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Cinema a Pavia: la città attraverso la cinepresa

La città di Pavia, come alcuni luoghi in provincia, è scenario di pellicole che hanno fatto la storia del cinema italiano
Cinema a Pavia: la città attraverso la cinepresa

Terme di Miradolo

Cascate d'acqua, docce emozionali e massaggi al cioccolato. Tra le colline che amava Petrarca
Terme di Miradolo

Museo della Pipa

Museo che si trova a Brebbia e ci racconta la storia della pipa attraverso una collezione privata.

La Valsassina

La Valsassina si collega al ramo lecchese del Lago di Como grazie a due sbocchi, a Lecco e a Bellamo. Questo itinerario montano ci porta alla scoperta di una valle tra boschi e torrenti, i cui punti di forza sono la produzione casearia, le diverse varietà di funghi che si trovano nei suoi boschi e la grande presenza delle castagne.  La partenza del percorso è Barzio dove è posta la Comunità montana e dove troviamo il Museo della Fornace.Superiamo con un piccolo tunnel la statale altamente frequentata.Continuiamo su questo percorso arrivando a Primaluna, dove nella piazza principale troviamo il Museo etnografico e la Chiesa Parrocchiale con la torre medievale, sino ad arrivare poi a Cortenova, dove finisce la pista. Occorre, quindi, riprendere la statale fino a circa 500 metri, dopo la galleria di Bindo, dove sulla sinistra si ritrova il sentiero sterrato.Dopo un breve tratto sterrato riprende la strada asfaltata che porta fino alla fine della ciclabile che raggiunge Tartavalle, antica località termale.  ITINERARIODistanza: 13.6 kmDifficoltà: facileFondo stradale: asfalto e sterratoDislivello: 171 m, - 355 m (Pendenza max: 40.2%, - 43,1% Pendio medio: 4.2%, -3.2%)Adatto a: tuttiTipologia di bicicletta consigliata: MTB e ibridaDurata media: 1 h (solo andata) ALMENO CINQUE PUNTI DI INTERESSE Museo della fornace a BarzioIl museo è stato aperto recentemente e contiene qualche attrezzo, in prestito dal Comune di Vendrogno e Premana- All'interno due schermi raccontano la storia dell’alpinismo. Geolocalizzazione su mappa: 45.94248, 9.45357   Chiesa dei Santi Pietro e Paolo a PrimalunaLa parrocchiale, dedicata ai Santi Pietro e Paolo, è affiancata da un antico campanile romanico. All'interno vi sono numerose tele del 500 e del 600, compresi tre quadri della scuola di Tiziano.Geolocalizzazione su mappa:45.98698, 9.4298  Museo Etnografico di PrimalunaIl Museo conserva oggetti della vita quotidiana contadina che si svolgeva in Valsassina tra fine ’800 e primo ‘900. Racconta la storia ed i modi di vivere di questa comunità. Geolocalizzazione su mappa: 45.98719, 9.42974   Parco Minerario di CortabbioLungo il percorso della miniera si incrocia il bianco filone mineralizzato di Barite e si raggiunge la maestosa caverna da dove si è estratto il minerale negli ultimi 30 anni. Info utili: http://miniere.valsassina.it/Geolocalizzazione su mappa: 45.98392, 9.40536   Terme di Tartavalle a TacenoEx stazione termale, il sito di Tartavalle divenne famoso nell'Ottocento grazie alla scoperta della presenza di una sorgente di acqua minerale. Oggi fa parte del complesso anche il Birrificio.Geolocalizzazione su mappa: 46.0198, 9.35627
La Valsassina

Lago d'Iseo: scoprilo dalla terra e dall'acqua

Un giorno, due visite guidate: al borgo di Iseo e a Monte Isola con tour privato in barca delle 3 isole

Greenway del Lario

Alla scoperta di paesaggi inaspettati sul Lago di Como
Greenway del Lario

Una montagna piena di bei fiori

Sentiero dei fiori a Oltre il Colle, tracciato dedicato a Claudio Brissoni
Una montagna piena di bei fiori

