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Infopoint Terre del Vescovado

I borghi, le vigne e i colli del Serio
Terre del Vescovado

Infopoint Darfo Boario Terme

Natura, cultura, sport, benessere, storia, cibo o tradizioni? Non scegliere, vieni in Valle Camonica, la "Valle dei Segni" dove tutto è possibile.
Parco delle Terme di Boario

Miniera di Paglio Pignolino (BG) e dintorni

Nel comune di Dossena si trova il comprensorio minerario forse tra quelli di più antica coltivazione della montagna bergamasca. La zona è costituita da un distretto minerario ed estrattivo molto ricco e variegato. Qui in passato si estraeva: fluorite, calamina, galena e calcite.I visitatori della Miniera avranno l'opportunità di entrare nella galleria, esplorare tutti gli ambienti tipici “minerari”: la stanza della coltivazione, pozzi, camini e discendenti, nonché anche gli antichi strumenti utilizzati nella miniera.  Dopo la visita alla miniera si prosegue per il Museo minerario della miniera Paglio-Pignolino, grazie al Comune di Dossena e all'Associazione Miniere di Dossena, oggi alcune gallerie sono state parzialmente restaurate e riaperte al pubblico, tornando ad essere sicure e praticabili. All'interno della miniera si possono vedere i resti delle attività minerarie e gli oggetti quotidiani utilizzati dai minatori, come lattine di cibo o abiti da lavoro per il pranzo.  Si prosegue l’itinerario con Camerata Cornello antico borgo situato sulla Via Mercatorum, che collega Bergamo e la Valtellina. E' un piccolo comune su un costone roccioso che si affaccia sul fiume Brembo ed è uno dei Borghi più belli d'Italia. Il comune associa il suo nome con l'antica famiglia Tasso, nota per le capacità poetiche di Torquato Tasso e le capacità imprenditoriali di alcuni dei fautori che hanno inventato il moderno sistema postale. Ancora oggi il borgo è raggiungibile solo a piedi tramite una comoda mulattiera. Uno dei punti salienti del paese è il ben conservato museo di storia del servizio postale, il lungo isolamento iniziato alla fine del XVI secolo ha infatti conservato l'originaria struttura. Il Museo dei Tasso e della storia postale, offre diverse opportunità di visite guidate, su prenotazione, rivolte sia a singoli visitatori, sia a gruppi di adulti e bambini sia alle scuole, per scoprire la storia della famiglia Tasso e il territorio circostante, ricco di spunti e di luoghi di notevole interesse culturale e artistico. Scendendo verso Oneta si incontra la Casa Museo di Arlecchino si trova all’interno di Palazzo Grataroli nel borgo di Oneta ed è di proprietà del Comune di San Giovanni Bianco. Il nome “Casa di Arlecchino”, con cui è comunemente conosciuto il palazzo signorile del borgo, è legato all’attore rinascimentale Alberto Naselli, che rappresentò lo Zanni e Arlecchino nelle principali corti europee e che, secondo la tradizione, soggiornò nel palazzo di Oneta, ma non ci sono fonti documentarie in grado di provarlo.La Casa conserva una selezione di maschere dei personaggi della commedia dell’arte e ospita, dal 2015, un teatro stabile di burattini della Compagnia del Riccio, in cui sono messe in scena brevi storie in occasione delle visite guidate delle scolaresche e di eventi particolari. Il Museo è inoltre sede di laboratori didattici e di visite guidate lungo la Via Mercatorum organizzati dal Polo Culturale Mercatorum e Priula. Il tour prosegue la visita al paese di Dossena. Il paese è meta di villeggiatura, grazie alla sua posizione invidiabile, che garantisce aria tranquilla e fresca e numerosi itinerari naturalistici adatti a tutti gli utenti.Nel 1500 Leonardo da Vinci visitò Dossena per studiare giacimenti e minerali. Il maestro si è innamorato della natura e dell'atmosfera del piccolo paese di Dossena, e dell'intera vallata. Una delle sue mappe della zona è conservata in una tavola del Codice Windsor, preziosa collezione del Royal College di Londra. Il primo battistero del Brembano è a Dossena. L’ Arcipresbiterale di Dossena è paragonabile nel numero di opere conservate a una pinacoteca, come il martirio di san Giovanni Battista e san Rocco con due santi di Paolo Veronese (XVI secolo), il polittico del battesimo di Gesù e dipinti di Carlo Ceresa e Pieter Paul Rubens, solo per citarne alcuni. L'importanza del patrimonio artistico è sottolineata da un'iscrizione che ricorda come i Dossenesi li abbiano sempre protetti e preservati nonostante carestie ed epidemie. A Dossena si possono gustare i sapori unici di prodotti tipici come formaggi, salumi e pregiata birra artigianale. Molti ristoranti propongono menù tradizionali, e gli agriturismi della zona sono veri protettori del gusto e della tradizione. Dossena è per tutti: famiglie con bambini, gruppi di amici, ma anche amanti del cibo e della natura. Considerando che è sulla strada, si consiglia una visita alla scoperta di San Pellegrino, dove si trova la famosa acqua in bottiglia, all'inizio del XX secolo, era una famosa meta turistica dell'alta borghesia. Per le sue strade si possono rivivere i fasti della Belle Epoque, quando regine, premi Nobel e diplomatici frequentavano il Grand Hotel, dilapidavano i loro risparmi nei casinò, e trascorrevano il tempo tra terme e locali alla moda. Seguiremo poi l'evoluzione degli stili architettonici: dal Liberty all'Art Dèco fino all'austero Tempio dei caduti, simbolo della fine di un sogno di benessere e spensieratezza.

