Ho trovato 1340 risultati per Borghi

Salita al Gleno

Suggestivi percorsi tra le Orobie bergamasche
Salita al Gleno

Sull'anello "Festival Ride"

In bassa Valtellina alla scoperta di borghi nascosti al grande pubblico, tra arte, storia e bellezze naturali. Un collage di luoghi ed emozioni in un territorio che spazia dal fondovalle ai primi rilievi montuosi, ancora lontano dai grandi flussi turistici. Con questo spirito è stato pensato il Percorso «Festival ride», nell’ambito del Valtellina ebike festival. L’evento torna sotto i riflettori, con la seconda edizione, il 18 e 19 settembre. Siamo in provincia di Sondrio. Si parte da Morbegno (250 m), fulcro della manifestazione, e lungo un tracciato ad anello in sella alle mountain bike a pedalata assistita si percorrono nel complesso 37,6 chilometri. Con un ritmo tale da consentire le giuste pause per scattare foto ricordo servono circa 3,45 ore per completare il tragitto. È un itinerario adatto a biker con una discreta abilità, articolato in 15 chilometri su single track, 12 su strade secondarie e quasi 6 su sentiero sterrato. Si comincia a pedalare su asfalto dall’area fieristica di Morbegno, in via del Foss, e si oltrepassa lo storico Ponte di Ganda sul Fiume Adda. Dopo una prima parte di semplice sterrato, si imbocca il Sentiero Valtellina, l’itinerario ciclopedonale che si sviluppa lungo l’Adda, da Colico (Lecco) a Bormio (Sondrio), per 114 chilometri. Giunti a Campovico, frazione di Morbegno, imboccata via Roma ci si dirige verso la colma di Dazio prendendo la via sterrata nei boschi sulla destra. Il tour offre continui saliscendi, con ampie zone ombreggiate e qualche salita più impegnativa fino ad arrivare alla Chiesetta di San Bernardo a Civo. Affascinati dal panorama sulla bassa Valtellina risaliamo in direzione di Poira, località famosa per i funghi porcini, toccando il punto più alto dell’escursione a circa 890 metri. Continuiamo verso Mello (690 m) e nel centro del borgo una sosta nel piazzale della chiesa consente di apprezzare di nuovo l’Adda dall’alto. L’ultima parte ci porta a scendere a Cercino, preferendo alla strada asfaltata i tagli nei boschi su trail veloci. Nei giorni del festival fanno da segnavia i cartelli dedicati con la traccia di colore rosso. Ci lasciamo alle spalle altri due piccoli comuni, Cino e Mantello, e lungo il fondovalle si rientra a Morbegno seguendo il Sentiero Valtellina. - Ph: Roberto Ganassa
Sull'anello

Vigevano, città ducale

Nel cuore della Lomellina, la patria del riso carnaroli, alla scoperta della città di Vigevano.
https://laprovinciapavese.gelocal.it/

Varese

Un viaggio ricco di sorprese, partendo da una "città" giardino, verso l'esplorazione di monti, colline, borghi e grandi laghi.
Varese

Il Gelso di Cassano d’Adda

Lunga è la storia che contraddistingue il Gelso bianco di Cassano d’Adda, così come quella del luogo che lo ospita.
@luca pernechele

Start from Colico

Itinerari da Colico sul Lago di Como e in Valtellina

"Indagini al Museo" Attività per bambini dai 5 agli 11 anni

Percorsi alla scoperta dell'arte del Museo Baroffio e del Sacro Monte di Varese

Infopoint Darfo Boario Terme

Natura, cultura, sport, benessere, storia, cibo o tradizioni? Non scegliere, vieni in Valle Camonica, la "Valle dei Segni" dove tutto è possibile.
Parco delle Terme di Boario