Da Cassiglio al Rifugio Lecco

La prima parte del percorso si sviluppa nel bosco per poi proseguire attraverso pascoli aperti fino ai Piani di Bobbio che sono una stazione sciistica della Valsassina in provincia di Lecco. Dall’antico borgo di Cassiglio, all’altezza della chiesa parrocchiale si imbocca la carrozzabile asfaltata che scende e attraversa il torrente Stabina. Oltrepassata una breve galleria, scavata nella viva roccia, la valle si allarga e ci si ritrova a costeggiare il lago artificiale di Cassiglio. Superato sulla sinistra un piccolo bar, si prosegue lungo la strada asfaltata che costeggia il torrente. Prima che la strada prenda a salire, sulla sinistra si stacca una larga mulattiera evidenziata da un cartello con indicati i tempi di percorrenza dell’intero percorso delle “Orobie Occidentali” e alcune semplici, ma importanti indicazioni. Si continua a salire nuovamente nel bosco e, dopo aver superato un traliccio dell’alta tensione, in pochi minuti si raggiunge il Passo Baciamorti. Dal passo è possibile spaziare con lo sguardo lungo la verdeggiante Valle Asinina mentre, in quota, sono visibili i vasti pascoli dei Piani dell’Alben dove è sito il Rifugio Angelo Gherardi.Lasciato il passo si prosegue salendo a mezza costa, in leggera salita, attraverso i pascoli del Pizzo Baciamorti fino alla Baita Rudera; si costeggia poi il Monte Aralalta e, dopo un tratto in salita, si raggiunge la sommità di un dosso erboso dove si trova la Baita di Cabretondo sulla linea dell’antico confine della Repubblica di Venezia. In breve si supera la bocchetta di Regadur, dove si nota la piccola Baita Regina, punto di raccordo con il sentiero che sale dal Rifugio Angelo Gherardi. Si percorrono gli ampi pascoli aperti fino a raggiungere in piano il passo deII’Aralalta, su alcune carte indicato come Passo di Sodadura. Si continua giungendo in vista del Rifugio Cazzaniga-Merlini, posto su di un piccola altura nella parte alta degli impianti di risalita dei Piani di Artavaggio. A sinistra, si trova il Rifugio Nicola. Successivamente si risale in direzione del colle posto fra la Cima di Piazzo e lo Zuccone Campelli. Si giunge alla Baita Bocca da dove si continua dirigendosi ai piedi delle pareti rocciose dello Zuccone Campelli. Dalla baita si scorge la Cornetta, bella cima e anche balcone naturale su Valtorta e la Valle Stabina. Il percorso si snoda lungo il versante Nord-Est dello Zuccone Campelli ed è caratterizzato da tratti piani seguiti da leggeri saliscendi che la particolare conformazione delle rocce calcaree rende obbligatori. Raggiunto un ripido canale, posto fra lo Zucco Barbesino e la Corna Grande, lo si risale fino a raggiungere la stretta bocchetta dei Megoffi che immette nell’omonima valle. Poco oltre, si giunge in vista del Rifugio Lecco collocato all’inizio del Vallone dei Camosci con alle spalle le “dolomitiche” pareti dello Zucco Barbesino e dello Zuccone Campelli, mentre più in basso è visibile la verdeggiante Conca Pascoliva dei Piani di Bobbio.
Da Cassiglio al Rifugio Lecco