Castello di Padernello

Il Castello di Padernello, situato a Borgo San Giacomo (BS), ospita oggi uno dei due "Mercati della Terra" di Slow Food della Lombardia
Castello di Padernello

Il nucleo storico di Pisogne

Il centro abitato di Pisogne deve il proprio sviluppo principalmente all’istituzione di un importante mercato, incentrato sulla piazza e sul porto. La posizione in testa alla sponda bresciana del lago e la conseguente possibilità di organizzare un facile accesso alla via d’acqua rappresentata dal Sebino fecero sì che Pisogne, nonostante la natura difficile di un luogo stretto fra le paludi della foce dell’Oglio, potesse diventare il naturale terminale mercantile della Valle Camonica. Fra le ipotesi sull’origine del nome, la più convincente è forse quella suggerita da Guerrini, secondo la quale Pisogne deriverebbe da -oneis, nome locale che indica l’albero dell’òntano. Si può aggiungere che la radice pis- deriva con ogni probabilità da post (così come pos- e pus-, presenti con una certa frequenza nella toponomastica). Il nome indicherebbe così una località situata dopo gli ontani, con riferimento quindi a un bosco di tale specie che doveva trovarsi nel piano a nord del lago. Nonostante alcuni sporadici ritrovamenti archeologici di epoche precedenti, il centro sembra assumere importanza nel Medioevo. I primi documenti noti riguardano diritti di decima detenuti dall’episcopato veronese nel IX secolo e, successivamente, alcune proprietà del monastero bresciano di San Faustino. Probabilmente all'XI secolo risale la pieve, isolata a nord dell'abitato La documentazione storica diventa significativa a partire dal Duecento, grazie all’egemonia vescovile sul territorio e alla conseguente produzione di carte, conservate oggi nell’archivio della Curia bresciana. Si ha notizia di contrasti fra il vescovo e il comune di Pisogne già nel 1195, risolti dieci anni più tardi con la cessione alla comunità dei terreni oltre l’Oglio. Fra i documenti spicca per la quantità di informazioni il designamento dei beni vescovili del 1299, che offre un quadro dettagliato dei possedimenti e delle prerogative spettanti al vescovo sulle terre di Pisogne. Proprietà e diritti erano certamente di origine ben più antica e venne messo in atto in quel periodo, così come nelle altre pievi camune, un tentativo per ribadirli, evidentemente perché molti fattori avevano cominciato a metterli in discussione. Lo stesso villaggio fortificato di Pisogne era stato preso d’assalto solo una decina di anni prima dai ghibellini camuni, che rivendicavano l’autonomia della Valle dal comune cittadino. Il comune di Brescia aveva per questo episodio messo al bando diversi esponenti della fazione. L’esame del documento ha consentito di restituire il volto di Pisogne e di comprenderne meglio la struttura. Nel 1299 Pisogne appare come un castello, un abitato protetto da una cinta muraria dotata di due porte, con un’ulteriore fortificazione interna (il dongione) e un nucleo formato da diversi edifici che, per quanto semidistrutto all’atto della rilevazione, doveva aver costituito in precedenza il centro amministrativo della curia vescovile. All’interno delle mura era posta in posizione centrale la piazza del mercato. A fianco della piazza, la torre nel 1299 risulta in costruzione e avrebbe sostituito, anche come simbolo, i palazzi vescovili danneggiati dagli eventi bellici. La piazza divideva di fatto l’abitato in due parti: verso nord, lungo l’attuale via San Marco, si trovava un borgo fino alla porta dell’Ospedale; verso sud si sviluppava invece una villa. I due termini fanno riferimento a tipi di strutture insediative dalle precise caratteristiche. Il riferimento a un borgo in un documento medievale indica un abitato sviluppatosi con l’accostamento di case le une alle altre su entrambi i lati di una via centrale, di solito all’esterno di una cinta muraria e generatosi a partire da una porta urbana. In un secondo momento poteva poi essere incluso nella cerchia da nuove mura più ampie. Per contro, la villa è un abitato sparso, formato da edifici non necessariamente adiacenti, ma dotati di corti, orti e broli, anche in questo