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La Via Francisca del Lucomagno

Lungo la Via Francisca del Lucomagno, il medioevo risorge in un Cammino d’altri tempi. Tra montagne e natura incontaminata
Via Francisca del Lucomagno

Lago Maggiore Pennellate d'artista

Affreschi, trompe l’oeil, cicli pittorici lunghi cinque secoli, murales spontanei e organizzati: nei dintorni di Laveno Mombello il colore è ovunque
Villa della Porta Bozzolo

Redavalle

L'attuale Redavalle è l'erede di un centro più antico, San Martino in Strada. Nella zona esisteva un centro romano nominato negli antichi itineraria come Cameliomagus o Comillomagus (forme dovute alla scrittura trascurata di un probabile Camillomagus). Le distanze itinerarie converrebero maggiormente a Broni: certo è che a Redavalle sono stati trovati numerosi reperti romani, il che dimostra l'origine romana di San Martino in Strada, corrisponda o no a Camillomagus. Come molti centri antichi sopravvissuti alle invasioni barbariche, ebbe una propria pieve, dipendente dalla diocesi di Piacenza, il cui nome (San Martino in Strada appunto) obliterò l'antica denominazione della località. San Martino passò sotto il dominio pavese nel 1164, allorché era probabilmente una dipendenza di Broni; era comunque dotato di un castello, che fu incendiato dalle truppe dei confederati lombardi durante le guerre contro Federico I Barbarossa. San Martino in Strada, che si trovava un poco più a est di Redavalle, non si riebbe più dal disastro. Cominciò allora a prendere importanza Ridavalle (così chiamato nel 1250), situato al margine occidentale del comune di San Martino, che a poco a poco assorbì l'intera popolazione del vecchio centro. Attorno al 1560 anche al pieve di San Martino fu abbandonata e l'arciprete prese dimora presso l'oratorio di San Rocco a Redavalle (che prese il nome di San Rocco e San Martino). Redavalle faceva parte del feudo di Broni, appartenuto dal XIII secolo ai Beccaria e dal 1536 alla fine del feudalesimo (1797) agli Arrigoni di Milano. Come abbiamo detto, Redavalle sorgeva a ridosso del confine occidentale del comune, tanto che parte dell'abitato sconfinava nell'adiacente comune di Santa Giuletta; tale anomalia fu regolata nel 1866 con la cessione a Redavalle di un tratto del territorio di Santa Giuletta (denominato frazione Rile).   Redavalle: un piccolo borgo ai piedi delle colline dell'Oltrepò Pavese, poco più d'un paio di minuti d'auto lungo la via Emilia, ma paese come altri solo sulle cartine stradali. Quel punto, a metà tra le città di Casteggio e Broni, ora raccoglie 1000 anime o poco più: un tempo rappresentava il centro più importante sull'itinerario tra Iria (Voghera) e Placentia (Piacenza). Le sue origini risalgono al periodo pre-romano; fondatori e primi abitanti ne furono le popolazioni liguri e celtiche che si contesero il dominio sul territorio prima dell'avvento romano sul finire del III secolo a.C.: Cameliomago il suo nome, come riportato sulla Tabula di Peuntiger, una sorta di stradario che raffigurava gli itinerari romani, i centri maggiori e le stazioni di posta e di cambio. Tra queste, a 17 miglia romane da Iria e a 25 da Placentia, viene annoverato appunto l'abitato di Cameliomago, che estendeva le sue ultime propaggini fino alle attuali frazioni Manzo di Santa Giuletta e Ca' del Piano di Cigognola. Il centro è da individuare ai piedi delle colline, nel territorio di Redavalle e Cassino Po, disseminato di locande, stalle per cambiare i cavalli, osterie, botteghe e ville patrizie, delle quali non restano purtroppo grandi reperti: alcune lapidi, molte monete, urne, lucerne e suppellettili funerarie, ritrovate perlopiù nella necropoli Gragnolate, nei poderi Vacca d'oro e Bruciati e durante gli scavi ottocenteschi alla demolita fornace Bornaghi; presenti in diverse località pedecollinari redavallesi, lungo le quali correva la via Postumia, sono invece cocci, tavelle, mattoni e quant'altro possa testimoniare la presenza romana, costante e prospera fino alla decadenza dell'Impero. Proprio per la contingente posizione, l'antica Cameliomago subì, a partire dalla fine del IV secolo d.C. un progressivo impauperimento dovuto alle invasioni barbariche ed all'instabilità economica e politica propri di quei secoli. La lenta cristianizzazione del primo millennio fu per l'antica Redavalle comunque foriera di rilevanti novità storiche, religiose ed architettoniche, delle quali non restano però che pochi resti, primo fra i quali il pilastro in rovina che si vede all'ingresso del paese provenendo da Broni, in prossimità dell'incrocio con la strada che conduce a Pietra de' Giorgi. Quel pilastro, fatto edificare dall'arciprete Primo Andrea Sterpi nel 1724, sorse per commemorare la Pieve di San Martino in Strada, eretta probabilmente nel IX-X secolo d.C. e capace, per alcuni secoli, di accorpare a sé nel culto divino le parrocchie e le popolazioni dei paesi limitrofi, tra cui Cigognola, Pietra de' Giorgi, Barbianello, Mornico Losana e Santa Giuletta. Si trattava di una Pieve importante, dotata di strutture d'accoglienza per i viandanti ed i pellegrini della via Romera, il cui potere venne però scalfito nei secoli dalle pestilenze e dall'incuria dei reggenti, che condussero all'abbandono ed alla decadenza la chiesa, sostituita per le celebrazioni da un oratorio nel centro abitato, dedicato a San Rocco, poi ampliato all'inizio del XVIII secolo su progetto dell'architetto Veneroni, fino all'attuale fabbrica, magistralmente restaurata nell'ultimo decennio del secolo scorso. Il dominio dei Franchi, cui succedettero le dominazioni feudali locali e il potere dei singoli Comuni furono secoli bui per la storia di Redavalle: è purtroppo da ricordare l'incendio al castello del paese, operato nel 1164 dai Piacentini e dai Cremonesi, in lotta contro la città di Pavia, alleata di Federico Barbarossa, evento rimasto scolpito nella tradizione popolare ed effigiato sullo stemma municipale. Nei secoli successivi seguirono alle dominazioni rinascimentali dei Visconti-Sforza, quella degli Spagnoli e, dal 1713, quella degli Austriaci. Il paese che veniva sempre più a formarsi intorno al predetto oratorio, fu abbellito nel XVII secolo dalla costruzione di due cappelle all'ingresso del centro abitato, ora restaurate e adibite l'una al culto della Madonna e l'altra al ricordo dei Caduti. Nel 1743, con il Trattato di Worms, il territorio di Redavalle, come tutto l'Oltrepò Pavese, passò sotto il dominio sabaudo, per divenire poi parte della provincia di Pavia nel 1861. Fonte: Comune di Redavalle PHOTO:  Portale www.visitoltrepo.com