Rifugio Benigni- Rifugio Cà San Marco

Lasciato il rifugio Cesare Benigni (2.222 m) si prende in direzione dell’asta portabandiera. Con ripidi tornanti, lungo un tracciato dal fondo sconnesso, si scende verso l’ampia conca erbosa fino all’inizio di un ripido canale roccioso percorso dall’acqua. Si discende per un centinaio di metri, quindi, lungo uno stretto, ma inciso sentiero, si percorre la base della bastionata rocciosa della Cima Piazzotti Orientale, ottima palestra d’arrampicata. Raggiunto un bivio si ignora il sentiero che scende a destra e si prosegue in direzione del passo di Salmurano (2.017 m) che si raggiunge con breve salita. Dal passo, antico e importante punto di collegamento con la Val Gerola, si procede in direzione di un traliccio ENEL lungo un agevole tracciato che sfrutta i camminamenti militari. Si continua poi a mezza costa, attorniati da cespugli di rododendro, mentre lo sguardo domina sulla sottostante valle di Salmurano e, attraversati diversi canali, alcuni dei quali percorsi dall’acqua, si raggiunge un ampio costone che si discende per ripido pascolo. Terminata la discesa si prosegue in piano e poco oltre una valletta s’incontra la baita Alta (1.997 m - 1h 15’ dalla partenza), situata nel suggestivo vallone dominato dalla cuspide del monte Valletto (fontana con acqua). Risalendo per una cinquantina di metri si raggiunge un’ampia spianata erbosa, nei pressi della vetta del monte Avaro.Su di un masso è indicata la possibilità di proseguire in quota aggirando il Pizzo Triomen oppure, in alternativa, di salire lungo il vallone detritico fino alla bocchetta Triomen (2.200 m) e poi abbassarsi fino a raggiungere i laghi di Ponteranica  (2.105 m), incastonati fra ripide pareti. Dai laghi si piega a destra lungo un primo tratto pianeggiante che dirige verso una costa erbosa quindi, seguendo le indicazioni, si scende fino a una bocchetta, punto d’incontro con il tracciato originale. Delle due possibilità, la più appagante sicuramente è la salita alla bocchetta Triomen con la successiva discesa ai laghi di Ponteranica, un angolo di Orobie che vale la pena ammirare. Escludendo la salita al passo, si prosegue per sentiero quasi piano fino ad affacciarsi sulla estesa conca pascoliva dei Piani dell'Avaro- Raggiunta una bocchetta lungo il crinale del Pizzo Triomen, si continua in leggera discesa verso un ampio pianoro erboso. Superata, a breve distanza, la baita Parisolo (1.819 m, 2h dalla partenza), si continua a mezza costa, lungo il fianco orientale dei monti Ponteranica e Colombarolo. Vinto un tratto in salita, lungo le pendici del monte Verrobbio, si prosegue fino al Piano dell’Acqua Nera (1.750 m) che, fra cespugli di pino mugo, si raggiunge in discesa lungo alcuni tornanti. Da qui, superato un corso d’acqua e prendendo a destra in leggera salita, ci si raccorda con il sentiero (segnavia CAI n° 161) che scende dal passo di Verrobbio e conduce all’ampio piazzale dove sorge il rifugio Ca' San marco  costruito a fine 1500 (1.830 m). Da qui si raggiunge il nuovo rifugio Passo San Marco 2000, distante pochi minuti, dove è possibile pernottare.  
Rifugio Benigni - Rifugio Cà San Marco

Passeggiata per i borghi intorno a Stazzona

Sul versante occidentale dell'alto Lario, alle porte della Valle Albano in provincia di Como, l'ambiente è molto suggestivo. A Stazzona ancora sopravvivono le testimonianze di un architettura rurale tipica della zona, le caratteristiche costruzioni con il tetto di paglia di segale. Un itinerario all'ombra dei boschi che circondano i paesi di mezza montagna adatto a tutti. Da Dongo, sulla costa occidentale del Lago di Como, seguendo la strada provinciale 5 ci si dirige a Stazzona. Troviamo parcheggio lungo Via alla Chiesa (505 m), nella zona del cimitero e della piazzetta tra la parrocchiale di San Giuliano e il municipio. Qui prende il via l’escursione seguendo le indicazioni dello Stazzona trail fino alla frazione Morbio e poi continuando per Cassia. Prati e aree coltivate caratterizzano l’ambiente fino a Germasino. Nel centro del paese si possono ammirare le tipiche strutture delle masun. Si sale ora verso i monti e una mulattiera conduce al bell’insediamento detto L’Avolo, dove non mancano altre masun. Stiamo ora camminando su un tratto (il numero 4) della via dei Monti lariani, che attraversa completamente i pendii che si alzano dalla riva ovest del lago di Como. La meta successiva è Sant’Anna di Germasino e vi si arriva dopo avere attraversato un bosco di castagni ed essersi lasciati alle spalle l’area attrezzata del Lake Como adventure park. Ci immettiamo brevemente sulla strada che sale alla bocchetta di Sant’Anna, che percorriamo nella direzione opposta fino al tornante con l’indicazione per Cagnavo. Rieccoci sul tracciato dello Stazzona trail, che non abbandoneremo più fino al parcheggio da dove è cominciata la nostra camminata.Prati da sfalcio, boschi, uno spettacolare panorama sul lago e una parte della valle Albano ci fanno da cornice. Superato un tratto con traccia labile eccoci a Torre. Anziché scendere, optiamo per una breve deviazione in località La Costa regalandoci una bella veduta sulla bassa Valtellina, le montagne dell’alto Lario e della Valle del Liro. Da 980 metri di quota, il punto più alto del percorso, ci si riporta in 3 minuti a Torre e su mulattiera ci riabbassiamo verso Stazzona. Interessante il passaggio alle Tre Cappelle di Sariva, edificio religioso voluto dai fratelli Cetta, stazzonesi emigrati in Inghilterra, a Londra, nel XIX secolo. Fecero fortuna con la fabbricazione di barometri e termometri. Ricordano San Giuliano, patrono di Stazzona, San Jorio, protettore del passo di cui si parla nell’articolo, e la crocifissione di Gesù. Usciti dal bosco, sopra la frazione Villa godiamo di una bellissima veduta. Il campanile della chiesa parrocchiale ci indica che l’itinerario tra le masun sta per concludersi. - Ph: Paolo Ortelli
Passeggiata per i borghi intorno a Stazzona

