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Esperienze sul Lago Maggiore

Ogni domenica d'estate, fino al 14 settembre, è possibile raggiungere in battello l'Eremo di Santa Caterina del Sasso da Laveno Mombello in soli 20 minuti, un'opportunità perfetta per scoprire uno dei luoghi più affascinanti della sponda lombarda del Lago Maggiore. E per rendere la tua giornata ancora più speciale, lasciati ispirare da una delle sei esperienze che Varese DoYouLake? ha pensato per te.Se viaggi in treno, Laveno Mombello è servita sia da Trenord che dalla linea S30 del TILO che unisce Cadenazzo a Gallarate.Con Trenord, per l'estate 2025, è possibile acquistare il biglietto integrato "Treno + Battello" per raggiungere Laveno Mombello in treno da qualunque località lombarda, proseguendo in battello verso l’Eremo. L’Eremo di Santa Caterina del Sasso sul far della seraVuoi trascorrere un pomeriggio sul lago Maggiore e goderti l’Eremo al calar del sole? Arriva comodamente in auto all’Eremo di Santa Caterina del Sasso, lascia l’auto nel parcheggio vicino e da lì imbarcati verso Laveno Mombello con la corsa delle 15.05. Arrivato a Laveno Mombello a te la scelta: una tranquilla passeggiata lungolago oppure un’avventurosa salita in funivia fino al balcone panoramico del Sasso del Ferro.Alle 17.30, riprendi il battello verso l’Eremo per goderti la visita guidata sul far della sera. La domenica alle 18, l’Eremo di Santa Caterina del Sasso saluta il chiacchierio dei tanti visitatori, e il silenzio lentamente torna tra le sue antiche mura. È uno degli orari più adatti ad una visita guidata, con il tempo calmo, i colori caldi, la pace della sera. La visita guidata dura circa 1 ora e prende avvio dalla zona dell’imbarcadero. E' consigliabile verificare orari delle visite e modalità di prenotazione sul sito I sapori dell’Eremo di Santa CaterinaVuoi visitare l’Eremo e gustare i sapori del Varesotto? Lascia l’auto in città e raggiungi in treno e battello l’Eremo di Santa Caterina del Sasso, uno dei luoghi più affascinanti del Lago Maggiore.Grazie al nuovo collegamento diretto via lago, ogni domenica d’estate puoi imbarcarti alle 14 a Laveno Mombello, arrivare all’Eremo di Santa Caterina del Sasso via lago e partecipare alla visita guidata delle 14.30: la guida ti attende direttamente allo sbarco all’Eremo! Il percorso guidato dura circa 1 ora. Al termine, potrai degustare alcuni dei prodotti enogastronomici del Varesotto risalendo la panoramica scalinata sino al piazzale del Quicchio o salendo comodamente in ascensore. Ti serve un consiglio?Da Milano Cadorna, prendi il treno delle 10.52, arrivi a Laveno Mombello alle 12.23 ed hai il tempo per una passeggiata e per mangiare qualcosa prima di imbarcarti per l’Eremo. Le Officine dell’Acqua: un punto di partenza magico prima di solcare le acque del lago verso l’Eremo di Santa Caterina del SassoVuoi immergerti nella storia della navigazione del Lago Maggiore? Lascia l’auto in città e raggiungi in treno Laveno Mombello, uno dei borghi più belli del Lago Maggiore. Appena sceso dal treno, visita le Officine dell’Acqua, il grande progetto di recupero degli spazi storici dello scalo ferroviario di Laveno Mombello in cui è nato Il Museo delle Officine dell’Acqua, custode di un’eccezionale collezione di imbarcazioni d’epoca, strumenti di carpenteria navale e racconti di un passato legato alla navigazione e all’artigianato.Da Laveno Mombello, alle 14 parti per solcare le acque del Lago Maggiore e scoprire l’Eremo di Santa Caterina del Sasso con la visita guidata delle 14.30. Prima di rientrare a Laveno Mombello con il battello delle 16.35, goditi un po’ di relax sotto il meraviglioso glicine che guarda il lago. Naviga nel golfo BorromeoVuoi scoprire i punti panoramici più belli del Lago Maggiore? Nell’estate 2025, navigare all’interno del golfo Borromeo del lago Maggiore tra Leggiuno, Stresa e Laveno Mombello non è mai stato così