Dal Rifugio Cà San Marco a Foppolo

Dal rifugio Ca' San Marco, in corrispondenza del solido paravalanghe, si percorre un tratto di mulattiera dell’antica Priula, che con alcuni tornanti sale fino al Passo San Marco (1.992 m, 30’ dalla partenza).   Raggiunto il passo, caratterizzato da un grande omino in pietra e da un altare realizzato dagli alpini, si percorre per circa 150 metri la strada asfaltata sul versante valtellinese. Incontrata la deviazione si abbandona la strada che scende verso Morbegno e si prosegue lungo il sentiero, indicato con frequenti segnavia, in direzione del Monte Fioraro. Si continua lungo le pendici settentrionali del Pizzo Segade, sulla testata della Valle d’Orta e, raggiunto lo stretto crinale, lo si percorre per alcuni minuti fino a una forcella (2.070 m, 1h dalla partenza). La cresta spartiacque ci regala una magnifica veduta aerea del rifugio Madonna delle Nevi, verso il quale punteremo, prestando molta attenzione, abbassandoci lungo un breve, ma ripido, canalino, quindi, a mezza costa, proseguiremo attraverso le pendici del monte Fioraro. Raggiunta la solitaria baita degli Agnelli (1.990 m), si prosegue attraverso l’Alpe Fioraro e oltrepassata, senza raggiungerla, la baita Colomber, lungo un avvallamento, si perviene al passo della Porta (2.028 m) dove, poco oltre, s’incontra la baita Piano (2.018 m). Si attraversano i pascoli dell’Alpe Azzaredo, caratterizzati dalla presenza di numerose recinzioni in pietra che testimoniano il duro lavoro svolto in passato dai mandriani. Poco più in alto si nota un dominante “ometto” di sassi realizzato per conto dell’IGM durante l’effettuazione di rilievi topografici. Un centinaio di metri più in basso appare il bivacco Zamboni di proprietà dell’ERSAF, gestito dal CAI di Piazza Brembana e sempre aperto. Proseguendo in lieve discesa, al limite di un’incantevole spianata, si scorgono le baite Azzarini, si attraversa un torrente e, raggiunto il ripido fianco del lungo crinale del monte Azzaredo, lo si supera lungo alcuni tornanti (2.090 m circa). Si prosegue per ripida discesa fino a giungere nei pressi della baita di Piedevalle (1.994 m). Continuando si percorre l’agevole mulattiera, lungo i fianchi del Pizzo Rotondo, e si supera il piccolissimo lago di Cavizzola, punto d’incontro con il sentiero che sale da Madonna delle Nevi. Si prosegue per pascolo, lasciandoci guidare dai segnavia, fino a raggiungere l’ennesimo caratteristico recinto in pietre e la baita Cascinetto dei Siltri (1.973 m) da cui, con un ultimo sforzo, si perviene alla Forcella Rossa  (2.055 m), da dove è possibile ammirare l’intera conca di San Simone. Dalla bocchetta si scende dirigendosi sulla sinistra lungo un breve canale erboso, si divalla a mezza costa fino a giungere nelle vicinanze di una pozza d’acqua poi, piegando a sinistra, si scende in direzione dello sterrato che si tocca nei pressi di un acquedotto (4h dalla partenza). Si prosegue in direzione del piccolo agglomerato di caratteristiche baite indicate come Baitone (1.854 m). Superato il nucleo rurale, la carrareccia si riduce a buon sentiero che, dopo un primo tratto in leggera discesa, prosegue in piano a mezza costa offrendo un’aerea veduta sulla Valle delle Saline, mentre sull’opposto versante è visibile il monte Arete e, più alto, sulla sinistra, il monte Valegino. Si contornano così, con percorso pianeggiante, le ripide scarpate della Cima di Lemma, fino a entrare nell’ampio vallone pascolivo. Si segue in salita fino a superare la baita delle Saline, dove all’estremità dei resti della stalla è stata realizzata una copertura arredata con un tavolo e relative panche per una meritata pausa all’ombra. Risalito l’ultimo tratto di pascolo si raggiunge il passo di Tartano  (2.108 m, 5h 15’ dalla partenza) caratterizzato da una slanciata croce in ferro; nei pressi sono visibili interessanti resti di numerose trincee (linea Cadorna), recentemente sistemate a cura della Comunità Montana. Ignorato il sentiero che scende sul versante valtellinese, si continua sulla destra lungo il costone erboso, ora segnalato con il segnavia n°201, che offre un magnifico colpo d’occhio sulla Val Lunga e, disposti a quote diverse, sui laghi di Porcile, vere perle color turchese. Lungo i pendii della Val Lunga, tributaria con la Val Corta della Valle di Tartano, si scorgono parecchie baite con i tipici recinti in pietra. Percorso il breve tratto di costa, dove si osservano i resti di appostamenti di mitraglia ancora ben conservati, con alcuni ripidi tornanti si discende lungo il versante valtellinese, in direzione dei laghi di Porcile. Successivamente, percorso un tratto piano lungo le pendici del monte Valegino, prestando attenzione ai numerosi segnavia posti sui grossi massi, si attraversa fino a raggiungere il più alto dei tre caratteristici laghetti (2.095 m) di origine glaciale. Costeggiata la sponda sinistra del lago e, superata una vecchia baita d’alpeggio, si va avanti spostandosi sulla sinistra del vallone, evitando i grossi massi detritici visibili sulla destra, quindi, con un tratto in diagonale, si avanza fino a raggiungere il passo di Porcile (2.290 m, 6h 15’ dalla partenza). Il passo, un’ampia insellatura posta fra i monti Valegino e Cadelle, mette in comunicazione la Valle di Tartano con Foppolo. Volgendo a sinistra si percorrono una trentina di metri circa per poi scendere decisi lungo il pendio, fino al punto in cui il sentiero continua a mezza costa in direzione di una baita. Si continua a scendere fino a un caratteristico pianoro dove è situata la graziosa baita delle Cadelle (2.057 m) e, poco distante, una solida stalla. Lo spiazzo, attraversato da un torrente, è racchiuso fra ripide scarpate e pietraie, mentre dappertutto si osservano muretti e cumuli di sassi ammucchiati allo scopo di estendere la superficie del pascolo. Si continua spostandosi sul fianco destro della valle, si prosegue lungo un ottimo sentiero che, con alcune serpentine, consente di perdere rapidamente quota. Superate due baite, alle relative quote di 1.860 e 1.826 metri, poco oltre si volge a sinistra e, attraversato il torrente, si va avanti fino a entrare in un bosco di pini e larici. Fuoriusciti dalIa pineta, in corrispondenza di un casolare, non rimane che seguire le indicazioni e, superata una baita, si percorre l’ottima mulattiera delimitata da muri di sassi. Si termina, con una breve salita, nei pressi della località Rovera (1.600 m), che si raggiunge dopo aver attraversato un ponte di legno. Ora non rimane che scendere a Foppolo, dove ovviamente non mancano tutti i principali servizi propri di un centro turistico. Per pernottare ci si può rivolgere ai vari alberghi di Foppolo.  
Dal Rifugio Cà San Marco a Foppolo