Infopoint Terre del Vescovado

I borghi, le vigne e i colli del Serio
Terre del Vescovado

Miniera di Paglio Pignolino (BG) e dintorni

Nel comune di Dossena si trova il comprensorio minerario forse tra quelli di più antica coltivazione della montagna bergamasca. La zona è costituita da un distretto minerario ed estrattivo molto ricco e variegato. Qui in passato si estraeva: fluorite, calamina, galena e calcite.I visitatori della Miniera avranno l'opportunità di entrare nella galleria, esplorare tutti gli ambienti tipici “minerari”: la stanza della coltivazione, pozzi, camini e discendenti, nonché anche gli antichi strumenti utilizzati nella miniera.  Dopo la visita alla miniera si prosegue per il Museo minerario della miniera Paglio-Pignolino, grazie al Comune di Dossena e all'Associazione Miniere di Dossena, oggi alcune gallerie sono state parzialmente restaurate e riaperte al pubblico, tornando ad essere sicure e praticabili. All'interno della miniera si possono vedere i resti delle attività minerarie e gli oggetti quotidiani utilizzati dai minatori, come lattine di cibo o abiti da lavoro per il pranzo.  Si prosegue l’itinerario con Camerata Cornello antico borgo situato sulla Via Mercatorum, che collega Bergamo e la Valtellina. E' un piccolo comune su un costone roccioso che si affaccia sul fiume Brembo ed è uno dei Borghi più belli d'Italia. Il comune associa il suo nome con l'antica famiglia Tasso, nota per le capacità poetiche di Torquato Tasso e le capacità imprenditoriali di alcuni dei fautori che hanno inventato il moderno sistema postale. Ancora oggi il borgo è raggiungibile solo a piedi tramite una comoda mulattiera. Uno dei punti salienti del paese è il ben conservato museo di storia del servizio postale, il lungo isolamento iniziato alla fine del XVI secolo ha infatti conservato l'originaria struttura. Il Museo dei Tasso e della storia postale, offre diverse opportunità di visite guidate, su prenotazione, rivolte sia a singoli visitatori, sia a gruppi di adulti e bambini sia alle scuole, per scoprire la storia della famiglia Tasso e il territorio circostante, ricco di spunti e di luoghi di notevole interesse culturale e artistico. Scendendo verso Oneta si incontra la Casa Museo di Arlecchino si trova all’interno di Palazzo Grataroli nel borgo di Oneta ed è di proprietà del Comune di San Giovanni Bianco. Il nome “Casa di Arlecchino”, con cui è comunemente conosciuto il palazzo signorile del borgo, è legato all’attore rinascimentale Alberto Naselli, che rappresentò lo Zanni e Arlecchino nelle principali corti europee e che, secondo la tradizione, soggiornò nel palazzo di Oneta, ma non ci sono fonti documentarie in grado di provarlo.La Casa conserva una selezione di maschere dei personaggi della commedia dell’arte e ospita, dal 2015, un teatro stabile di burattini della Compagnia del Riccio, in cui sono messe in scena brevi storie in occasione delle visite guidate delle scolaresche e di eventi particolari. Il Museo è inoltre sede di laboratori didattici e di visite guidate lungo la Via Mercatorum organizzati dal Polo Culturale Mercatorum e Priula. Il tour prosegue la visita al paese di Dossena. Il paese è meta di villeggiatura, grazie alla sua posizione invidiabile, che garantisce aria tranquilla e fresca e numerosi itinerari naturalistici adatti a tutti gli utenti.Nel 1500 Leonardo da Vinci visitò Dossena per studiare giacimenti e minerali. Il maestro si è innamorato della natura e dell'atmosfera del piccolo paese di Dossena, e dell'intera vallata. Una delle sue mappe della zona è conservata in una tavola del Codice Windsor, preziosa collezione del Royal College di Londra. Il primo battistero del Brembano è a Dossena. L’ Arcipresbiterale di Dossena è paragonabile nel numero di opere conservate a una pinacoteca, come il martirio di san Giovanni Battista e san Rocco con due santi di Paolo Veronese (XVI secolo), il polittico del battesimo di Gesù e dipinti di Carlo Ceresa e Pieter Paul Rubens, solo per citarne alcuni. L'importanza del patrimonio artistico è sottolineata da un'iscrizione che ricorda come i Dossenesi li abbiano sempre protetti e preservati nonostante carestie ed epidemie. A Dossena si possono gustare i sapori unici di prodotti tipici come formaggi, salumi e pregiata birra artigianale. Molti ristoranti propongono menù tradizionali, e gli agriturismi della zona sono veri protettori del gusto e della tradizione. Dossena è per tutti: famiglie con bambini, gruppi di amici, ma anche amanti del cibo e della natura. Considerando che è sulla strada, si consiglia una visita alla scoperta di San Pellegrino, dove si trova la famosa acqua in bottiglia, all'inizio del XX secolo, era una famosa meta turistica dell'alta borghesia. Per le sue strade si possono rivivere i fasti della Belle Epoque, quando regine, premi Nobel e diplomatici frequentavano il Grand Hotel, dilapidavano i loro risparmi nei casinò, e trascorrevano il tempo tra terme e locali alla moda. Seguiremo poi l'evoluzione degli stili architettonici: dal Liberty all'Art Dèco fino all'austero Tempio dei caduti, simbolo della fine di un sogno di benessere e spensieratezza.