Ammirando ampi panorami, su strade militari

Questo facile itinerario porta alla scoperta di strade militari e resti di fortificazioni regalando punti d’osservazione assai ricchi piuttosto che reperti bellici.   Nelle giornate di cielo terso dalla cima della Punta di Mezzo l’osservatore può scorgere un panorama che va dal Sasso del Ferro a Laveno, sul Lago Maggiore, fino a Luino con il Limidario e il Gambarogno, la Valcuvia e Valtravaglia fino al Monte Generoso in Svizzera. La partenza è da Campo dei Fiori, un massiccio montuoso che si trova nella sezione delle Prealpi Luganesi, a nord della città di Varese dove è possibile lasciare la propria automobile nello spiazzo davanti all'Osteria Irma, oppure facendo un paio di tornanti in più, all’inizio della strada privata che porta al piazzale del Belvedere e quindi all' Osservatorio Astronomico GV Schiaparelli. Il sentiero da imboccare è sulla destra ed è segnalato con il numero 1, si procede fino a raggiungere l’intersezione che si dirama sulla destra e sale nel bosco fino a Punta di Mezzo. Si raggiunge così una radura dove a sinistra si trova un punto panoramico e un ampio prato rivolto a sud verso il lago di Varese. A destra invece il sentiero continua ripido e sale fino alla cima della Punta di Mezzo (1227 m), la cima più alta del comprensorio del Campo dei Fiori.Si scende qualche metro indietro rispetto al cartello nelle immediate vicinanze della cima e si imbocca a sinistra il sentiero che percorre la cresta del Campo dei Fiori.Più avanti si giunge ad un cartello che indica a sinistra il Sentiero 1, lo si segue di nuovo, iniziando così una ripida discesa nel bosco che conduce in località Merigetto, tra la punta dallo stesso nome e la Punta di Mezzo. Ci si ritrova quindi sull'ampia strada militare che arriva dal Belvedere (inizio dell’itinerario) che è possibile seguire al posto del tracciato appena percorso se si preferisce una camminata più tranquilla. La vista sui laghi di Varese, Comabbio, Monate e Maggiore accompagna il camminatore fino alla fine. Seguendo ancora la strada militare per una ventina di minuti, giunti nei pressi di un bivio, si hanno due possibilità: si imbocca il sentiero direttissimo che taglia i tornanti della strada militare e giunge rapidamente in cima al cosiddetto Forte di Orino, oppure si prosegue sul sentiero principale.Arrivati in cima, ci si trova di fronte ad un ampio prato tra i resti delle fortificazioni del Forte di Orino appartenente alla “Linea Cadorna”, tratti di muro di pietra che spuntano tra l’erba alta e l’edera, con incavi al suo interno, con lo scopo di alloggiare le armi, da qui il panorama si apre ancor di più e si scorgono le Prealpi Luganesi, le Alpi Piemontesi e Centrali ed il Verbano, nonché la Pianura Padana Occidentale ed i laghi Varesini. Dopo una sosta per ammirare il paesaggio, si ridiscende sulla strada militare, seguendola a ritroso per circa un’ora tra panorami aperti e boschi fino al piazzale del Belvedere.
Ammirando ampi panorami, su strade militari