Dal Passo Crocedomini al Rifugio Tita Secchi

Siamo nel cuore del Parco dell’Adamello in provincia di Brescia, dove la natura è incontaminata e i paesaggi sono di una bellezza unica.   Questo itinerario è abbastanza semplice, il sentiero è ben tenuto e il dislivello, di poco più di 600 m, viene distribuito lungo un tratto molto esteso, non creando mai dei punti eccessivamente ripidi. Si parte raggiungendo il passo di Crocedomini, dove si può lasciare l’auto nell’ampio parcheggio gratuito accanto a malga Cadino. Il periodo consigliato per l’escursione è quello estivo e autunnale, perché il passo viene chiuso per molti mesi durante l’anno a causa della neve che scende copiosa in inverno e resta fino alla primavera. Per questa ragione è bene verificarne l’apertura, è possibile contattare il Rifugio Passo Crocedomini per avere informazioni a riguardo. La strada per raggiungere il passo è asfaltata, in certi tratti si restringe un po’ ma sono presenti molte piazzole utili per permettere lo scorrimento di due veicoli nella direzione opposta. Un volta parcheggiata l’auto si imbocca la comoda strada sterrata indicata con il segnavia numero 19, la vista spazia subito sugli ampi prati verdi di val Cadino e sul monte Colombina. Il primo luogo che cattura l’attenzione è il Corna Bianca, una formazione di origine calcarea dall’iconico colore bianco acceso, che crea un bellissimo stacco cromatico sui prati verdi e disseminati di fiori colorati di questa zona.Dopo avere fatto qualche scatto fotografico, girando attorno a questa splendida formazione naturale, si prosegue tenendo Corna Bianca sulla destra e camminando per qualche decina di metri su un tratto di sentiero ricoperto da una finissima sabbia bianca, generata proprio dall’erosione del materiale calcareo.La traccia continua su un sentiero lastricato con pendenza abbastanza regolare fino al raggiungimento del piccolo laghetto Nero di Cadino. Qui si può individuare facilmente una deviazione: sulla destra il sentiero con segnavia 19 si stacca e con 5 tornanti molto ripidi permette di superare rapidamente quota 2.200 m e giungere in prossimità delle Creste di Laione, a sinistra invece prosegue salendo in maniera molto più dolce.Si consiglia di proseguire sulla strada di sinistra guadagnando costantemente quota fino al congiungimento con il sentiero 1 (Alta via dell’Adamello). Questa variante consente di avere una vista più centrale sulla splendida valle di Cadino e sul tracciato appena percorso, i 2.300 m di quota ormai raggiunti invece permettono di vedere in lontananza i bellissimi profili delle prealpi bresciane.Il raggiungimento del sentiero 1 segna anche la fine della parte più ripida dell’itinerario, da qui il tratto si fa nuovamente pianeggiante fino al raggiungimento del passo della Vacca. Sarà evidente l’arrivo al passo per via di un curioso masso che effettivamente richiama le forme di una grossa mucca.Il paesaggio è ora estremamente roccioso, davanti si staglia la maestosa parete Ovest del Blumone ed in lontananza, oltre allo scrosciare di un ruscello, si possono sentire i fischi di richiamo delle marmotte. Un ottimo punto di vista viene dato anche dalle rocce appuntite delle Creste di Laione e dal tratto di sentiero che, inerpicandosi su quest’ultime, raggiunge anch’esso la nostra posizione sul passo. Per raggiungere il lago bisogna proseguire lungo l’unico sentiero presente per ancora una decina di minuti e finalmente, dopo l’ultima curva a sinistra, si scorge il torrente Laione, la grande diga in cemento e, in posizione sopraelevata, il Rifugio Tita Secchi. Si supera il torrente con un piccolo ponticello e dopo l’ultima rampa di scale si è arrivati al rifugio.Il lago ha un bacino idrico di 1,56 km², ma non essendoci nessun immissario principale il volume d’acqua dipende solamente dallo scioglimento dei ghiacci e dalle piogge, per questa ragione è possibile vederlo in condizioni molto diverse a seconda dei periodi dell’anno. Ad agosto il livello dell’acqua è solitamente sceso e questo consente di avvicinarsi camminando su rocce altrimenti sommerse in altri periodi. Il verde delle poche chiazze d’erba di quest’area, il grigio delle rocce e il blu intenso dell’acqua creano in questo periodo dell’anno una magnifica combinazione di colori, impossibile da non immortalare in qualche fotografia. Ad impreziosire ulteriormente questo paesaggio ci pensano gli alti picchi di Cima Terre Fredde e del Blumone. Non esiste un vero sentiero che costeggia l’intero bacino, la traccia del n. 1 infatti fiancheggia solamente la sponda orientale per poi deviare sulla destra. Nell’area vicino al rifugio è comunque possibile raggiungere facilmente la costa e fermarsi per riposare un po’ su qualche masso piatto. Per fare un pic-nic si può quindi scegliere una delle numerose rocce con vista lago, oppure si può decidere di fermarsi al Rifugio Tita Secchi per godersi un ottimo pranzo, scegliendo tra la vasta selezione di piatti tipici del loro menù. Il rifugio è aperto sia a pranzo che a cena ma è sempre possibile entrare per un caffè o un te accompagnati da una fetta di crostata fatta in casa.La discesa avviene lungo lo stesso tragitto dell’andata. Il sentiero anche in discesa non presenta nessuna difficoltà particolare e in circa 2 ore si è nuovamente a malga Cadino.
Dal Passo Crocedomini al Rifugio Tita Secchi