Il nucleo storico di Pisogne

Il centro abitato di Pisogne deve il proprio sviluppo principalmente all’istituzione di un importante mercato, incentrato sulla piazza e sul porto. La posizione in testa alla sponda bresciana del lago e la conseguente possibilità di organizzare un facile accesso alla via d’acqua rappresentata dal Sebino fecero sì che Pisogne, nonostante la natura difficile di un luogo stretto fra le paludi della foce dell’Oglio, potesse diventare il naturale terminale mercantile della Valle Camonica. Fra le ipotesi sull’origine del nome, la più convincente è forse quella suggerita da Guerrini, secondo la quale Pisogne deriverebbe da -oneis, nome locale che indica l’albero dell’òntano. Si può aggiungere che la radice pis- deriva con ogni probabilità da post (così come pos- e pus-, presenti con una certa frequenza nella toponomastica). Il nome indicherebbe così una località situata dopo gli ontani, con riferimento quindi a un bosco di tale specie che doveva trovarsi nel piano a nord del lago. Nonostante alcuni sporadici ritrovamenti archeologici di epoche precedenti, il centro sembra assumere importanza nel Medioevo. I primi documenti noti riguardano diritti di decima detenuti dall’episcopato veronese nel IX secolo e, successivamente, alcune proprietà del monastero bresciano di San Faustino. Probabilmente all'XI secolo risale la pieve, isolata a nord dell'abitato La documentazione storica diventa significativa a partire dal Duecento, grazie all’egemonia vescovile sul territorio e alla conseguente produzione di carte, conservate oggi nell’archivio della Curia bresciana. Si ha notizia di contrasti fra il vescovo e il comune di Pisogne già nel 1195, risolti dieci anni più tardi con la cessione alla comunità dei terreni oltre l’Oglio. Fra i documenti spicca per la quantità di informazioni il designamento dei beni vescovili del 1299, che offre un quadro dettagliato dei possedimenti e delle prerogative spettanti al vescovo sulle terre di Pisogne. Proprietà e diritti erano certamente di origine ben più antica e venne messo in atto in quel periodo, così come nelle altre pievi camune, un tentativo per ribadirli, evidentemente perché molti fattori avevano cominciato a metterli in discussione. Lo stesso villaggio fortificato di Pisogne era stato preso d’assalto solo una decina di anni prima dai ghibellini camuni, che rivendicavano l’autonomia della Valle dal comune cittadino. Il comune di Brescia aveva per questo episodio messo al bando diversi esponenti della fazione. L’esame del documento ha consentito di restituire il volto di Pisogne e di comprenderne meglio la struttura. Nel 1299 Pisogne appare come un castello, un abitato protetto da una cinta muraria dotata di due porte, con un’ulteriore fortificazione interna (il dongione) e un nucleo formato da diversi edifici che, per quanto semidistrutto all’atto della rilevazione, doveva aver costituito in precedenza il centro amministrativo della curia vescovile. All’interno delle mura era posta in posizione centrale la piazza del mercato. A fianco della piazza, la torre nel 1299 risulta in costruzione e avrebbe sostituito, anche come simbolo, i palazzi vescovili danneggiati dagli eventi bellici. La piazza divideva di fatto l’abitato in due parti: verso nord, lungo l’attuale via San Marco, si trovava un borgo fino alla porta dell’Ospedale; verso sud si sviluppava invece una villa. I due termini fanno riferimento a tipi di strutture insediative dalle precise caratteristiche. Il riferimento a un borgo in un documento medievale indica un abitato sviluppatosi con l’accostamento di case le une alle altre su entrambi i lati di una via centrale, di solito all’esterno di una cinta muraria e generatosi a partire da una porta urbana. In un secondo momento poteva poi essere incluso nella cerchia da nuove mura più ampie. Per contro, la villa è un abitato sparso, formato da edifici non necessariamente adiacenti, ma dotati di corti, orti e broli, anche in questo caso in origine generalmente non fortificato. Nel caso di Pisogne l’identificazione di un