La glaciale Valle dei Forni

Il cammino ad anello qui proposto, permette di percorrere tutta la valle dei Forni, posta al centro del gruppo Ortles – Cevedale, una vallata di origine glaciale percorsa dall’impetuoso torrente Frodolfo alimentato dal ghiacciaio, le cui pendici sono tappezzate da radi boschetti di larici. Lo spettacolo di questo luogo è soprattutto dato dall’incredibile veduta sull’imponente ghiacciaio dei Forni, il più grande ghiacciaio vallivo italiano, che diviene ben visibile già a pochi minuti di camminata dal parcheggio e che rende questo luogo assolutamente unico in tutte le Alpi centrali. Il sentiero è ben segnalato con diverse indicazioni colorate sulle rocce e con moltissimi cartelli posti nei bivi principali. Nonostante sia classificato come escursionistico, i tratti complicati sono veramente pochissimi e, con un po’ di attenzione, può essere percorso da tutti. Anche se in autunno si potrebbero incontrare dei tratti completamente ghiacciati. Per questa ragione è assolutamente consigliato controllare l’eventuale presenza di neve e portare con sé dei ramponcini se si ha intenzione di affrontare il trekking da inizio ottobre in poi. Dopo la prima nevicata consistente comunque si consiglia di evitare questo itinerario, a favore di altre proposte più semplici che hanno come punto di partenza il parcheggio dei Forni o direttamente il paese di Santa Caterina. Dal paese di Santa Caterina in Valfurva, imboccando la strada comunale dei Forni, si ha accesso alle valle dei Forni. Il percorso affronta la salita lungo il versante destro, per poi raggiungere la base del ghiacciaio e i ponti tibetani posti proprio dove nasce il torrente. La discesa avviene invece lungo il versante opposto, con la possibilità di fare una sosta al Rifugio Branca. Il Sentiero Glaciologico è probabilmente il tracciato migliore per poter vivere pienamente l’esperienza di una camminata in un luogo così suggestivo. In primavera la valle è infatti famosa per le sue bellissime fioriture e le mandrie di animali al pascolo; non sarà inoltre raro vedere marmotte, camosci ed ermellini. In autunno l'esplosione dei colori è invece da ricercare sulle chiome dei numerosi larici sparsi all’inizio della vallata. Qualunque sia il periodo da voi scelto però la bellezza del ghiacciaio e la maestosità delle Tredici Cime che lo sovrastano rimarrà la stessa. Per arrivare al parcheggio bisogna raggiungere il paese di Santa Caterina, dove è necessario acquistare un ticket dal costo di 5 euro presso l’ufficio turistico. In bassa stagione e durante alcune giornate lavorative le regole però potrebbero cambiare, mentre in certi periodi la strada potrebbe venire chiusa; per questo è consigliato contattare anticipatamente l’ufficio turistico del paese. Da Santa Caterina si imbocca la strada comunale dei Forni lunga circa 4 km che, sebbene presenti alcuni tratti un po' stretti, è comunque sempre asfaltata e ben tenuta.Al termine della strada si giunge ad un ampissimo parcheggio sterrato. I posti auto sono moltissimi, ma in piena estate c'è sempre un alto afflusso di persone, con conseguente rischio di non trovare uno spazio libero. Appena usciti dall’auto si nota immediatamente il Rifugio Forni, posto in una posizione sopraelevata a pochi passi dall’area di parcheggio più alta. È incredibile pensare come un tempo in inverno il ghiacciaio si estendesse fino a qui, andando di fatto a coprire l’intera valle. Negli ultimi 150 anni il progressivo ritirarsi della massa di ghiaccio è stato costante e dagli inizi del 1900 la superficie si è ridotta del 36%. Proseguendo nella camminata saranno sempre più evidenti le tracce di questo triste fenomeno. Per imboccare il sentiero bisogna raggiungere una grande bacheca posta alla fine del parcheggio, si gira quindi a destra e si attraversa il torrente; qui un cartello segna l’inizio del sentiero Glaciologico Basso (524) e di quello Alto (520), che nella prima parte coincidono. Il tratto prosegue ora lungo una singolare scalinata fatta interamente di rocce e, dopo una breve salita, si addentra in un piccolo boschetto di larici.In autunno questa prima parte del sentiero è un vero spettacolo per via dei colori giallo e arancione dell’erba e delle chiome degli alberi. Sfortunatamente da qui non è ancora possibile ammirare il bianco intenso del ghiacciaio dei Forni, ma anche così vale sicuramente la pena fermarsi per qualche scatto. Il sentiero prosegue con una salita costante ma non