facile: ogni domenica potrai raggiungere via lago i 3 punti panoramici più amati. Sull’Isola Bella, goditi l’affaccio verso lago della terrazza superiore del Teatro, una meraviglia voluta da Vitaliano Borromeo nel XVII secolo. A Laveno Mombello, sali con la storica bidonvia sino al balcone del Sasso del Ferro: vedrai il lago Maggiore verso sud e verso nord, il lago di Mergozzo, la val D’Ossola e la Valcuvia. All’ora del tramonto, raggiungi l’Eremo di Santa Caterina del Sasso con il suo portico del 1624: resterai incantato dalle architetture e dai colori del tramonto. Non sai come fare? Raggiungi l’Eremo di Santa Caterina del Sasso in auto e prendi la prima barca in partenza alle 9.40 verso l’Isola Bella. Alle 13.00, puoi imbarcarti dall’Isola Bella verso Carciano e di lì verso Laveno Mombello dove arriverai alle 13.55. Gustati la salita al Sasso del Ferro ed alle 17.30 riprendi il battello per tornare a Santa Caterina del Sasso e vivere il tramonto in autonomia o con la visita guidata delle 18.00. Da Arona all’Eremo di Santa Caterina del SassoVuoi scoprire le due sponde del Lago Maggiore? Raggiungi agevolmente in treno Arona, luogo natio di San Carlo Borromeo. Se non conosci la statua del Sancarlone, è il momento di rimediare: dalla stazione con una passeggiata di 30 minuti raggiungi l’opera che fece da modello alla costruzione della statua della libertà a New York. Alle 12.15 prendi la barca che ti porterà all’Eremo di Santa Caterina del Sasso e, dopo uno spuntino alla Locanda, scopri l’Eremo con la visita guidata delle 14.30. Alle 16.35, il battello ti aspetta per portarti a Laveno Mombello dove potrai passeggiare lungo il lago prima di rientrare in treno. Ti serve un consiglio?Per raggiungere Arona in treno, puoi partire da Milano Centrale alle 8.25. Per il rientro, puoi prendere il treno delle 18.28 dalla stazione di Laveno Mombello Lago alla volta di Milano Cadorna. Prima di partire, è consigliabile verificare gli orari e i percorsi aggiornati dei treni sui portali dei diversi vettori per eventuali variazioni alla circolazione.

La colorata piana di Preda Rossa

Tra i luoghi più suggestivi della val Masino c’è sicuramente la piana di Preda Rossa, un altopiano alpino circondato da aguzze pareti rocciose dal tipico colore rossastro e sovrastato dalla maestosa cima del monte Disgrazia di ben 3.678 m. La zona è percorsa da diversi corsi d’acqua che creano due grandi aree paludose poste a poche decine di metri di dislivello l'una dall'altra. Collegando le due piane, i placidi fiumicelli si trasformano in spumeggianti torrenti, per poi confluire nel fiume Duino, il quale si riversa nuovamente calmo nella piana più grande, disegnando delle anse sinuose tra i ciuffi d'erba della torbiera. Ammirare dall’alto il luccichio di questo corso d’acqua, che lentamente attraversa i prati di Preda Rossa è veramente uno spettacolo imperdibile. L’itinerario proposto è percorribile durante tutto l’anno, in inverno è ovviamente richiesto un grado di attenzione maggiore in caso di neve. Il periodo migliore è senza dubbio quello autunnale, da metà ottobre a inizio novembre la piana si accende delle tonalità calde tipiche di questa stagione. I larici gialli e arancioni sulle pendici dei monti, l’erba secca rossastra e le cime rocciose spruzzate di neve creano il contesto perfetto per chi vuole godersi uno spettacolo colorato in montagna. Per raggiungere Preda Rossa bisogna recarsi in auto in Val Masino (SO), fino a raggiungere l’omonimo borgo. Dal paese, svoltando a destra, si imbocca la strada VASP per Sasso Bisolo/Preda Rossa che conduce alla piana. L’accesso è limitato a sole 50 automobili al giorno. Per percorrere la strada è necessario essere muniti di un ticket acquistabile sul sito ufficiale della Val Masino (https://valmasino.travel). La strada è lunga 12 km, tutta asfaltata e abbastanza ben tenuta. Bisogna considerare che il parcheggio è posto a 2000 m