borgo già incluso al 1299 nella cinta muraria e a nord della piazza indica probabilmente che attorno ad essa doveva essere sorto nelle epoche precedenti il primo nucleo abitato, probabilmente già con una limitata fortificazione. In questo caso il borgo si sarebbe sviluppato lungo la direttrice della Valle Camonica, certamente a quell’epoca la via di terra più importante per Pisogne. Al culmine del borgo nel 1299 si trovava la porta verso la Valle, detta dell’Ospedale per la presenza poco oltre di un ricovero per viandanti. In età veneta (dal XV secolo), con ogni probabilità per la presenza dell’immancabile leone, assumerà il nome di Porta di San Marco, dando conseguentemente il nome alla via verso la piazza. Della porta non rimane traccia. Lungo la direttrice verso la valle sarebbe sorta nel Quattrocento la chiesa di Santa Maria della Neve, celebre per il ciclo del Romanino. L’espansione verso sud è verosimilmente più tarda: la villa appare come un’estensione dell’abitato pianificata, basata su una strada parallela al lago (la via Torrazzo) da cui scendono perpendicolarmente alla riva diversi assi minori. All’interno di questa griglia di strade cominciarono nel corso del Duecento a insediarsi alcune abitazioni, andando a occupare i lotti liberi, con un’edificazione inizialmente più rada rispetto a quella del borgo. Si riconosce un primo tracciato delle mura che doveva attestarsi all’incirca all’altezza della Via di Mezzo, come testimoniano i resti della Porta del Pozzo, ancora visibili lungo l’odierna via Torrazzo. A questa cinta faceva riferimento il fossato vecchio, così definito nel documento del 1299. Le nuove mura si estesero invece verso sud, andando a comprendere altre aree per le nuove abitazioni. La nuova porta venne aperta questa volta verso est, in un luogo chiamato lo Stagnadello, da cui il nome di Porta di Stagnagis (è ancora esistente e nota come Porta dei Monti). Il nome fa pensare che anche questa nuova parte dovesse essere protetta da un fossato o che perlomeno si fosse accostata ad aree naturalmente paludose. Lo sviluppo dell’abitato di Pisogne dei secoli successivi si concentrerà soprattutto in questa zona, mediante la saturazione dello spazio disponibile. Si renderà anzi necessario un nuovo ampliamento con la costruzione della contrada di Capovilla, con limite segnato dalla porta settecentesca ancora visibile. Al centro, la piazza costituiva l’elemento peculiare di Pisogne. In realtà dal documento risulta una suddivisione fra una piazza del mercato vera e propria, attestata sulla riva del lago, e una piazza più interna, definita come piazza del Comune. Le due piazze corrispondono allo spazio attuale compreso fra la torre del Vescovo e la chiesa parrocchiale: l’attuale piazza Umberto I è il frutto di un ampliamento che comportò l’avanzamento della linea di costa. Ancora sulle mappe catastali ottocentesche le piazze appaiono di forma allungata, sviluppandosi dal lago in profondità verso l’entroterra. È da notare tuttavia che le cortine di edifici, nel corso del tempo e in particolare a partire dal ‘400, si protesero verso lo spazio libero, grazie all’adozione dei portici: in questo modo si ricavò spazio ai piani superiori, ma al piano della piazza venne preservato l’uso per il mercato, verosimilmente per disposizione delle autorità comunitarie. La piazza in origine era chiusa da edifici residenziali o commerciali anche a est, e costituiva quindi uno spazio delimitato su tre lati da botteghe e spazi per il mercato. In questo settore è documentata nel Seicento una piccola chiesa dedicata a san Rocco. Questo assetto venne però rotto dalla costruzione, a cavallo fra XVIII e XIX secolo, della nuova chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, che comportò la demolizione della cortina orientale e lo sfondamento delle mura. L’intervento ha cambiato completamente la percezione dello spazio, che ora ha come fondale la facciata progettata attorno al 1769 dall’architetto bresciano Antonio Marchetti.   Alberto Bianchi  
Nucleo storico Pisogne - ph: visitlakeiseo