Verso Pian d’Erba lungo il Sentiero Botanico

Snodandosi ai piedi delle Prealpi del Triangolo Lariano, questo percorso vi porterà alla scoperta del paesaggio boschivo di questa zona.   Anche questo itinerario fa parte del progetto InTERRACED-net che ha permesso di recuperare e valorizzare aree di interesse ambientale e paesaggistico altrimenti trascurate. Il tracciato parte dall’abitato di Brienno, a quota 209 m s.l.m., per raggiungere la loc. Pian d’Erba, al confine con il comune di Schignano, a quota 1105 m s.l.m. Risale le pendici del versante attraversando ripide valli e collegando numerosi nuclei rurali montani, ormai da tempo abbandonati. Probabilmente in funzione della sua grande importanza e dell’impervietà del territorio in cui si sviluppa, il percorso è quasi interamente selciato e contraddistinto da importanti opere di muri a secco, fondamentali per gli attraversamenti più accidentati e i tratti più pericolosi. Il contesto ambientale è rappresentato da un versante boscoso che risale verso la colma d Binate dove dominano i boschi di carpino che, a quote superiori, vengono sostituiti dai boschi di faggio.Il percorso proposto, comunemente chiamato Sentiero Botanico, originariamente era la mulattiera che dall’abitato di Brienno permetteva di raggiungere l’Alpe comunale in località Prà del la Curt e che oggi prosegue fino alla località Pian d’Erba attraversando la proprietà Boyle di Putifigari. L’itinerario prende il via dalla via Regina, di fronte alla sede del comune, sull’angolo del Circolo A.C.I.S. Da qui si salgono i gradini seguendo le indicazioni della tabella direzionale CAI verso Samaina. La scalinata si snoda tra le case risalendo il versante: la giusta direzione è segnalata da segnavia rossi e bianchi con indicato il numero 1. Uscendo dalla zona abitata si incontra un primo incrocio adeguatamente segnalato e con le indicazioni per il sentiero botanico. Imboccando la direzione opposta, verso Palaina, a pochi metri si incontra l’oliveto comunale, recuperato nell’ambito di interventi promossi dall’amministrazione comunale di Brienno e dal Consorzio Forestale Lario Intelvese all’interno del PROGRAMMA DI COOPERAZIONE INTERREG V – A ITALIA SVIZZERA 2014-2020 “InTERRACED – NET - Strategie integrate e reti per la conservazione e la valorizzazione del paesaggio terrazzato transfrontaliero” (Id. 472084). Il sentiero, un selciato ben conservato, risale rapidamente il versante incontrando numerose deviazioni che conducono ai numerosi fabbricati non ancora crollati di “Giumanell” e “Salmaju”. Facendo attenzione per seguire il segnavia si arriva in prossimità della cappellina votiva di Sant’Antonio Abate. Qui si incontra un altro importante incrocio, opportunamente segnalato con tabelle direzionali CAI, dove bisogna continuare a risalire il versante imboccando la decisa salita e abbandonando la direzione dei vicini “Monti Carpina”. Il sentiero si addentra in un bosco di carpino e castagno, un ambiente decisamente forestale rispetto al precedente, anche se molto degradato per la presenza di numerosi schianti. Anche la mulattiera, ancora contraddistinta da fondo in selciato e gradini in pietra si presenta molto danneggiata, ma non per questo meno interessante. Continua la salita intervallata dall’attraversamento di numerosi valletti molto ripidi, fino ad un tratto in cui la pendenza aumenta decisamente e la mulattiera si trasforma in una massiccia scalinata in pietra sospesa nel bosco. E’ la cosi detta “Scala Santa” che conduce alla località “Costa Tuasa”, contrassegnata dalla presenza di un fabbricato completamente diroccato, che termina dopo poche decine di metri quando il sentiero spiana ed inizia un tratto quasi pianeggiante che conduce alla località “Turbola”. La località è contraddistinta dalla presenza di un complesso di fabbricati purtroppo completamente diroccati tra cui l’omonima “Sorgente Turbola”. L’itinerario prosegue riprendendo a salire dapprima gradualmente e quindi decisamente, contemporaneamente cambia il contesto forestale, che si trasforma per la presenza sempre più dominante della faggeta. Con il cambio della tipologia di bosco aumenta decisamente la presenza di schianti e sradicamenti di intere ceppaie di piante che in alcuni casi interessano direttamente il sentiero. Con attenzione e grazie agli interventi di ripristino però non si perde la direzione fino a raggiungere la località “Pra de la Curt” dove è segnalato l’Alpe comunale ormai ridotto ad un rudere difficilmente riconoscibile. In questo ultimo tratto sono cambiate anche le caratteristiche del sentiero, non più caratterizzato dall presenza di selciato e gradini in pietra, ma da un fondo prevalentemente in terra battuta, la cui traccia in alcuni casi rischia di perdersi sotto il deposito dell’abbondante lettiera indecomposta della faggeta. Siamo all’ultimo strappo che conduce al culmine della salita fino alla loc. Pian d’Erba. Siamo giunti al termine del nostro itinerario e ci troviamo sulla dorsale che collega il Monte Comana con il Monte Binate, lungo il cui asse si sviluppa il “Sentiero delle Espressioni”. Siamo anche sulla soglia della Forestale Demaniale Valle Intelvi gestita dall’Ersaf e a circa 20 minuti di cammino dall’Agriturismo Alpe Comana dove, durante la stagione primaverile/estiva è possibile trovare ristoro.
Verso Pian d’Erba lungo il Sentiero Botanico