di altitudine e a quella quota la temperatura potrebbe essere molto più bassa rispetto a quella del paese. Se si vuole visitare Presa Rossa in autunno/inverno è quindi consigliato utilizzare pneumatici invernali ed avere catene da neve a bordo, in modo da non avere problemi in caso di tratti ghiacciati o nevicate. Per iniziare l’escursione si deve imboccare il sentiero segnalato da segnavia rossi e bianchi, con indicazione per il Rifugio Ponti. Il sentiero proposto non è numerato ma i cartelli sono molto frequenti e chiari. Appena superata la prima curva a sinistra si inizia a intravedere la bellissima cima innevata del monte Disgrazia, che sovrasta l’intera piana e accompagnerà l’escursionista durante tutta la passeggiata. Dopo pochi minuti si giunge ad un ponticello di legno situato in una posizione veramente privilegiata e permette di superare il fiume Diuno per raggiungere l’inizio della prima piana; tutto questo a circa 20 minuti dalla partenza. Qui la vista si apre ad un immenso spiazzo di erba rossa, circondato da una splendida cornice di larici. Al centro della torbiera il fiume scorre lentamente, anche se da questa posizione non è possibile cogliere a pieno la sua bellezza. Il sentiero in questa zona si biforca: i cartelli indicano di proseguire sulla sinistra, mentre sulla destra c'è un secondo tratto molto più largo e pianeggiante. Vista l’estrema semplicità dell’escursione è possibile visitare entrambi i versanti della piana; tuttavia, se si dovesse scegliere, il consiglio è quello di proseguire lungo il sentiero di sinistra, in quanto consentirà poi di raggiungere un punto estremamente panoramico.Si prosegue ora su un sentiero quasi in piano, intervallato ogni tanto da piccoli ponticelli e passerelle in legno che permettono di superare i tratti più paludosi, infatti, seppur l’immensa distesa d’erba sembri un gigantesco prato secco, in realtà l’area nasconde numerose zone fangose o piene d’acqua stagnante. Non è consigliato uscire dalla traccia segnata. Giunti circa a metà della prima piana è ben visibile un cartello che indica sulla sinistra un punto panoramico. Questa leggera deviazione richiede solamente 10 minuti di camminata su un sentiero molto più ripido rispetto a quello percorso fino ad ora. Salendo si guadagnano rapidamente molti metri di dislivello e giunti alla fine del tratto si arriva ad un piccolo balcone di legno con un paio di panchine. Da qua sopra ci si rende maggiormente conto della grandezza dell’altopiano e si riesce finalmente a distinguere nella sua interezza il bellissimo corso del fiume Duino: una morbida pennellata di azzurro turchese che si estende, con ampie curve, su di un tappeto di erba rossa. Probabilmente non si tratta del punto più suggestivo dell’escursione ma, per il piccolo sforzo richiesto, ne vale assolutamente la pena. Una volta scesi si prosegue lungo il sentiero principale, sempre molto pianeggiante e di facilissima percorrenza. Giunti alla fine della zona erbosa il sentiero inizia a salire in maniera abbastanza decisa seguendo il corso del fiume all’interno di un bel bosco.Finalmente l’arancione dei larici, che prima vedevamo solo in lontananza, è a portata di mano e il paesaggio cambia di conseguenza. Lungo tutta la salita l’erba lascia il passo a grosse rocce, il calmo scorrere del fiume si trasforma in un impetuoso torrente ricco di piccole cascatelle e le cime innevate vengono ora nascoste dai rami degli alberi.La salita non è complessa, si tratta infatti solamente di 150 m di dislivello, tuttavia il tratto si trasforma definitivamente in un classico sentiero di montagna con fondo abbastanza sconnesso e ricco di pietre e radici che sporgono. Per i più piccoli o per chi non è abituato, la fine della prima piana potrebbe quindi già essere un buon punto per concludere l’escursione. Per tutti gli altri, invece, il consiglio è quello di fare quest’ultimo sforzo per raggiungere il secondo