caso in origine generalmente non fortificato. Nel caso di Pisogne l’identificazione di un borgo già incluso al 1299 nella cinta muraria e a nord della piazza indica probabilmente che attorno ad essa doveva essere sorto nelle epoche precedenti il primo nucleo abitato, probabilmente già con una limitata fortificazione. In questo caso il borgo si sarebbe sviluppato lungo la direttrice della Valle Camonica, certamente a quell’epoca la via di terra più importante per Pisogne. Al culmine del borgo nel 1299 si trovava la porta verso la Valle, detta dell’Ospedale per la presenza poco oltre di un ricovero per viandanti. In età veneta (dal XV secolo), con ogni probabilità per la presenza dell’immancabile leone, assumerà il nome di Porta di San Marco, dando conseguentemente il nome alla via verso la piazza. Della porta non rimane traccia. Lungo la direttrice verso la valle sarebbe sorta nel Quattrocento la chiesa di Santa Maria della Neve, celebre per il ciclo del Romanino. L’espansione verso sud è verosimilmente più tarda: la villa appare come un’estensione dell’abitato pianificata, basata su una strada parallela al lago (la via Torrazzo) da cui scendono perpendicolarmente alla riva diversi assi minori. All’interno di questa griglia di strade cominciarono nel corso del Duecento a insediarsi alcune abitazioni, andando a occupare i lotti liberi, con un’edificazione inizialmente più rada rispetto a quella del borgo. Si riconosce un primo tracciato delle mura che doveva attestarsi all’incirca all’altezza della Via di Mezzo, come testimoniano i resti della Porta del Pozzo, ancora visibili lungo l’odierna via Torrazzo. A questa cinta faceva riferimento il fossato vecchio, così definito nel documento del 1299. Le nuove mura si estesero invece verso sud, andando a comprendere altre aree per le nuove abitazioni. La nuova porta venne aperta questa volta verso est, in un luogo chiamato lo Stagnadello, da cui il nome di Porta di Stagnagis (è ancora esistente e nota come Porta dei Monti). Il nome fa pensare che anche questa nuova parte dovesse essere protetta da un fossato o che perlomeno si fosse accostata ad aree naturalmente paludose. Lo sviluppo dell’abitato di Pisogne dei secoli successivi si concentrerà soprattutto in questa zona, mediante la saturazione dello spazio disponibile. Si renderà anzi necessario un nuovo ampliamento con la costruzione della contrada di Capovilla, con limite segnato dalla porta settecentesca ancora visibile. Al centro, la piazza costituiva l’elemento peculiare di Pisogne. In realtà dal documento risulta una suddivisione fra una piazza del mercato vera e propria, attestata sulla riva del lago, e una piazza più interna, definita come piazza del Comune. Le due piazze corrispondono allo spazio attuale compreso fra la torre del Vescovo e la chiesa parrocchiale: l’attuale piazza Umberto I è il frutto di un ampliamento che comportò l’avanzamento della linea di costa. Ancora sulle mappe catastali ottocentesche le piazze appaiono di forma allungata, sviluppandosi dal lago in profondità verso l’entroterra. È da notare tuttavia che le cortine di edifici, nel corso del tempo e in particolare a partire dal ‘400, si protesero verso lo spazio libero, grazie all’adozione dei portici: in questo modo si ricavò spazio ai piani superiori, ma al piano della piazza venne preservato l’uso per il mercato, verosimilmente per disposizione delle autorità comunitarie. La piazza in origine era chiusa da edifici residenziali o commerciali anche a est, e costituiva quindi uno spazio delimitato su tre lati da botteghe e spazi per il mercato. In questo settore è documentata nel Seicento una piccola chiesa dedicata a san Rocco. Questo assetto venne però rotto dalla costruzione, a cavallo fra XVIII e XIX secolo, della nuova chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, che comportò la demolizione della cortina orientale e lo sfondamento delle mura. L’intervento ha cambiato completamente la percezione dello spazio, che ora ha come fondale la facciata progettata attorno al 1769 dall’architetto bresciano Antonio Marchetti.   Alberto Bianchi  
Nucleo storico Pisogne - ph: visitlakeiseo