Miniera di Paglio Pignolino (BS) e dintorni

Nel comune di Dossena si trova il comprensorio minerario forse tra quelli di più antica coltivazione della montagna bergamasca. La zona è costituita da un distretto minerario ed estrattivo molto ricco e variegato.   Qui in passato si estraeva: fluorite, calamina, galena e calcite.I visitatori della Miniera avranno l'opportunità di entrare nella galleria, esplorare tutti gli ambienti tipici “minerari”: la stanza della coltivazione, pozzi, camini e discendenti, nonché anche gli antichi strumenti utilizzati nella miniera. Dopo la visita alla miniera si prosegue per il Museo minerario della miniera Paglio-Pignolino, grazie al Comune di Dossena e all'Associazione Miniere di Dossena, oggi alcune gallerie sono state parzialmente restaurate e riaperte al pubblico, tornando ad essere sicure e praticabili. All'interno della miniera si possono vedere i resti delle attività minerarie e gli oggetti quotidiani utilizzati dai minatori, come lattine di cibo o abiti da lavoro per il pranzo.  Si prosegue l’itinerario con Camerata Cornello antico borgo situato sulla Via Mercatorum, che collega Bergamo e la Valtellina. E' un piccolo comune su un costone roccioso che si affaccia sul fiume Brembo ed è uno dei Borghi più belli d'Italia. Il comune associa il suo nome con l'antica famiglia Tasso, nota per le capacità poetiche di Torquato Tasso e le capacità imprenditoriali di alcuni dei fautori che hanno inventato il moderno sistema postale. Ancora oggi il borgo è raggiungibile solo a piedi tramite una comoda mulattiera. Uno dei punti salienti del paese è il ben conservato museo di storia del servizio postale, il lungo isolamento iniziato alla fine del XVI secolo ha infatti conservato l'originaria struttura. Il Museo dei Tasso e della storia postale, offre diverse opportunità di visite guidate, su prenotazione, rivolte sia a singoli visitatori, sia a gruppi di adulti e bambini sia alle scuole, per scoprire la storia della famiglia Tasso e il territorio circostante, ricco di spunti e di luoghi di notevole interesse culturale e artistico. Scendendo verso Oneta si incontra la Casa Museo di Arlecchino si trova all’interno di Palazzo Grataroli nel borgo di Oneta ed è di proprietà del Comune di San Giovanni Bianco. Il nome “Casa di Arlecchino”, con cui è comunemente conosciuto il palazzo signorile del borgo, è legato all’attore rinascimentale Alberto Naselli, che rappresentò lo Zanni e Arlecchino nelle principali corti europee e che, secondo la tradizione, soggiornò nel palazzo di Oneta, ma non ci sono fonti documentarie in grado di provarlo.La Casa conserva una selezione di maschere dei personaggi della commedia dell’arte e ospita, dal 2015, un teatro stabile di burattini della Compagnia del Riccio, in cui sono messe in scena brevi storie in occasione delle visite guidate delle scolaresche e di eventi particolari.Il Museo è inoltre sede di laboratori didattici e di visite guidate lungo la Via Mercatorum organizzati dal Polo Culturale Mercatorum e Priula. Il tour prosegue la visita al paese di Dossena. Il paese è meta di villeggiatura, grazie alla sua posizione invidiabile, che garantisce aria tranquilla e fresca e numerosi itinerari naturalistici adatti a tutti gli utenti.Nel 1500 Leonardo da Vinci visitò Dossena per studiare giacimenti e minerali. Il maestro si è innamorato della natura e dell'atmosfera del piccolo paese di Dossena, e dell'intera vallata. Una delle sue mappe della zona è conservata in una tavola del Codice Windsor, preziosa collezione del Royal College di Londra.  Il primo battistero del Brembano è a Dossena. L’ Arcipresbiterale di Dossena è paragonabile nel numero di opere conservate a una pinacoteca, come il martirio di san Giovanni Battista e san Rocco con due santi di Paolo Veronese (XVI secolo), il polittico del battesimo di Gesù e dipinti di Carlo Ceresa e Pieter Paul Rubens, solo per citarne alcuni. L'importanza del patrimonio artistico è sottolineata da un'iscrizione che ricorda come i Dossenesi li abbiano sempre protetti e preservati nonostante carestie ed epidemie.   A Dossena si possono gustare i sapori unici di prodotti tipici come formaggi, salumi e pregiata birra artigianale. Molti ristoranti propongono menù tradizionali, e gli agriturismi della zona sono veri protettori del gusto e della tradizione. Dossena è per tutti: famiglie con bambini, gruppi di amici, ma anche amanti del cibo e della natura.Considerando che è sulla strada, si consiglia una visita alla scoperta di San Pellegrino, dove si trova la famosa acqua in bottiglia, all'inizio del XX secolo, era una famosa meta turistica dell'alta borghesia. Per le sue strade si possono rivivere i fasti della Belle Epoque, quando regine, premi Nobel e diplomatici frequentavano il Grand Hotel, dilapidavano i loro risparmi nei casinò, e trascorrevano il tempo tra terme e locali alla moda. Seguiremo poi l'evoluzione degli stili architettonici: dal Liberty all'Art Dèco fino all'austero Tempio dei caduti, simbolo della fine di un sogno di benessere e spensieratezza. 