pianoro di Preda Rossa. Si prosegue nel bosco in discreta pendenza, affrontando diversi tornanti molto stretti e risalendo su numerosi gradoni naturali di roccia. Il ruscello, seppur sempre vicino al sentiero battuto, non invade mai l'area dell'escursione evitando quindi il rischio di zone scivolose. Durante la salita il consiglio è quello di voltarsi continuamente per riuscire a cogliere quegli scorci che riescono a regalare la vista migliore sulla piana appena superata. Lungo il sentiero infatti sono presenti diversi punti panoramici dove la vegetazione si fa un pò più rada e la vista spazia su tutto il tratto appena percorso e sullo scorrere del fiume. La salita richiede circa 30 minuti, ma le diverse pause per ammirare il panorama potrebbero renderla decisamente più lunga.Una volta conclusa l'ascesa il sentiero diviene nuovamente pianeggiante, l’erba torna ad essere presente su tutta l’area, anche se con un colore leggermente più scuro, e le sponde del fiume finalmente divengono facilmente raggiungibili senza il rischio di sprofondare nel fango. La seconda piana è un po’ più piccola della prima, non è percorribile nella sua interezza e i colori tendono a spegnersi un po’. Tuttavia la vista sul Disgrazia e sulle montagne circostanti migliora incredibilmente: sembra quasi di poter superare rapidamente quei ripidi pendii, per poi toccare la neve che ricopre le cime aguzze che circondano l’altopiano. Il consiglio è quello di girare liberamente in tutta quest’area: ci sono vari tratti di sentiero che consentono di raggiungere le sponde delle varie diramazioni dei fiumicelli, un ponticello in legno che permette di attraversare il tratto più largo e ad ogni passo nuovi scorci si aprono sulle montagne circostanti. Inoltre in questa zona l’erba è asciutta e ci sono diversi massi sui quali potersi sedere per mangiare qualcosa. L’escursione termina proprio sulla seconda piana. In zona non ci sono punti di appoggio per poter mangiare e nemmeno delle fontanelle. Il rifugio più vicino è il Ponti, ma in tutto il periodo autunnale ed invernale è chiuso. Per poter fare un picnic bisogna quindi portarsi tutto il necessario nello zaino. La discesa viene percorsa lungo lo stesso tragitto dell’andata. Non ci sono pericoli nemmeno lungo il tratto più ripido, l’unico rischio è quello di volersi fermare ancora, per via di uno scorcio da ammirare, non visto durante la salita. In caso di bambini molto piccoli o non abituati a camminare si consiglia di limitarsi al giro della prima piana, evitando la salita alla seconda e al punto panoramico (1.2 km totali e un dislivello di soli 50 m). Per chi invece ha più dimestichezza nel camminare in montagna, le due salite non saranno affatto un problema e aggiungeranno bellezza all’escursione. - Ph: Stefano Poma
La colorata piana di Preda Rossa

Eventi in Lombardia a Novembre 2025

Tra nebbie leggere e luci soffuse, novembre in Lombardia invita a riscoprire borghi, musei e sapori di stagione
Eventi in Lombardia a Novembre 2025

Grande anello del Parco del Curone

Capofila del progetto InTERRACED-net è l’Ente per la Gestione del Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone.   Proprio all’interno di questo parco si sviluppa una rete di 8 itinerari lungo cui si può ammirare il paesaggio terrazzato. Il grande Anello del parco del Curone che parte da Lomaniga è l’ideale per scoprire le specificità dei ronchi e camminare affiancando i tipici muri a secco, filari di vite e coltivazioni di piante aromatiche. Dal parcheggio di Lomaniga, costeggiando il provinciale, si raggiunge il segnavia n.8 per Montevecchia Alta.Si raggiunge la frazione Verteggera, il cui paesaggio terrazzato è rimasto come era anticamente: accessibili solo a piedi, si coltivano rosmarino, erbe aromatiche, alberi da frutta e vite.Il sentiero prosegue in piano immerso nel paesaggio terrazzato, in cui spicca un lavatoio in pietra. Tra le sue pareti cresce