troppo impegnativa fino alla deviazione con il sentiero Glaciologico Alto. Data la stagione autunnale, il tratto proposto è quello del sentiero Glaciologico Basso, sia per poter rimanere ad una quota inferiore sia per poter ammirare meglio i larici, i quali sono del tutto assenti nel tratto più alto. In estate invece la scelta dipende dal tempo a disposizione e dal dislivello che si ha intenzione di percorrere. Entrambi i sentieri comunque si ricongiungono dopo pochi chilometri, in corrispondenza dell’ultimo tratto prima dell’arrivo al ghiacciaio. Girando a sinistra si rimane quindi sul sentiero CAI 524, che prosegue a mezza quota con diversi saliscendi mai impegnativi. Per lunghi tratti il sentiero diviene quasi pianeggiante e permette di godersi appieno la camminata in mezzo al bosco. Giunti circa a quota 2.250 m gli alberi iniziano a lasciare spazio alla classica vegetazione di alta montagna ed è proprio in questa parte che finalmente la vista può aprirsi all’incredibile bellezza del ghiacciaio e alla cima innevata del monte di Peio. Tanti piccoli ruscelli cristallini, una spruzzata di neve sui pochi arbusti rimasti ed in lontananza un’enorme massa di ghiaccio bianco: sono questi gli scorci che regala la Valle dei Forni. Proseguendo il sentiero si sposta sempre di più verso il centro della valle fino al raggiungimento della deviazione per il Rifugio Branca (situato sul lato opposto del torrente). Per chi non ha più fiato c’è quindi la possibilità di concludere qui la salita verso il ghiacciaio e proseguire lungo un sentiero molto più dolce che in 30 minuti conduce al rifugio. Per tutti gli altri il mio consiglio è quello di ignorare il cartello con l’indicazione per il rifugio e proseguire andando dritti, senza però scordarsi di una piccola deviazione per visitare i due ponticelli in legno che, al centro della valle, consentono di superare il torrente e raggiungere il rifugio. Quello che inizia ora è probabilmente il tratto più complesso: da quota 2.300 m bisogna raggiungere i 2.500, lungo un sentiero che si fa sempre più stretto e con un fondo molto roccioso e sconnesso. In autunno diversi tratti purtroppo si coprono di ghiaccio per via dei numerosi ruscelli che li attraversano. Se le lastre di ghiaccio non sono troppo estese è possibile deviare brevemente fuori dal sentiero rimanendo su tratti più asciutti, in caso contrario è assolutamente necessario utilizzare dei ramponcini. Per informarsi riguardo lo stato del sentiero è possibile contattare l’ufficio turistico di Santa Caterina o di Bormio. In alternativa è possibile accedere al sito del rifugio Branca per visionare le immagini della webcam installata sul tetto, che inquadra proprio questa parte del sentiero. Si prosegue quindi su un tratto abbastanza ripido e dopo un paio di tornanti si scorge il segnale con l'indicazione del sentiero Glaciologico Alto.Appena dopo la ricongiunzione con il sentiero alto inizia quella che probabilmente è una delle aree paesaggisticamente più spettacolari dell'intera escursione. Le enormi cime rocciose coperte di neve sono ormai vicinissime e attorno al sentiero si estende un paesaggio ricco di detriti morenici depositati dalla lenta azione del ghiacciaio. Camminando su un fondo sassoso e superando una piccola frana, si giunge su un'enorme formazione rocciosa rossastra caratterizzata da una superficie levigata e ricca di piccole concavità dove si deposita l'acqua; una volta il fronte del ghiacciaio arrivava fino a qui e nel corso degli anni ha completamente lavorato la parete di roccia. Ancora un piccolo sforzo e finalmente si compie l'ultimo tratto di salita. La vista si apre ora alla vasta piana rocciosa posta alla base del ghiacciaio. Qui detriti, terra scura e enormi massi ferrosi si mescolano, dando vita ad un paesaggio disordinato, quasi malinconico, ma comunque molto affascinante. Scendendo tra piccoli omini di pietra, facendo sempre attenzione ai tratti ghiacciati, ci si può ora anche voltare verso il punto di partenza per osservare tutto il tratto percorso lungo la parte bassa della Valle dei Forni. Il paesaggio da qui è dominato dal massiccio del Gran Zebrù (3.856 m). Da questa posizione la valle risulta essere abbastanza anonima per via dei colori spenti dell'erba, ma guardando in lontananza si scorgono delle punte d'arancio: il piccolo bosco accanto al parcheggio. Proseguendo lungo il sentiero, in 5 minuti si raggiunge il primo ponte tibetano che permette di superare un