Passeggiando nel Parco del Curone

Il Parco del Curone, il cui nome completo è Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone, è un’area naturale protetta della Lombardia, situata nel territorio della Brianza lecchese.   Il tempo, all’interno del parco pare essersi fermato, qui le costruzioni industriali scompaiono improvvisamente per lasciare spazio a un suggestivo paesaggio caratterizzato da vigne, frutteti, prati, boschi e piccoli insediamenti rurali. Si tratta di un luogo ideale per le famiglie e per le persone poco allenate, in cerca di percorsi semplici da concludersi con un pranzo genuino in un ristorante tipico. Questo itinerario inizia in un parcheggio nei pressi della splendida chiesa di Sant’Ambrogio al Monte a Rovagnate. Si deve percorrere un sentiero sterrato salendo in mezzo ad un viale dei cipressi, verso un punto panoramico da dove si gode di una vista spettacolare sulla valle del Curone. In lontananza si scorge il borgo di Montevecchia. Il percorso si snoda in gran parte tra lussureggianti filari di vigneti e piantagioni di ulivi che, in questa parte della Brianza, godono di un clima particolarmente favorevole. Dopo qualche centinaio di metri pianeggianti, attraverso un sentiero costeggiato di rovi, si sale nuovamente verso la cima di una di quelle colline che chiamano “piramidi di Montevecchia”, sulla cui sommità si trova un antico monolite in pietra granitica sdraiato a terra; secondo recenti studi si ritiene che queste colline furono infatti modellate a forma di piramide in epoca celtica, come testimoniano indizi trovati nei sopralluoghi effettuati, tra i quali i resti di una cerchia muraria alta quattro metri a scopo difensivo. In particolare questa altura venne probabilmente adibita a osservatorio e santuario, ipotesi corroborata dalla presenza del monolite. Scendendo la collina si attraversa un bosco rigoglioso, fresco riparo dalla calura durante i mesi estivi, per poi costeggiare nuovamente lunghi filari di viti da vino. Si prosegue sempre in discesa verso il torrente Curone, passando dapprima per l’agriturismo Cascina Ratta, dove, oltre a pernottare, potrete degustare la cucina locale, e poi verso la Fattoria il Busarengo, altra tipica cascina del luogo che purtroppo giace abbandonata. Si attraversa un lungo tratto boschivo, in prevalenza castani, per giungere più in basso presso il torrente Curone seguendone il corso attraversando di tanto in tanto caratteristici ponticelli in legno lungo il sentiero numero 1. Giunti al rudere della Cascina Ospedaletto ci si mantiene sempre sul sentiero 1 fino ad arrivare su una stretta strada asfaltata; qui si gira verso sinistra attraversando il nucleo di Cascina Malnido, per poi risalire fino all’inizio di una strada sterrata sulla sinistra che porta verso l’Oasi Galbusera Bianca, un antico borgo del ‘300 interamente ristrutturato e oggi adibito ad agriturismo immerso in un’oasi del WWF. Qui si può godere di un’ospitalità unica e genuina grazie ad un hotel di charme, un ristorante bio e una sala meeting dove si tengono corsi olistici, celebrazioni e trattamenti benessere.Passando oltre si arriva invece al ristorante Cascina Galbusera Nera, situato nel vecchio fienile dell’azienda agricola La Costa, dove si possono degustare piatti prelibati preparati con ingredienti di qualità, immersi in un ambiente unico, rustico e raffinato al tempo stesso.L’itinerario si conclude tornando in salita verso il parcheggio attraversando nuovamente i vigneti verso il sentiero dei cipressi.
Passeggiando nel Parco del Curone