una piccola felce capelvenere, che trova l’habitat ideale nelle fessure delle rocce soggette a stillicidio. Ci si inoltra poi in un bosco con prevalenza di querce e castagni fino ad incrociare una stretta strada asfaltata che scende alla frazione Casarigo.L’antica cascina, probabilmente già abitata in epoca romana, sorge arroccata sopra un poggio e coronata da vigneti. Di sotto si allunga la pianura, poco sopra fanno da contrasto i boschi del Parco.Dalla cascina Casarigo una mulattiera con gradinate in pietra molera sale fino alla frazione Galeazzino.Percorrendo i sentieri si osservano i versanti tipici del Parco: i ronchi (i terrazzamenti) sostenuti dalle murature in pietra a secco. Qui le piane dei terrazzi ospitano ancora oggi filari di vite associati alle piante aromatiche tipiche di Montevecchia: la salvia e il rosmarino.Dalla frazione Galeazzino si gode un panorama sulla pianura e fino agli Appennini.Al termine della mulattiera si arriva nella piazzetta di Montevecchia Alta.Qui si trova il Santuario Beata Vergine del Carmelo, una delle chiese più suggestive della Brianza per via della sua posizione in cima al colle.Nei primi anni del Seicento, il vecchio edificio di culto fu abbattuto e in sua vece fu costruito l’attuale santuario in stile barocco, ad unica navata coperta da volte a crociera. Fra gli arredi più preziosi si ricordano il baldacchino del Cinquecento in dorato legno intagliato e la statua lignea della Vergine con Bambino. Dalla piazzetta seguire la palina del Parco con segnavia n. 9 che scende sotto il centro abitato.La mulattiera termina incrociando la strada alla frazione “Oliva”, il cui toponimo fa riferimento alla presenza in passato di coltivazioni di ulivo. Dal lato opposto si risale verso la frazione Pilastrello. Sul ciglio della strada provinciale che porta in Alta Collina, è visibile Cascina Pilastrello, antica dimora contadina, datata 1740. Questo cascinale è attribuibile alla tipologia rurale più comune, cioè quella sviluppata su due piani: al piano terra si trovavano le stalle e al piano superiore il fienile.Proseguendo verso via Donzelli si arriva a Cascina Butto, sede del Parco di Montevecchia e Valle del Curone, da cui si gode di una vista a 360 gradi. Un tempo sulle balze di Cascina Butto si coltivavano ortaggi, cereali e piante da frutta, mentre la viticoltura era sfavorita dall’esposizione dei versanti.Dal parcheggio sotto Cascina Butto, scendere lungo via Valfredda. La strada diventa sterrata e si snoda inoltrandosi in un bosco di latifoglie, con la presenza di querce, nocciolo, sambuco e carpini bianchi.Poco prima del nucleo di Cascina Gaidana, il bosco si apre offrendo un panorama sulla Valle del Curone, in particolar modo sul nucleo rurale di Bagaggera, risalente al Seicento. La località si trova all’inizio del corso superiore del torrente Curone, le cui colline circostanti furono un tempo estese opere di difesa. Il complesso è coronato da campi coltivati, oltre i quali si estendono boscaglie. Dopo circa 500 m si giunge a Cascina Valfredda, che deve nome alle caratteristiche climatiche della zona. Oggi è circondata da prati utilizzati per il pascolo e per lo sfalcio. Un tempo vi era una chiesa con un altare dedicato alla Vergine della Neve. La fontana in pietra adiacente al lavatoio, su cui sono ancora visibili antiche incisioni, è un esempio di riutilizzo di un importante manufatto in epoche successive. La vasca è probabilmente costituita da un sarcofago romano, poi riutilizzato in epoca medievale come altare della chiesetta. Superato il lavatoio, seguire le indicazioni per Cà Soldato lungo il sentiero che si inoltra nel bosco con prevalenza di castagno, farnia e carpino.Dopo lo stagno, si arriva a Cà Soldato. La cascina è adibita a centro Parco e dispone di un museo nel quale vengono proposti gli ambienti e la fauna che caratterizzano il territorio del Parco, oltre agli attrezzi agricoli e della vita