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Lago Maggiore Pennellate d'artista

Affreschi, trompe l’oeil, cicli pittorici lunghi cinque secoli, murales spontanei e organizzati: nei dintorni di Laveno Mombello il colore è ovunque
fondoambiente.it @a.m fumagalli

Miniera di Paglio Pignolino (BG) e dintorni

Nel comune di Dossena si trova il comprensorio minerario forse tra quelli di più antica coltivazione della montagna bergamasca. La zona è costituita da un distretto minerario ed estrattivo molto ricco e variegato. Qui in passato si estraeva: fluorite, calamina, galena e calcite.I visitatori della Miniera avranno l'opportunità di entrare nella galleria, esplorare tutti gli ambienti tipici “minerari”: la stanza della coltivazione, pozzi, camini e discendenti, nonché anche gli antichi strumenti utilizzati nella miniera.  Dopo la visita alla miniera si prosegue per il Museo minerario della miniera Paglio-Pignolino, grazie al Comune di Dossena e all'Associazione Miniere di Dossena, oggi alcune gallerie sono state parzialmente restaurate e riaperte al pubblico, tornando ad essere sicure e praticabili. All'interno della miniera si possono vedere i resti delle attività minerarie e gli oggetti quotidiani utilizzati dai minatori, come lattine di cibo o abiti da lavoro per il pranzo.  Si prosegue l’itinerario con Camerata Cornello antico borgo situato sulla Via Mercatorum, che collega Bergamo e la Valtellina. E' un piccolo comune su un costone roccioso che si affaccia sul fiume Brembo ed è uno dei Borghi più belli d'Italia. Il comune associa il suo nome con l'antica famiglia Tasso, nota per le capacità poetiche di Torquato Tasso e le capacità imprenditoriali di alcuni dei fautori che hanno inventato il moderno sistema postale. Ancora oggi il borgo è raggiungibile solo a piedi tramite una comoda mulattiera. Uno dei punti salienti del paese è il ben conservato museo di storia del servizio postale, il lungo isolamento iniziato alla fine del XVI secolo ha infatti conservato l'originaria struttura. Il Museo dei Tasso e della storia postale, offre diverse opportunità di visite guidate, su prenotazione, rivolte sia a singoli visitatori, sia a gruppi di adulti e bambini sia alle scuole, per scoprire la storia della famiglia Tasso e il territorio circostante, ricco di spunti e di luoghi di notevole interesse culturale e artistico. Scendendo verso Oneta si incontra la Casa Museo di Arlecchino si trova all’interno di Palazzo Grataroli nel borgo di Oneta ed è di proprietà del Comune di San Giovanni Bianco. Il nome “Casa di Arlecchino”, con cui è comunemente conosciuto il palazzo signorile del borgo, è legato all’attore rinascimentale Alberto Naselli, che rappresentò lo Zanni e Arlecchino nelle principali corti europee e che, secondo la tradizione, soggiornò nel palazzo di Oneta, ma non ci sono fonti documentarie in grado di provarlo.La Casa conserva una selezione di maschere dei personaggi della commedia dell’arte e ospita, dal 2015, un teatro stabile di burattini della Compagnia del Riccio, in cui sono messe in scena brevi storie in occasione delle visite guidate delle scolaresche e di eventi particolari. Il Museo è inoltre sede di laboratori didattici e di visite guidate lungo la Via Mercatorum organizzati dal Polo Culturale Mercatorum e Priula. Il tour prosegue la visita al paese di Dossena. Il paese è meta di villeggiatura, grazie alla sua posizione invidiabile, che garantisce aria tranquilla e fresca e numerosi itinerari naturalistici adatti a tutti gli utenti.Nel 1500 Leonardo da Vinci visitò Dossena per studiare giacimenti e minerali. Il maestro si è innamorato della natura e dell'atmosfera del piccolo paese di Dossena, e dell'intera vallata. Una delle sue mappe della zona è conservata in una tavola del Codice Windsor, preziosa collezione del Royal College di Londra. Il primo battistero del Brembano è a Dossena. L’ Arcipresbiterale di Dossena è paragonabile nel numero di opere conservate a una pinacoteca, come il martirio di san Giovanni Battista e san Rocco con due santi di Paolo Veronese (XVI secolo), il polittico del battesimo di Gesù e dipinti di Carlo Ceresa e Pieter Paul Rubens, solo per citarne alcuni. L'importanza del patrimonio artistico è sottolineata da un'iscrizione che ricorda come i Dossenesi li abbiano sempre protetti e preservati nonostante carestie ed epidemie. A Dossena si possono gustare i sapori unici di prodotti tipici come formaggi, salumi e pregiata birra artigianale. Molti ristoranti propongono menù tradizionali, e gli agriturismi della zona sono veri protettori del gusto e della tradizione. Dossena è per tutti: famiglie con bambini, gruppi di amici, ma anche amanti del cibo e della natura. Considerando che è sulla strada, si consiglia una visita alla scoperta di San Pellegrino, dove si trova la famosa acqua in bottiglia, all'inizio del XX secolo, era una famosa meta turistica dell'alta borghesia. Per le sue strade si possono rivivere i fasti della Belle Epoque, quando regine, premi Nobel e diplomatici frequentavano il Grand Hotel, dilapidavano i loro risparmi nei casinò, e trascorrevano il tempo tra terme e locali alla moda. Seguiremo poi l'evoluzione degli stili architettonici: dal Liberty all'Art Dèco fino all'austero Tempio dei caduti, simbolo della fine di un sogno di benessere e spensieratezza.