5 cose da fare sulle montagne lombarde oltre allo sci

Dove sta scritto che in Lombardia la montagna d’inverno si possa vivere solo con gli sci ai piedi?   Vi suggeriamo alcune cose da fare in alta quota, dalle passeggiate alle fat bike, dalle ciaspole al pattinaggio. Ecco alcune proposte alternative per godere degli splendidi paesaggi e dell'aria pura che solo le vette regalano! A voi la scelta!     1.    Passeggiare e praticare uno sport alternativoSe l’obiettivo è stare all'aria aperta e godersi la magia di paesaggi imbiancati, la Lombardia è il luogo ideale. Può essere davvero divertente provare un’attività sportiva per la prima volta, meglio se con un pizzico di adrenalina!  Oltre alle innumerevoli passeggiate da fare su sentieri innevati battuti, ci sono anche altre modalità di passeggiare sulla neve, come il nordic walking o le ciaspole. Un’escursione invernale con le racchette da neve ai piedi è un’esperienza piacevole che si adatta a tutti, adulti e bambini. Un'altra divertente alternativa allo sci è il pattinaggio sul ghiaccio. In Lombardia è possibile inoltre provare l’ebbrezza del “rafting sulla neve” con lo snow tubing. Divertenti discese con “ciambelloni” sulla neve! Molte località montane lombarde offrono infine un’altra attività escursionistica adatta a tutte le età: lo sleddog con cui vivere l’esperienza di scivolare sulla neve a bordo di una slitta trainata da una muta di cani!    2. Pedalare sulla neve con la fat bikeFinalmente, gli appassionati delle due ruote, non dovranno più attendere l’arrivo della primavera per pedalare in montagna. Anche in Lombardia si trovano numerose strutture per il noleggio di fat bike che organizzano escursioni in totale sicurezza accompagnati da guide abilitate.Sarà sicuramente l’occasione per vivere la montagna invernale in un modo originale e divertente!   3. Gustare la tradizione Alla fine di una giornata sulla neve, l'appetito si fa sentire! Una delle cose da fare in Lombardia in inverno è quella di godersi i piaceri della tavola gustando i piatti della tradizione accompagnati da un buon calice di vino tipico. I pizzoccheri della Valtellina, i formaggi e i salumi regionali, le varie declinazioni di sua maestà la polenta e i dolci. Le montagne lombarde si possono trasformare in veri e propri tour enogastronomici!   4. Visitare borghi montani Con l'abbigliamento adatto, in montagna in inverno si possono fare piacevoli passeggiate sia nei vari centri urbani che in periferia.Il cuore dell'alta Lombardia è un piccolo mondo a misura d'uomo tutto da scoprire esplorando i piccoli borghi dove ancora è possibile imbattersi in piccole botteghe artigiane.Molte valli lombarde sono oasi di pace e di relax. L'ideale per chi cerca il silenzio e per chi vuole immergersi in una natura incontaminata. Mete che offrono un prezioso patrimonio artistico e sono custodi di tradizioni millenarie.    5. Instagrammer per un giorno Gli effetti dei colori e delle luci riflesse dalla neve fanno di molte escursioni sulle montagne lombarde dei veri e propri instaplaces, luoghi suggestivi da immortalare! Ma anche chi non è “social addict” resterà sicuramente estasiato da scenari naturalistici di incredibile bellezza!Non vi resta che fotografare i magici paesaggi innevati che le montagne lombarde offrono e condividerli sui vostri account. Centinaia di like sono assicurati!E non dimenticatevi di taggarci: #inLombardia!
Bormio - ciaspolate - @inLombardia