contadina un tempo utilizzati. L’origine del nome della cascina, abitata fino al 1987, riporta alla memoria antiche battaglie e la fortificazione romana a salvaguardia di una fornace. Di fronte all’edificio, i prati resistono all’avanzare del bosco. Da qui prendere la sterrata che scende e si inoltra nuovamente nel bosco, come indica il segnavia n. 11 Cipressi – Galbusera Bianca. Attraversare il torrente Curone e giunti all’incrocio proseguire a sinistra.La denominazione della Valle del Curone è la prova della presenza etrusco-ligure in questo territorio. Curone deriverebbe dal nome di una tribù, i Curuni, che stanziandosi avrebbero dato nome alla valle e al torrente. Si cammina lungo una strada immersa tra i prati, mantenuti per la produzione di foraggio da sfalcio e dopo circa 400 m, si incontra il nucleo rurale di Malnido. In tempi remoti, tale località fu il centro di una fornace per la produzione di laterizi. Lo sfruttamento estrattivo ha lasciato ancora tracce visibili della fornace che, preesistente alla conquista romana, si trasformò poi in un complesso, forse il più grande dell’Italia transpadana, per la produzione di embrici e materiale da costruzione.All’insediamento costituito da un vecchio caseggiato, sono stati affiancati edifici più recenti adibiti ad attività agricole.Prendendo la carrareccia con segnavia n. 1 Pianello che risale la valle, si giunge ai ruderi di Cascina Ospedaletto, il cui nome evoca il ruolo svolto dal fabbricato durante la peste seicentesca, dove venivano ricoverati gli infermi. Secondo alcuni l’edificio potrebbe anche aver svolto funzione di accoglienza per i pellegrini di passaggio. Seguendo il segnavia n. 2, il sentiero si inoltra nella vegetazione boschiva salendo per la collina fino a Cascina Scarpada, caratterizzata da una loggia chiusa. Insieme a Cascina Costa sorge in posizione panoramica sulla Valle del Curone. Oggi ospitano un’azienda vitivinicola e sono sede di un agriturismo.Attorno alle due cascine, i terrazzamenti sono coltivati a vigneto. Il percorso continua a mezzacosta con saliscendi, tra vigneti, campi adibiti al pascolo e prati.L’anfiteatro che da Cascina Scarpada si estende fino a Galbusera Bianca, costituisce l’habitat dei prati magri. I prati e i terrazzamenti sono ricchi di specie vegetali termofile. Fra le molte specie che compaiono in questi ambienti spiccano le orchidee. La ricchezza floristica ha anche grande importanza per la fauna. La conservazione di questi ambienti è dipendente dalle modalità di gestione.La cessazione dell'attività agricola riavvia la trasformazione verso il bosco, con la scomparsa di specie di importanza naturalistica, la cui presenza è legata alla pratica dello sfalcio. La Galbusera Nera è costituita da due edifici orientati ad est-ovest. I muri ospitano affreschi ottocenteschi raffiguranti una Madonna e il beato Giobbe. La devozione popolare per San Giobbe è legata alla tradizione della Brianza e in particolare alla bachicoltura. Attorno alla cascina i terrazzamenti sono coltivati a vigneto. Più avanti, collegata a mezzacosta sul pendio, sorge Galbusera Bianca. Il complesso rurale è composto da una casa padronale, tre cascine, una stalla e una chiesetta: insieme formano un borgo noto nel Trecento con il nome di Valbissera. La presenza di un edificio di culto dedicato a San Francesco conferma che in passato era un nucleo insediativo. La spiegazione più plausibile sulla divisione delle due cascine tra bianca e nera si rifà al colore delle uve che vi venivano coltivate.Da qui prendere la mulattiera che sale dopo la Chiesa di San Francesco (segnavia n.11 Cipressi – Pianello). Arrivati di fronte alla scalinata, salire tra i filari di cipressi, architetture vegetali che caratterizzano il paesaggio della Valle del Curone. La loro originaria funzione era quella di individuare i confini di alcuni possedimenti terrieri dell'area lungo il crinale ed i pendii delle