Tra Montichiari e Carpenedolo, lungo la Fossa Magna

L'itineriario tocca alcuni paesi del bresciano situati lungo la famosa Fossa Magna, un canale della Lombardia che scorre proprio nella provincia di Brescia. Fu Costruito da Bernabò Visconti ed in origine partiva dal fiume Chiese. Il percorso della Fossa Magna, che tocca i paesi di Montichiari, Carpenedolo e Borgo San Giacomo, è stato parzialmente coperto nell'Ottocento, soprattutto nel centro di Carpenedolo, offrendo ugualmente nelle restanti parti un panorama naturalistico tutto da osservare. Da piazza Santa Maria a Montichiari percorriamo via Trieste e poi via Matteotti direzione Pieve di San Pancrazio e ci dirigiamo verso via Fornace, sterrata. Ci spostiamo sull’altro lato della Fossa Magna in direzione del santuario di Fontanelle. Qui prendiamo la strada asfaltata e giungiamo ai ruderi di un antico complesso agricolo e alle prime case di Carpenedolo svoltiamo a sinistra. Proseguiamo poi fino al centro del paese. Da via Fusetti ci immettiamo in via della Bruciata per poi inoltrarci nei campi. Continuiamo su via Sacca, asfaltata. Arrivati alla rotonda seguiamo la ciclopedonale che conduce nel centro di Montichiari. ITINERARIODistanza: 40.6 kmDifficoltà: facileFondo stradale: asfalto e sterratoDislivello:+ 215 m, -215 m. (Pendenza max: 10.2%, -13.8% Pendio medio: 0.7%, -0.8%)Profilo altimetrico:Adatto a: tuttiTipologia di bicicletta consigliata: MTB, ibridaDurata media: 4 h ca. PUNTI DI INTERESSE Chiesa di San Pancrazio a MontichiariCostruita nel XII secolo, la muratura esterna è formata da conci di pietra bianca ricavata dalle cave di Mazzano e Virle (BS). All'interno, la bellissima abside maggiore è decorata con motivi antropomorfi e floreali. Info utili: PRO LOCO MONTICHIARI, Piazza Teatro 1. Telefono: 334 7150693Orari di apertura: tutte le domeniche e nei giorni festivi da aprile a settembre dalle 15 alle 18.30, ingresso libero.Sito internet: www.visitmontichiari.it/pieve-di-san-pancrazio/Geolocalizzazione su mappa: 45.4053, 10.39375  Castello Bonoris a MontichiariIl Castello Bonoris è stato costruito tra il 1891 e il 1905 su preesistenti ruderi medievali ed è uno degli esempi architettonici di stile neogotico più importanti della Lombardia. Info utili: PRO LOCO MONTICHIARI, Piazza Teatro 1. Telefono: 334 7150693Orari di apertura: il sabato e la domenica da aprile a tutto il mese di ottobre. sabato: 15-19; domenica: 10-12 e 15-19 (ultimo ingresso 40 minuti prima della chiusura) ingresso a pagamento con visita guidata. in altri giorni visite guidate su prenotazione.Sito internet: www.montichiarimusei.itGeolocalizzazione su mappa: 45.41242, 10.39133  Duomo di Santa Maria Assunta a MontichiariEdificata dal 1729 ad opera dell’architetto Paolo Soratini, viene completata nel 1890 con la costruzione del campanile da Giovanni Tagliaferri. All'interno c'è la splendida pala dell’Ultima Cena del 1542, capolavoro del Romanino. Info utili: Apertura: tutti i giorni 9-12 e 15-18. Sito internet: www.montichiarimusei.itGeolocalizzazione su mappa: 45.41314, 10.39146  Fossa Magna a CarpenedoloIl canale fu costruito da Bernabò Visconti. In origine partiva dal fiume Chiese, passando da Lonato, per ricongiungersi al fiume dopo 15 km. Il percorso della Fossa Magna è stato parzialmente coperto nell'Ottocento.Info utili: E-mail del comune: istruzione.cultura@comune.carpenedolo.bs.it Telefono: 030-9966640 Geolocalizzazione su mappa: 45.37286, 10.41947   Palazzo Gonzaga-Acerbi a CastelgoffredoQuesto storico palazzo è stato la residenza di tutti i signori che si sono succeduti a Castelgoffredo, iniziando dai Gonzaga. All'interno è presente una loggia affrescata dalla scuola di Giulio Romano.Info utili: www.terrealtomantovano.it/luogo/palazzo-gonzaga-acerbi/ Telefono: 0376-781218 Email: info@terrealtomantovano.it Geolocalizzazione su mappa: 45.29811, 10.47494    Pieve di Santa Maria in Carpino a CarpenedoloL'edificio romanico presenta un'abside semicircolare in pietra di Botticino. Nella muratura sono inseriti elementi con decorazioni di epoca altomedievale e romana. Nell'abside c'è un affresco quattrocentesco attribuito a Bonifacio Bembo.Info utili: goo.gl/vWHJStGeolocalizzazione su mappa: 45.35257, 10.4487    
Tra Montichiari e Carpenedolo. Lungo la Fossa Magna