La Città Verde

La città dentro al parco

Redavalle

L'attuale Redavalle è l'erede di un centro più antico, San Martino in Strada. Nella zona esisteva un centro romano nominato negli antichi itineraria come Cameliomagus o Comillomagus (forme dovute alla scrittura trascurata di un probabile Camillomagus). Le distanze itinerarie converrebero maggiormente a Broni: certo è che a Redavalle sono stati trovati numerosi reperti romani, il che dimostra l'origine romana di San Martino in Strada, corrisponda o no a Camillomagus. Come molti centri antichi sopravvissuti alle invasioni barbariche, ebbe una propria pieve, dipendente dalla diocesi di Piacenza, il cui nome (San Martino in Strada appunto) obliterò l'antica denominazione della località. San Martino passò sotto il dominio pavese nel 1164, allorché era probabilmente una dipendenza di Broni; era comunque dotato di un castello, che fu incendiato dalle truppe dei confederati lombardi durante le guerre contro Federico I Barbarossa. San Martino in Strada, che si trovava un poco più a est di Redavalle, non si riebbe più dal disastro. Cominciò allora a prendere importanza Ridavalle (così chiamato nel 1250), situato al margine occidentale del comune di San Martino, che a poco a poco assorbì l'intera popolazione del vecchio centro. Attorno al 1560 anche al pieve di San Martino fu abbandonata e l'arciprete prese dimora presso l'oratorio di San Rocco a Redavalle (che prese il nome di San Rocco e San Martino). Redavalle faceva parte del feudo di Broni, appartenuto dal XIII secolo ai Beccaria e dal 1536 alla fine del feudalesimo (1797) agli Arrigoni di Milano. Come abbiamo detto, Redavalle sorgeva a ridosso del confine occidentale del comune, tanto che parte dell'abitato sconfinava nell'adiacente comune di Santa Giuletta; tale anomalia fu regolata nel 1866 con la cessione a Redavalle di un tratto del territorio di Santa Giuletta (denominato frazione Rile).   Redavalle: un piccolo borgo ai piedi delle colline dell'Oltrepò Pavese, poco più d'un paio di minuti d'auto lungo la via Emilia, ma paese come altri solo sulle cartine stradali. Quel punto, a metà tra le città di Casteggio e Broni, ora raccoglie 1000 anime o poco più: un tempo rappresentava il centro più importante sull'itinerario tra Iria (Voghera) e Placentia (Piacenza). Le sue origini risalgono al periodo pre-romano; fondatori e primi abitanti ne furono le popolazioni liguri e celtiche che si contesero il dominio sul territorio prima dell'avvento romano sul finire del III secolo a.C.: Cameliomago il suo nome, come riportato sulla Tabula di Peuntiger, una sorta di stradario che raffigurava gli itinerari romani, i centri maggiori e le stazioni di posta e di cambio. Tra queste, a 17 miglia romane da Iria e a 25 da Placentia, viene annoverato appunto l'abitato di Cameliomago, che estendeva le sue ultime propaggini fino alle attuali frazioni Manzo di Santa Giuletta e Ca' del Piano di Cigognola. Il centro è da individuare ai piedi delle colline, nel territorio di Redavalle e Cassino Po, disseminato di locande, stalle per cambiare i cavalli, osterie, botteghe e ville patrizie, delle quali non