colline.La mulattiera segue il crinale fino a risalire una collina piramidale, con gradoni terrazzati lasciati a prato.In primo piano, si staglia il versante sud del Monte di Brianza, una dorsale che con il Parco del Curone e il Parco Regionale del Monte Barro creano un unico sistema che arriva fino a Lecco.Dopo essere scesi dal crinale, il sentiero arriva in località Pianello. All’incrocio seguire il segnavia n. 7 – Missaglia. Più avanti si apre sulla piana di Bernaga e i suoi campi terrazzati, dove più alto sorge il Monastero di clausura delle Monache Romite Ambrosiane.Dopo circa 500 mt. prendere la direzione del segnavia n. 7 – Panoramica – Missaglia. La mulattiera si inoltra nel bosco per poi incrociare la strada panoramica che sale a Montevecchia.Più avanti, seguire le indicazioni per Valle Santa Croce e scendere per la sterrata che si snoda nel bosco fino al fondovalle. Nella valle sono ben distinguibili le localizzazioni delle attività agricole e forestali: sulle pendici scoscese e soggette a rischio di dissesti idrogeologici, domina il bosco visto come sussidio all’attività agricola tradizionale (legna da ardere e paleria ad uso agricolo) laddove la pendenza si riduce, l’attività umana ha creato una serie di terrazzamenti. Nel fondovalle dominano campi coltivati anche se la presenza di boschetti e siepi crea un ambiente variegato di valore paesaggistico e naturalistico. Il nome della valle deriva dalla chiesa rimaneggiata e menzionata già in un documento del 1289 come ecclesia. Il muro di cinta della cappella conserva un’incisione pre-romana, testimonianza degli abitanti di questa valle. Salire di nuovo e prendere il sentiero sui campi terrazzati. Guadare il torrente e inoltrarsi nel bosco fino al nucleo di antica formazione di Cascina Novelè, ancora oggi abitata da più famiglie. L’abitazione a pianta quadrata consta di due piani più un sottotetto colombaio-fienile. Sulla facciata vi è una edicola scavata nel muro che contiene una statua votiva di Sant’Antonio di Padova (protettore dei bambini).La carrareccia arriva a Cascina Bellesina Inferiore, la sola superstite delle due originarie (inferiore e superiore) e ancora ad oggi abitata. Questa struttura in pietra molera si trova in posizione dominante sulla parte sud della Valle Santa Croce. Il portico protegge un’icona dedicata alla Madonna del Bosco.A Cascina Bellesina ha sede un’azienda agricola che si occupa di allevamento di pecore della razza brianzola. Superati alcuni terrazzamenti coltivati a vite, prendere la carrareccia che scende fino al fondovalle e che costeggia Cascina Fornace, oggi completamente ristrutturata. A nord della cascina si trovava la parte rustica, con stalla al piano terra e fienile al primo piano. Ancora oggi si vede il nucleo più antico, cui furono aggiunte altre parti in epoche successive. Prendere il segnavia n. 6 Lomaniga. Qui c’è una croce votiva scolpita nella pietra molera che reca i motivi della morte ed i simboli della passione. Il manufatto risale ai tempi della peste e indica la presenza di luoghi di sepoltura. La strada percorre il fondovalle, costeggiando il torrente Molgoretta e inoltrandosi in un bosco igrofilo, con la prevalenza di ontani neri e frassini. Al bivio, seguire il segnavia 6A Lomaniga e salire da Pianetta Bassa a Pianetta Alta. Giunti alle ultime abitazioni la mulattiera prosegue fino alla località Oliva, da cui con un breve tratto su strada in discesa, si torna sulla strada provinciale e quindi al parcheggio di Lomaniga.
Grande anello del Parco del Curone

Panchine giganti d’artista

La caccia al tesoro è aperta. Scopri 6 tra le Big Bench di Chris Bangle, coloratissime panchine fuori scala che impreziosiscono i paesaggi lombardi.
Ph: I Mille

Accademia Carrara

1.800 opere, 5 secoli d’arte italiana, da Raffaello a Baschenis, in uno dei musei più visitati d’Italia, l’Accademia Carrara di Bergamo
Accademia Carrara - Bergamo - @inLombardia