Wedding weekend in Lombardia: come, dove e perché

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5 cose da fare a Lonato del Garda

A due passi dal lago di Garda, un borgo ricco di storia e cultura

Tour in A35: Rivolta d'Adda

La Basilica, il palazzo Celesia e il parco della preistoria
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Le case medievali di Solto Collina

Solto Collina conserva numerosi edifici di epoca medievale distribuiti nelle antiche contrade sorte in epoca medievale: sia gli edifici fortificati sia le abitazioni sono ancora oggi abitati e mantengono esternamente l’aspetto originario. In contrada Castello, a nord-est del borgo, si trova l’originaria residenza dei Signori di Solto: la prima menzione del castello risale alla metà dell’XI secolo e in un documento del 1564 è citato come Castello de Columbis di Solto; nel XVI secolo qui si tenevano le riunioni comunali di Solto, Riva di Solto e Uniti. Il castello (oggi dimora privata) sorge su una piccola altura nel centro del paese: l’attuale ingresso, in Via Castello 24, è costituita dal portale in pietra simona con stemma araldico e mascheroni. Dalla zona sud di Via Castello, ove la strada si biforca, è ben visibile la parte antica del complesso, formata da due edifici (di diversa altezza) in pietra calcarea locale e cantonali in grossi blocchi ben lavorati. Queste strutture di difesa, con feritoie e finestre archivoltate per l’avvistamento, risalgono al XII secolo. Successivamente fu aggiunto un terzo complesso a nord (visibile dal cortile), con ampio portale d’accesso con data incisa 1436, periodo in cui l’edificio era usato come residenza e non più con funzione difensiva. Sempre in contrada Castello, nei pressi della parrocchiale dove un tempo sorgeva la pieve, si trova l’edificio più antico del paese: la “Casa dell’arciprete” (così come attestato dalle fonti del XV secolo) che conserva interamente le murature del XIII secolo, ad eccezione dell’avancorpo ovest del XVI secolo. La casa si articolava su due livelli, con solaio e loggia in legno: al piano terra (a ovest) si apre un portale archivoltato ancora oggi in uso e al primo piano, dietro il ballatoio ligneo, una porta architravata. A sud e a nord si conservano feritoie e finestre oggi tamponate che proteggevano l’abitazione verso la collina e verso il borgo. Nel XV secolo la casa fu circondata da un recinto cui si accedeva attraverso la stretta porta con monolite ribassato visibile a ovest. Nella contrada Canzanico, oggi centro del paese, si trovavano le residenze della famiglia Foresti, attestata dai documenti dal XIV fino al XVIII secolo. La torre Foresti, in Via Fantoni 3, risale al XIII secolo: fu costruita con bozze di calcare grigio di Zorzino e al secondo piano si conserva ancora una feritoia. Nel XIV secolo l’edificio fu sopraelevato fino al terzo piano e fu dotato di finestre con archivolto acuto; la torre fu poi abbassata nel 1428 per volere dei veneziani, nuovi signori del Sebino. Sempre in contrada Canzanico, in Vicolo dell’Orsolino, si trovano murature del XIV secolo: superato il vicolo si accede al retro della torre Foresti, dove si possono ammirare le murature e le aperture medievali. Dopo il XV secolo fu costruita la Casa Foresti (in Via Fantoni 5) su cui si apre un bel portale archiacuto che dà accesso alla corte interna; in facciata si trova un’edicola con l’Assunzione di Maria coi santi Giuseppe e Pietro, del 1868. Nella zona sud del borgo si incontra la contrada Sconico, al centro della quale (Via Sconico 32) sorge un palazzetto del XIII secolo in pietre calcaree ben lavorate, con al piano terra due portali (oggi si conservano solo gli stipiti) e finestre archiacute. A lato di questo edificio c’è un bell’archivolto acuto del Trecento, in calcare bianco che doveva appartenere a una residenza signorile. Oltre Sconico si sviluppa la contrada Dosso, così chiamata perché rialzata rispetto alla zona circostante. Nel 1394 è citato il castro del Dosso (poi documentato nel 1448 come fracto ovvero distrutto) oggi da identificare nella casa-forte di Via Dosso 13: questo complesso di ampie dimensioni, oggi restaurato, costituiva un punto di difesa di Solto verso sud. Lungo la strada che conduce al complesso sono osservabili portali archivoltati del Cinquecento (in Via Dosso 15 e 21), periodo in cui si espanse questa contrada.   Federica Matteoni
Le case medievali di Solto Collina

