio con le antiche prigioni. Addentrandovi tra le contrade e i vicoli del borgo potrete visitare la chiesa parrocchiale S. Nicolò, che al suo interno custodisce quadri come l'Ecce Homo di Bernardino Campi e un'Annunciazione attribuita ad Altobello Melone e il grazioso oratorio di San Giuseppe, ospedale militare durante il Risorgimento per i feriti della battaglia di Solferino. Risalendo verso Ponte Vecchio è possibile godere dello splendido panorama che il Parco Oglio Sud, con la sua flora rigogliosa e la sua fauna tipicamente fluviale, offre ai visitatori amanti della natura. Per immergersi nella storia (più che millenaria) di questo Comune, bisogna visitarlo qui in occasione del Palio, una rievocazione in costume del periodo quattrocentesco in cui Isola Dovarese apparteneva al dominio Gonzaghesco di Mantova, anche per difendersi da due ingombranti vicini quali i Signori di Milano e la Repubblica di Venezia. Dopo questa veloce ma impegnativa parentesi cremonese, è ora di ridirigere le due ruote verso casa!!Una “velocissima” parentesi. A San Martino del Lago (Cr) si sente il rombo dei motori! Il nuovissimo Cremona Circuit con una pista principale di 3.450 m. per moto ed auto!!!  

I Beni FAI della provincia di Varese

Tesori di cultura in un contesto naturale mozzafiato
Fotografia aerea di Villa Panza a Varese, che mostra l'edificio principale con la sua elegante architettura neoclassica e il giardino geometrico curato. L'immagine include siepi, aiuole simmetriche, fontane e un ampio parco con alberi rigogliosi, circondato da edifici storici e il paesaggio urbano sullo sfondo.

Torre Lantieri a Paratico

La torre Lantieri riveste un ruolo di primaria importanza nel patrimonio architettonico e storico di Paratico sia per le caratteristiche intrinseche al monumento, sia per l’aspetto paesaggistico-ambientale. La torre è, infatti, osservabile in tutta la sua altezza su tutti i quattro lati, mostrando quasi integralmente l’apparecchiatura muraria medievale. L’uniformità del paramento è impreziosita, in corrispondenza delle cerniere angolari, da una lavorazione dei conci a bugnato rustico e spigoli ben lisciati che seguono una linea perfettamente verticale. L’edificio, che presenta praticamente una sola fase costruttiva, venne realizzato dalla famiglia Lantieri presumibilmente nel XIV secolo, insieme ad alcune case-forti adiacenti, racchiuse da un muro difensivo. La sua costruzione potrebbe essere riferita a Giacomo Lanfranchino che, negli ultimi anni del ‘300, la volle come ampliamento dell’apparato fortificato del paese. Solo la parte sommitale sembra aver avuto, nel corso del ‘400, un intervento di sistemazione costituito dal tamponamento delle grandi aperture del sottotetto con formazione, sui lati est e sud, di fori colombai. La torre ha una pianta quadrangolare e un’altezza di circa 15 m articolata su quattro livelli. Per essere meglio difesa, fu edificata su uno sperone roccioso al quale si accedeva attraverso una scala esterna. L’ingresso principale è costituito da un portale di pregevole fattura realizzato con conci di grosse dimensioni finemente ripianati e arco a pieno centro, con ghiera scalettata e riportante nel concio di chiave lo stemma gentilizio dei Lantieri. Il piano terra, coperto da una volta a botte in pietrame a sesto leggermente acuto, fungeva nel Medioevo soprattutto da cantina e deposito. Al livello superiore si accedeva internamente solo tramite una botola aperta nella volta, mentre dall’esterno per mezzo di una scala di legno, ricostruita in seguito con gradini monolitici in pietra. Ai piani alti si saliva dall’interno probabilmente con scale lignee aperte nei solai. Le finestre hanno mantenuto le caratteristiche delle aperture originarie: arco a pieno centro leggermente ribassato con ghiera monolitica e stipiti in pietra lavorata. Uno scudo con lo stemma della famiglia Lantieri, semplificato nella mezza luna con due stelle laterali, è collocato nella finestra orientale del terzo piano, scalpellato nella parte centrale dell’arco. Il luogo dove sorgeva la torre era certamente un punto nevralgico nella topografia urbana di Paratico medievale: poco più a sud vi era la cosiddetta piazza con la chiesa di Sant’Antonio, successivamente intitolata a san Carlo, da cui partiva la salita che conduceva al castello.Per la piazza e ai piedi della torre transitava inoltre la strada reale (così è ancora denominata nel Catasto Napoleonico del 1810) che, provenendo da Iseo e da Capriolo, conduceva a Rivatica, luogo dell’attraversamento del fiume Oglio per Sarnico. Non è da escludere che la torre fosse recinta da un’ulteriore muratura difensiva che contornava il perimetro inferiore del piccolo dosso. A seguito di un importante intervento di restauro conservativo conclusosi alla fine del 2009 su committenza del comune di Paratico, la struttura è stata musealizzata e nella sala al piano terra è stata collocata una Quadrisfera, installazione innovativa pensata espressamente per coinvolgere il visitatore in un’esperienza totalizzante di immagini, suoni ed emozioni. Il visitatore entra in una stanza oscurata e nel momento in cui la Quadrisfera si accende, si trova letteralmente parte di un nuovo mondo, fatto di immagini moltiplicate all’infinito, grazie ad un sistema di specchi e di luci. Non serve fissare lo sguardo su un singolo monitor, molto meglio farsi trasportare dalla coralità delle immagini. Il filmato introduttivo racconta la storia dalla Franciacorta al lago d’Iseo fino ad arrivare a Paratico, con le sue tradizioni popolari, i mestieri e i volti che hanno fatto la storia del paese.   Angelo Valsecchi