Lago di Como: Manzoni ma non solo

“Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti…”: alla scoperta della sponda orientale del Lario
Lago di Como: Manzoni ma non solo

Sentiero delle Carbonaie

Il sentiero delle Carbonaie è un anello escursio-nistico di circa 13,53 chilometri che parte da S. Albano, percorre un tratto del torrente Nizza fino alle sue sorgenti, tocca il borgo di Orama-la, il Pian del Re, poi scende nelle vicinanze dell'Oratorio di San Giulio a Poggio Ferrato, raggiunge la Cappelletta del'”Acqua d'Uovo” di Molino Cassano, il borghetto di Cassano Supe-riore e termina a S. Albano, da dove ha avuto inizio. Dal parcheggio, dopo il cimitero di S. Albano, si imbocca il sentiero sterrato che reca lungo le sponde del Nizza. All'inizio si incontra una sorgente di acqua solforosa, più avanti una breve deviazio-ne porta alla “Grotta dei Parti-giani”, anfratto che testimonia momenti drammatici della storia della Resistenza in Val di Nizza. Ritornando sul sentiero principale, dopo poca strada, si arriva all'edi-cola della “Madonna del Turista” opera degli anni '70 dello scultore pavese Vittorio Grilli. Arrivati al guado del torrente Niz-za, il sentiero si inoltra in un per-corso costeggiato dai calanchi; pareti rocciose erose dagli elementi atmosferici che conferiscono uno scenario spettacolare. Più avanti zampilla una piccola sorgente di acqua solforosa: le fa da corredo una panchina in sas-so, per chi vuole sostare. Superata l'area delle sorgenti del Nizza, si arri-va ad incrociare il “Sentiero dell'Aquila” che proviene dal “Castello di Verde” e porta a Oramala. Qui occorre devi-are e tenere la destra fino a rag-giungere in pochi minuti un piano del bosco, realizzato in tempi re-moti dall'uomo per far posto alla “Carbonaia”, tecnica usata per tra-sformare la legna in carbone, co-me spiegano le didascalie poste in loco. Ritornando sul sentiero principale, si prosegue fino a superare le rovine della “Riassa”, quindi raggiungere la strada provinciale Varzi - Val di Nizza. Continuando sull'asfalto, senza deviazio-ni, è possibile arrivare in poco tempo al borgo di Oramala, con il suo castello del XI secolo. Di interesse turistico anche l'antico borgo, clas-sificato in passato fra i più belli d'Italia, e l'Ora-torio della Natività della Vergine Maria, del XIV se. Tornando da Oramala sul tragitto principale, è possibile scegliere una variante di percor-so che scende a Cas-sano Superiore. Que-sto tratto offre scorci panoramici suggestivi sull'Oltrepo fino al ca-stello di Montalto Pavese. Seguendo l'itinerario normale, si arriva al pianoro sottostante di Pian del Re dove si possono ammirare diverse specie di castagni secolari di forma e dimensioni singolari. Sul-lo stesso pianoro è ancora presente una fos-sa che serviva per costruirvi la “Carbonaia interrata”: altra tecnica usata dai carbonai per produrre il carbone. Salendo allo spiazzo superiore, si può ammi-rare tutto l'arco degli Appennini; il monte Penice da sinistra, e a seguire, Cima Colletta, Lesima, Chiappo, Pian dell'Armà, Boglelio e il Giarolo. L'area attrezzata di Pian del Re offre l'occa-sione per una sosta. Ripreso il cammino, si scende fino ad incro-ciare il Sentiero della Salute. Una breve de-viazione porta all'Oratorio di San Giulio, fra i più antichi della Val di Nizza. Proseguendo invece per la direzione principa-le, si raggiunge la “Cappelletta dell'Acqua d'Uovo” di Molino Cassano, dove sgorga la piccola fonte di acqua solforosa, intitolata alla memoria di Robertino e Valeria Schiavi. Dall'acqua solforosa, attraverso la “ciaplera,” antico sentiero lastricato in sassi, si raggiun-ge Cassano Superiore, punto di congiunzione della variante di sentiero citata in preceden-za. Da questo piccolo e grazioso borgo si procede al ponte in cemento che attraversa il torrente Nizza, quindi nell'abitato di S. Alba-no, e dopo la chiesa con il suo “voltone,” al parcheggio di partenza. Equipaggiamento: scarponcini da trekking, mantellina per la pioggia, bastoncini da montagna, macchina fotografica, cannocchiale, acqua. Si raccomanda di non accendere fuochi; non raccogliere fiori, non abbandonare rifiuti; rispettare gli animali. Periodo consigliato: tutto l’anno ad eccezione dei giorni di caccia. Informazioni:Associazione Culturale Amici di Poggio Ferrato poggioferratoass@gmail.comwww.amicidipoggioferrato.comtel. +39 333.7318669