Le case torri di Tavernola

Il borgo di Tavernola conserva pochi resti di epoca medievale, perché nel 1906 un dissesto idrogeologico ha causato il collasso di una parte del centro storico che conservava le architetture antiche. Tuttavia, grazie alle fonti documentarie, ci sono notizie della presenza di diverse torri, costruite nei pressi del lago, ove si aprivano spazi pianeggianti adatti alla costruzione degli edifici di rappresentanza. Queste case torri, infatti, erano impiegate sia per la difesa del privato, sia come edifici prestigiosi che dominavano gli altri, quale manifestazione della ricchezza del casato. Dalla documentazione d’archivio quattrocentesca, si ricostruisce che in Piazza dell’Olmo – platea Ulmi detta anche platea Fenaroli – si affacciava il Torrazzo dei Foresti nei pressi della Porta Ulmi; in contrada del Ponte o al Rì si trovava un’altra torre o torrazzo. L’unica torre medievale ancora visibile nell’attuale centro del paese e in posizione dominante sul lago, è la Turris illorum de Fenarolis o Turris Magna, vicina alla Turre del laco, poi sprofondata nel lago assieme all’adiacente casa parrocchiale. La torre Fenaroli ha pianta quadrata e si conserva nell’aspetto medievale fino al quarto livello: la parte sommitale dell’edificio e la cella campanaria furono ricostruite nel 1954, per riadattarla a campanile della chiesa parrocchiale. La tessitura muraria, oggi restaurata nelle malte, è realizzata in grosse bozze calcaree lavorate sia a bugnato, sia spianate nella faccia a vista; nei cantonali sono impiegate grosse bozze con il profilo lavorato. Alla torre si accedeva da sud attraverso un ingresso a tutto sesto, sopra cui si aprono – dal primo livello – finestre a tutto sesto: al terzo piano (fronte nord) si trova anche una feritoia. La tecnica di costruzione, inquadrabile tra XII e XIII secolo, è rigorosa, anche se non sempre omogenea: fu certamente opera di maestranze specializzate, abili non solo nella lavorazione della pietra, ma anche nel realizzare fondazioni in questa zona in riva al lago, con problemi di risalita d’acqua. Questa abilità costruttiva si riscontra sulla sponda occidentale del Sebino anche nelle vicine torri di Riva di Solto e Predore. Alla torre Foresti si addossa un grande accesso a tutto sesto, in grossi blocchi calcarei del XIII secolo, coronato da merlature di restauro: questo costituiva l’accesso all’area fortificata del borgo. Dentro quest’area sorgeva anche l’edificio del XIII secolo che si addossa alla torre a sud, e che fungeva da limite delle proprietà private dei Fenaroli. In affaccio al lago vi sono altre tracce di edifici medievali: alle spalle della zona fortificata, verso la collina, si conservano alcune tracce di portali, tra cui gli ingressi gemelli in via Orti 8, che segnano il limite di espansione del paese dopo il XV secolo. In via Pero 18, vicino all’attuale Villa Fenaroli – del XVI secolo, poi ampliata nel Settecento –, c’è un grande portale archiacuto in calcare bianco, con la chiave dell’arco decorata da stemma. Nell’estremità nord del borgo, oltre la parrocchiale, via Molini ricorda gli edifici e le strutture idrauliche azionate dal torrente Rino e utilizzate come frantoio per la macinazione delle olive. Anche nelle frazioni di Tavernola si conservano tracce di edilizia medievale: Gallinarga, a ovest di Tavernola e in riva al lago, è un piccolo nucleo di edifici con un torrazzo centrale (prima dei Foresti e poi dei Fenaroli) del XIII secolo; a Bianica, sulle colline a 2 km dal centro, si trova la chiesa di San Bernardo e nelle immediate adiacenze un edificio fortificato con funzione residenziale. A Cambianica, nei pressi della chiesa romanica di San Michele, si possono vedere resti di abitazioni bassomedievali costruiti con pietra calcarea estratta localmente.   Federica Matteoni
Case torri Tavernola