Le case torri di Tavernola

Il borgo di Tavernola conserva pochi resti di epoca medievale, perché nel 1906 un dissesto idrogeologico ha causato il collasso di una parte del centro storico che conservava le architetture antiche. Tuttavia, grazie alle fonti documentarie, ci sono notizie della presenza di diverse torri, costruite nei pressi del lago, ove si aprivano spazi pianeggianti adatti alla costruzione degli edifici di rappresentanza. Queste case torri, infatti, erano impiegate sia per la difesa del privato, sia come edifici prestigiosi che dominavano gli altri, quale manifestazione della ricchezza del casato. Dalla documentazione d’archivio quattrocentesca, si ricostruisce che in Piazza dell’Olmo – platea Ulmi detta anche platea Fenaroli – si affacciava il Torrazzo dei Foresti nei pressi della Porta Ulmi; in contrada del Ponte o al Rì si trovava un’altra torre o torrazzo. L’unica torre medievale ancora visibile nell’attuale centro del paese e in posizione dominante sul lago, è la Turris illorum de Fenarolis o Turris Magna, vicina alla Turre del laco, poi sprofondata nel lago assieme all’adiacente casa parrocchiale. La torre Fenaroli ha pianta quadrata e si conserva nell’aspetto medievale fino al quarto livello: la parte sommitale dell’edificio e la cella campanaria furono ricostruite nel 1954, per riadattarla a campanile della chiesa parrocchiale. La tessitura muraria, oggi restaurata nelle malte, è realizzata in grosse bozze calcaree lavorate sia a bugnato, sia spianate nella faccia a vista; nei cantonali sono impiegate grosse bozze con il profilo lavorato. Alla torre si accedeva da sud attraverso un ingresso a tutto sesto, sopra cui si aprono – dal primo livello – finestre a tutto sesto: al terzo piano (fronte nord) si trova anche una feritoia. La tecnica di costruzione, inquadrabile tra XII e XIII secolo, è rigorosa, anche se non sempre omogenea: fu certamente opera di maestranze specializzate, abili non solo nella lavorazione della pietra, ma anche nel realizzare fondazioni in questa zona in riva al lago, con problemi di risalita d’acqua. Questa abilità costruttiva si riscontra sulla sponda occidentale del Sebino anche nelle vicine torri di Riva di Solto e Predore. Alla torre Foresti si addossa un grande accesso a tutto sesto, in grossi blocchi calcarei del XIII secolo, coronato da merlature di restauro: questo costituiva l’accesso all’area fortificata del borgo. Dentro quest’area sorgeva anche l’edificio del XIII secolo che si addossa alla torre a sud, e che fungeva da limite delle proprietà private dei Fenaroli. In affaccio al lago vi sono altre tracce di edifici medievali: alle spalle della zona fortificata, verso la collina, si conservano alcune tracce di portali, tra cui gli ingressi gemelli in via Orti 8, che segnano il limite di espansione del paese dopo il XV secolo. In via Pero 18, vicino all’attuale Villa Fenaroli – del XVI secolo, poi ampliata nel Settecento –, c’è un grande portale archiacuto in calcare bianco, con la chiave dell’arco decorata da stemma. Nell’estremità nord del borgo, oltre la parrocchiale, via Molini ricorda gli edifici e le strutture idrauliche azionate dal torrente Rino e utilizzate come frantoio per la macinazione delle olive. Anche nelle frazioni di Tavernola si conservano tracce di edilizia medievale: Gallinarga, a ovest di Tavernola e in riva al lago, è un piccolo nucleo di edifici con un torrazzo centrale (prima dei Foresti e poi dei Fenaroli) del XIII secolo; a Bianica, sulle colline a 2 km dal centro, si trova la chiesa di San Bernardo e nelle immediate adiacenze un edificio fortificato con funzione residenziale. A Cambianica, nei pressi della chiesa romanica di San Michele, si possono vedere resti di abitazioni bassomedievali costruiti con pietra calcarea estratta localmente.   Federica Matteoni
Case torri Tavernola