Da Seriate a Palazzolo

Questo itinerario ha come elemento caratterizzante la meravigliosa vista paesaggistica rappresentata dal passaggio del fiume Serio nel suo medio tratto a partire da Seriate e connotato dalla presenza di un’alternanza di zone agricole e zone naturaliformi. Altrettanto affascinante il percorso lungo il fiume Oglio nel tratto che si incassa nella sua profonda gola appena dopo la sua uscita dal Lago d’Iseo. Non mancano, poi, le attrattive culturali dei principali centri abitati della provincie di Bergamo e Brescia. Il percorso comincia dalla stazione di Seriate e si conclude alla stazione di Palazzolo sull'Oglio. Per il ritorno si può usufruire del servizio ferroviario o superare l'Oglio sulla passerella affiancata alla ferrovia e seguire la ciclovia dei laghi in direzione d Bergamo.Il percorso segue l'itinerario del Parco del Serio, sulla sponda destra, sino a Romano di Lombardo. Da qui si supera il paese parallelamente alla ferrovia per raggiungere l'Oglio, seguendo l'antico percorso del fosso bergamasco. Una volta raggiunto Cividate Al Piano si prosegue verso nord, sulla sponda destra dell'Oglio per raggiungere la meta, Palazzolo sull'Oglio. ITINERARIO Distanza: 48,100 kmDifficoltà: facileFondo stradale: 75% sterrati, anche duri in alcuni brevi tratti, 25% asfalto Dislivello: 248 m  in salita, 312 m  in discesa (pendenza max: 7.9%, -4.8% Pendio medio: 0.9%, -0.8%)Profilo altimetrico: min 121 - max 248Adatto a: per tuttiTipologia di bicicletta consigliata: MTB, ibrida con buoni copertoniDurata media: 4 h ALCUNI PUNTI DI INTERESSE Parco Regionale del SerioIl Parco del Serio è un parco naturale che si sviluppa da Seriate lungo il fiume Serio fino alla sua foce nell'Adda. La fauna del parco presenta ancora significative presenze, da annoverare infatti è la presenza di una trentina di specie acquatiche, rettili e mammiferi.Info utili: Sede del Parco - Piazza Rocca, 1 - Romano di Lombardia (BG)Sito internet: www.parcodelserio.itGeolocalizzazione su mappa: 45.59722, 9.88446 (sede) Castello di Romano di LombardiaConsiderato uno degli edifici storicamente più interessanti dell'intera zona, la Rocca è caratterizzata come ogni castello di pianura di quattro torri e di un cortile interno. La struttura aveva prettamente una funzione militare e solamente in seguito avrà funzione abitativa, quando verrà scelta dai podestà veneti come dimora. Info utili: Comune di Romano di Lombardia, Piazza Giuseppe Longhi.Sito internet: www.comune.romano.bg.itGeolocalizzazione su mappa: 45.59722, 9.88446 Parco Regionale dell’Oglio NordIl Parco dell’Oglio Nord tutele il territorio lungo il fiume dalla sua uscita dal Lago d’Iseo sino al confine con Ostiano dove inizia il Parco Regionale dell’Oglio Sud. Tra i mammiferi sono stati avvistati la volpe e lo scoiattolo. Copiosa è l'avifauna.Info utili: Piazza Giuseppe Garibaldi, 1 – Orzinuovi (BS) Telefono: 030 9942033Sito internet: www.parcooglionord.itGeolocalizzazione su mappa: 45.404006, 9.925116 (sede) Rocca di Cividate al PianoRisalente al XII secolo, di questa fortificazione si conservano oggi alcuni tratti di muro in ciottoli fluviali, tracce di fossati e resti del portale d’ingresso. La sua elevata posizione permetteva il controllo delle vie della pianura bresciana.Info utili: Comune di Cividate al Piano, Piazza Giovanni XXIII.Sito internet: www.comune.cividatealpiano.bg.itGeolocalizzazione su mappa: 45.55593, 9.83549 Rocca Magna di Palazzolo sull'OglioCostruita sulla riva sinistra dell’Oglio tra il IX e il X secolo, fu una vera e propria rocca, detta Rocha Magna (ovvero un fortilizio occupato da un presidio militare), inserita nell’antico sistema di fortificazioni a difesa del castrum Palatioli.Info utili: Comune di Palazzolo sull'Oglio, Via XX Settembre, 32.Sito internet: www.comune.palazzolosulloglio.bs.itGeolocalizzazione su mappa: 45.59722, 9.88446 Chiesa di Santa Maria Assunta a Palazzolo sull'OglioEretta su un edificio precedente, il progetto venne indetto dalla stessa città di Palazzolo, che organizzò la nuova costruzione tra il 1751 e il 1782. Venne progettata dal celebre architetto Giorgio Massari. Geolocalizzazione su mappa: 45.59844, 9.88358
Da Seriate a Palazzolo

La Valsassina e le Grigne

Dalle escursioni in giornata adatte a tutti, alle arrampicate sulle pareti verticali delle Grigne, fino agli splendidi trekking che portano ai rifugi
La Valsassina e le Grigne