restano purtroppo grandi reperti: alcune lapidi, molte monete, urne, lucerne e suppellettili funerarie, ritrovate perlopiù nella necropoli Gragnolate, nei poderi Vacca d'oro e Bruciati e durante gli scavi ottocenteschi alla demolita fornace Bornaghi; presenti in diverse località pedecollinari redavallesi, lungo le quali correva la via Postumia, sono invece cocci, tavelle, mattoni e quant'altro possa testimoniare la presenza romana, costante e prospera fino alla decadenza dell'Impero. Proprio per la contingente posizione, l'antica Cameliomago subì, a partire dalla fine del IV secolo d.C. un progressivo impauperimento dovuto alle invasioni barbariche ed all'instabilità economica e politica propri di quei secoli. La lenta cristianizzazione del primo millennio fu per l'antica Redavalle comunque foriera di rilevanti novità storiche, religiose ed architettoniche, delle quali non restano però che pochi resti, primo fra i quali il pilastro in rovina che si vede all'ingresso del paese provenendo da Broni, in prossimità dell'incrocio con la strada che conduce a Pietra de' Giorgi. Quel pilastro, fatto edificare dall'arciprete Primo Andrea Sterpi nel 1724, sorse per commemorare la Pieve di San Martino in Strada, eretta probabilmente nel IX-X secolo d.C. e capace, per alcuni secoli, di accorpare a sé nel culto divino le parrocchie e le popolazioni dei paesi limitrofi, tra cui Cigognola, Pietra de' Giorgi, Barbianello, Mornico Losana e Santa Giuletta. Si trattava di una Pieve importante, dotata di strutture d'accoglienza per i viandanti ed i pellegrini della via Romera, il cui potere venne però scalfito nei secoli dalle pestilenze e dall'incuria dei reggenti, che condussero all'abbandono ed alla decadenza la chiesa, sostituita per le celebrazioni da un oratorio nel centro abitato, dedicato a San Rocco, poi ampliato all'inizio del XVIII secolo su progetto dell'architetto Veneroni, fino all'attuale fabbrica, magistralmente restaurata nell'ultimo decennio del secolo scorso. Il dominio dei Franchi, cui succedettero le dominazioni feudali locali e il potere dei singoli Comuni furono secoli bui per la storia di Redavalle: è purtroppo da ricordare l'incendio al castello del paese, operato nel 1164 dai Piacentini e dai Cremonesi, in lotta contro la città di Pavia, alleata di Federico Barbarossa, evento rimasto scolpito nella tradizione popolare ed effigiato sullo stemma municipale. Nei secoli successivi seguirono alle dominazioni rinascimentali dei Visconti-Sforza, quella degli Spagnoli e, dal 1713, quella degli Austriaci. Il paese che veniva sempre più a formarsi intorno al predetto oratorio, fu abbellito nel XVII secolo dalla costruzione di due cappelle all'ingresso del centro abitato, ora restaurate e adibite l'una al culto della Madonna e l'altra al ricordo dei Caduti. Nel 1743, con il Trattato di Worms, il territorio di Redavalle, come tutto l'Oltrepò Pavese, passò sotto il dominio sabaudo, per divenire poi parte della provincia di Pavia nel 1861. Fonte: Comune di Redavalle PHOTO:  Portale www.visitoltrepo.com

Il Rogolone

Quercia plurisecolare
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