Le Isole di San Paolo e di Loreto

Elementi di grande suggestione nel paesaggio del lago d’Iseo, le due isole di San Paolo e di Loreto rappresentano una tra le mete più apprezzate delle gite in barca o in motoscafo. Le due isole, di proprietà privata, non sono visitabili. La prima attestazione di un insediamento sull’Isola di San Paolo è l’atto del 1091 con cui i fratelli Aliprando e Alberto Mozzi con la madre Ferlinda, di legge longobarda, donano al monastero di Cluny la loro isola sul lago d’Iseo sulla quale vi erano alcune case e una chiesa dedicata a san Paolo. I monaci di Cluny vi costituirono subito il priorato di San Paolo de lacu con otto monaci. La comunità abitò per oltre tre secoli il piccolo monastero dipendente da quello di San Paolo d’Argon; in seguito alla decadenza degli insediamenti cluniacensi, tra il 1470 e il 1490 l’isola passò ai Francescani dell’Osservanza che avevano già due importanti sedi sul lago, a Iseo e a Lovere. Alla fine del Cinquecento il piccolo convento ristrutturato dai Francescani con l’aiuto di una nobile famiglia di Pilzone, i Fenaroli, ospitava 14 frati. Nel 1685 padre Fulgenzio Rinaldi scriveva “Questo sito è saluberrimo… delizioso, il convento comodo e grande e ben disposto che di vaghezza può gareggiare con non pochi di questa provincia... Contiene orti e giardini bastevoli al godimento di ogni verdura e al ricreamento di fiori... diverse piante da frutto; dei limoni ed aranci è proprio il sito”. La chiesa con tre altari, ospitava le, tombe della famiglia Fenaroli. Il convento, costituito da 40 locali intorno a un chiostro, si collegava al porticciolo che il geografo veneziano fra’ Vincenzo Coronelli nel 1675 descrive coperto da un tetto e chiuso da una grossa catena. Nel 1783 Venezia nell’ambito delle soppressioni degli enti religiosi, decretò la chiusura del convento e i frati vennero trasferiti a Iseo. I beni immobili diventarono proprietà dello Stato e furono posti in vendita. Nella Guida generale dei laghi subalpini del 1890 il complesso è descritto come un albergo. Successivi passaggi di proprietà comportarono la demolizione delle strutture conventuali, documentate ormai solo da alcune cartoline di fine Ottocento, per avviare la costruzione di una villa e di un nuovo porticciolo. Nel 1916 l’isola fu acquistata dalla famiglia Beretta, che tuttora la possiede. L’architetto Egidio Dabbeni di Brescia intervenne sulla costruzione dando alla villa un’impronta di gusto rinascimentale. Alcuni reperti - macine, frammenti di tegole, forse di origine romana e molte monete databili tra il 1100 e il 1781 documentano la continuità dell’insediamento sull’Isola di Loreto. In parallelo con l’insediamento francescano a San Paolo, le Clarisse si sarebbero insediate nel monastero fondato nel Duecento da Bertrada Oldofredi. Nella visita apostolica del 1578 si descrive sull’isola una piccola chiesa priva di arredi, mal tenuta da un eremita, fra’ Agricano, che non aveva fatto buona impressione se nel 1575 Carlo Borromeo ordinò la chiusura del complesso. L’abbandono dell’isola ne determinò la rapida decadenza. Vincenzo Coronelli nel 1696 la descrisse come proprietà degli eredi del conte Alessandro Martinengo e annotò: “Non vi sono che alcune stanze, chiesa e romitorio diroccati”. L’isoletta rimase per tutto l’Ottocento un luogo abbandonato su cui sostavano solo i pescatori. Le vicende del complesso restano affidate per lo più al romanzo storico di Costanzo Ferrari, Tiburga Oldofredi, pubblicato nel 1850 che ben documenta il romantico fascino delle rovine. Molti furono i cambi di proprietà fino a quando la duchessa veneziana Felicita Bevilacqua lasciò l’isola all’Opera Pia Asilo Bevilacqua di Verona che la vendette nell’ottobre 1900 al capitano della marina Vincenzo Richieri di Sale Marasino. L’acquirente fece costruire dall’architetto Luigi Tombola su resti esistenti l’odierna villa, cercando di ricrearne un piccolo castello, reso ancora più misterioso dalla folta vegetazione di pini, larici, e piante esotiche.   Da un testo di Rosarita Colosio
Isole di San Paolo e Loreto