piccolo fiumicello. Il primo ponte è lungo solamente pochi metri ed è ben saldo, il secondo invece è molto più alto e passa proprio sopra un tratto particolarmente impetuoso del torrente. Se non avete mai percorso un ponte tibetano camminarci sopra sarà sicuramente una bella esperienza. Il ponticello è interamente chiuso da corde metalliche, con le quali ci si può tenere, quindi non c'è assolutamente nessun pericolo. Appena prima del secondo ponte, ci si trova proprio al centro dell'enorme depressione del terreno creata dall’azione del ghiacciaio; questo è probabilmente il punto migliore per ammirarlo nella sua interezza. Dinanzi a questa bellezza è veramente impossibile rimanere indifferenti, anche se lo stupore non può che lasciare presto spazio ad un certo senso di amarezza: la massa di ghiaccio ha delle forme spezzate, in lontananza sono evidenti diversi crolli ed il fronte più vicino è sporco e ricoperto di detriti. Purtroppo il cambiamento climatico non sta lasciando scampo a questo spettacolo della natura ed oggi il ghiacciaio dei Forni non esiste più come massa unitaria, ma si è diviso in tre colate distinte (orientale, occidentale e centrale) ben visibili da questa posizione, Il sentiero prosegue dritto verso il Rifugio Branca, ma è comunque possibile provare ad avvicinarsi maggiormente alla lingua di ghiaccio più bassa. Svoltando a destra quindi è possibile incamminarsi lungo un sentiero pressoché in piano fino al raggiungimento di un piccolo laghetto generato dallo scioglimento del ghiaccio.Camminando lungo la costa del piccolo specchio d'acqua si ha la fortuna di ammirare il ghiacciaio dei Forni da una posizione veramente privilegiata, mentre aggirando il lago sulla destra è possibile avvicinarsi ulteriormente. Il progressivo scioglimento sta causando continue variazioni nella superficie del ghiacciaio: l'altezza della parete sta via via diminuendo e all'interno della stessa si formano e vengono distrutte costantemente delle piccole grotte.È quindi assolutamente sconsigliato provare a entrarci o provare a camminare sopra l'area del ghiacciaio se non si è esperti o accompagnati da una guida.In generale tutto questo tratto alternativo deve essere percorso con molta cautela valutando attentamente i pericoli. Se non ve la sentite non c'è nessun problema, perché la vista è comunque magnifica anche dal sentiero principale. Superato il secondo ponte si giunge all'ennesimo punto estremamente panoramico di questa escursione: un piccolo laghetto che riflette alla perfezione il monte Gran Zebrù.Dopo qualche scatto si riprende la discesa verso il Rifugio Branca, dove il sentiero 520, dopo un ampio tornante sinistrorso, affronta la discesa all'interno di un canalone. Questo brevissimo tratto è abbastanza ripido e parecchio scivoloso per via della presenza di un fiumicello che si riversa sulle rocce. Non ci sono cordini o catene con i quali tenersi, quindi bisogna procedere con passo fermo e facendo molta attenzione.Superato questo tratto un po' tecnico, il sentiero ricomincia a tagliare in mezzo ai prati della valle dei Forni e in pochissimi minuti ci conduce alla base del Rifugio Branca.Il rifugio è chiuso nel periodo autunnale, per conoscere i periodi di apertura è conveniente consultare il loro sito web.Nello spiazzo erboso sottostante al rifugio la veduta non è paragonabile a quella visibile dai ponti, ma è comunque difficile non fermarsi per ammirare il panorama. La traccia descritta prevede ora di scendere lungo il sentiero numero 524.Questo tratto è di fatto un'ampia strada sterrata che serve per raggiungere il Rifugio Branca in jeep direttamente dal parcheggio del Rifugio Forni. La discesa quindi prosegue molto spedita e senza particolari scorci differenti rispetto all'andata. Essendo così ampia e ben battuta, la strada può anche essere tranquillamente percorsa di notte con una torcia, magari dopo aver passato il tramonto proprio alla base del ghiacciaio. In poco più di mezz'ora così si raggiunge nuovamente il parcheggio. Nel periodo estivo è possibile spezzare in due l'escursione fermandosi per pranzo al Rifugio Branca. Da settembre/ottobre il rifugio è però chiuso, per questo sarà necessario portarsi il pranzo al sacco oppure decidere di mangiare alla fine dell'escursione proprio al Rifugio Forni o al Rifugio Stella Alpina, posto pochi chilometri più a valle lungo la strada che da Santa Caterina conduce al parcheggio. - Ph: Stefano Poma
La glaciale Valle dei Forni