Passeggiando nel Parco del Curone

Il Parco del Curone, il cui nome completo è Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone, è un’area naturale protetta della Lombardia, situata nel territorio della Brianza lecchese.   Il tempo, all’interno del parco pare essersi fermato, qui le costruzioni industriali scompaiono improvvisamente per lasciare spazio a un suggestivo paesaggio caratterizzato da vigne, frutteti, prati, boschi e piccoli insediamenti rurali. Si tratta di un luogo ideale per le famiglie e per le persone poco allenate, in cerca di percorsi semplici da concludersi con un pranzo genuino in un ristorante tipico. Questo itinerario inizia in un parcheggio nei pressi della splendida chiesa di Sant’Ambrogio al Monte a Rovagnate. Si deve percorrere un sentiero sterrato salendo in mezzo ad un viale dei cipressi, verso un punto panoramico da dove si gode di una vista spettacolare sulla valle del Curone. In lontananza si scorge il borgo di Montevecchia. Il percorso si snoda in gran parte tra lussureggianti filari di vigneti e piantagioni di ulivi che, in questa parte della Brianza, godono di un clima particolarmente favorevole. Dopo qualche centinaio di metri pianeggianti, attraverso un sentiero costeggiato di rovi, si sale nuovamente verso la cima di una di quelle colline che chiamano “piramidi di Montevecchia”, sulla cui sommità si trova un antico monolite in pietra granitica sdraiato a terra; secondo recenti studi si ritiene che queste colline furono infatti modellate a forma di piramide in epoca celtica, come testimoniano indizi trovati nei sopralluoghi effettuati, tra i quali i resti di una cerchia muraria alta quattro metri a scopo difensivo. In particolare questa altura venne probabilmente adibita a osservatorio e santuario, ipotesi corroborata dalla presenza del monolite. Scendendo la collina si attraversa un bosco rigoglioso, fresco riparo dalla calura durante i mesi estivi, per poi costeggiare nuovamente lunghi filari di viti da vino. Si prosegue sempre in discesa verso il torrente Curone, passando dapprima per l’agriturismo Cascina Ratta, dove, oltre a pernottare, potrete degustare la cucina locale, e poi verso la Fattoria il Busarengo, altra tipica cascina del luogo che purtroppo giace abbandonata. Si attraversa un lungo tratto boschivo, in prevalenza castani, per giungere più in basso presso il torrente Curone seguendone il corso attraversando di tanto in tanto caratteristici ponticelli in legno lungo il sentiero numero 1. Giunti al rudere della Cascina Ospedaletto ci si mantiene sempre sul sentiero 1 fino ad arrivare su una stretta strada asfaltata; qui si gira verso sinistra attraversando il nucleo di Cascina Malnido, per poi risalire fino all’inizio di una strada sterrata sulla sinistra che porta verso l’Oasi Galbusera Bianca, un antico borgo del ‘300 interamente ristrutturato e oggi adibito ad agriturismo immerso in un’oasi del WWF. Qui si può godere di un’ospitalità unica e genuina grazie ad un hotel di charme, un ristorante bio e una sala meeting dove si tengono corsi olistici, celebrazioni e trattamenti benessere.Passando oltre si arriva invece al ristorante Cascina Galbusera Nera, situato nel vecchio fienile dell’azienda agricola La Costa, dove si possono degustare piatti prelibati preparati con ingredienti di qualità, immersi in un ambiente unico, rustico e raffinato al tempo stesso.L’itinerario si conclude tornando in salita verso il parcheggio attraversando nuovamente i vigneti verso il sentiero dei cipressi.
Passeggiando nel Parco del Curone