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Itinerario tra i vigneti valtellinesi

Questo percorso inaugura una serie di itinerari parte del progetto InTERRACED – net di Interreg, una collaborazione Svizzera-Italia nata per valorizzare un paesaggio di grande valenza ambientale: il terrazzamento. Tra le varie tipologie di terrazzamento sarà possibile ammirare, lungo questo sentiero, quello tipico del versante retico valtellinese. Queste costruzioni fanno parte della cultura montana della zona e sono testimonianza di tecniche costruttive tradizionali, frutto di impareggiabile conoscenza tecnica, materica e delle specificità ambientali e naturali del luogo. La viticoltura valtellinese è proprio possibile grazie a queste soluzioni ingegnose che addolciscono pendenze proibitive e portano la vite al limite delle sue possibilità vegetative, sfruttando ogni centimetro disponibile del terreno montano per questa coltura. In piazza Matteotti ad Ardenno, incrocio tra la via che porta in Val Masino e la via Duca D’Aosta che porta verso il centro, la comodità di un parcheggio pubblico diventa il punto di partenza del tracciato. La via comunale Duca d’Aosta incrocia sulla sinistra la via Calchera che porta ai piedi del versante. Lungo questa via che sale leggermente s’intravedono i primi terrazzi, molti di questi ormai fagocitati dal bosco. Questo comune è tra quelli che nel passato non ricadevano nell’area Docg per questo è il territorio che più di altri ha perso superficie vitata (oltre 70%). Lungo questa via si possono ammirare anche impianti di uliveti che hanno rimpiazzato i vigneti e hanno il compito di mantenere vivo il terrazzo. Arrivati all’incrocio con via Cavour si prende quest’ultima e si sale tra i vecchi nuclei dai tetti in piode, per poi prendere via Magiasca, che si percorre fino a via Cavallari, da dove inizia la parte sentieristica del tracciato.Il sentiero attraversa in verticale il pendio, tra vecchi terrazzi vitati e impianti a uliveti e frutta varia che, intersecando vecchi nuclei, raggiunge la contrada Gaggio posta a 550 m/slm. Si sale ancora per altri 150 metri di quota, si attraversa il torrente Gaggio e si entra nel territorio comunale di Buglio in Monte. La direzione del sentiero punta decisamente verso est e si attraversa l’abitato di Buglio, posto su una magnifica balconata che domina la piana della valle dell’Adda. Tra vecchi nuclei, prati e boschi si attraversa la val Primaverta per entrare nel territorio di Berbenno in Valtellina.Tra antichi maggenghi e boschi di castagno, dopo circa 2 km, si arriva al balcone della contrada Maroggia. Questa è una tipica e pregevole vecchia contrada, in parziale stato di abbandono, che dà il nome alla sottozona “Maroggia”. Si prosegue attraversando il torrente Vignone e dopo circa 200 m si giunge sul versante terrazzato di Monastero. Le superfici vitate aumentano e si inizia a respirare quell’aria fatta di fatiche antiche e attuali. Dopo la contrada dei Piasci si prosegue sempre verso est, tra piccoli vecchi nuclei, spazi coltivati a prati per giungere nel cuore dell’area terrazzata di Berbenno tra vigneti antichi, qualche nuovo impianto e ulivi. Sempre proseguendo ad est tra fontane e lavatoi si attraversa la parte vecchia della frazione di Regoledo e si prende la stradina detta Credee per iniziare il sentiero che porta al torrente Finale, dove appare la zona degli antichi “Mulini” che offrono uno spaccato di un passato non troppo lontano.Il sentiero ci riporta dentro la vecchia contrada di Polaggia. Si prosegue verso Postalesio tra prati, nuovi vigneti, mirtilli e meleti e si attraversa il torrente Caldenno giungendo al piccolo borgo di Postalesio, per poi puntare verso Castione Andevenno. Appena sopra l’abitato di Postalesio si possono ammirare le “piramidi di Postalesio. Castione assieme al comune di Sondrio, Montagna in Valtellina e Poggiridenti rappresentano il cuore dell’area vitata valtellinese, dove si trovano le più note e conosciute aree produttive Sassella, Grumello e Inferno. Da Castione in avanti, fino a Poggiridenti, si è immersi e rapiti completamente dalla bellezza dei terrazzi e l’azione dell’uomo, che ha rubato alla roccia per coltivare, è percepibile anche agli occhi del distratto. Terrazzi, vecchi mulini, incisioni rupestri, ponti sospesi, castelli medievali, nulla manca in questo tragitto immersi in queste tre aree a docg. Nel comune di Castione e più precisamente nella località Vendolo è possibile visitare il “mulino della Rosina” recentemente restaurato e visitabile. Da Castione verso est si percorrono le frazioni fino a giungere alla località Grigioni e qui inizia il viaggio dentro quella che è ritenuta l’area più pregiata della produzione vitivinicola valtellinese: il Sassella. Terrazzi mozzafiato a strapiombo sulla valle proseguono senza sosta. Prima di giungere Triasso, al confine tra i due comuni e all’incrocio tra via Grigioni e via Moroni, 200 metri ad ovest si può visitare il “Parco archeologico tra le vigne terrazzate”. La frazione di Triasso, già in comune di Sondrio, merita una visita essendo un borgo sospeso nel tempo, al servizio della viticoltura, circondato da castagneti secolari e che nel periodo di ottobre riprende vita durante la vendemmia. Si prosegue lungo la strada delle Sasselle fino alla parte bassa della frazione di Sant’Anna. Siamo nel cuore del Sassella e qui il panorama rapisce il viaggiatore. Si prosegue quindi verso nord raggiungendo la località Mossini. Dal 2021, grazie alla realizzazione della “passerella pedonale sulle cassandre” del torrente Mallero, è possibile arrivare alla località Ponchiera e ritrovarsi sui vigneti dei “Dossi Salati” nel cuore della denominazione Grumello. Il nuovo ponte “tibetano” è diventato in poco tempo un’attrazione meta di turisti che, grazie alla passerella, ha scoperto luoghi e angoli vitati sconosciuti. La strada interpoderale della “Sassina” attraversa in diagonale la parte alta della denominazione Grumello. Il panorama dall’alto permette di vedere la chiesa di Sant’Antonio e il famoso Castel Grumello. La visita al castello permette di ammirare anche la parte bassa della denominazione Grumello a strapiombo sulla valle dell’Adda. Proseguendo il cammino si arriva nel comune di Poggiridenti patria della denominazione Inferno, che si stende ai piedi del viaggiatore in tutta la sua verticalità. Il confine tra Poggiridenti e Tresivio non è percepibile perché i due comuni si abbracciano ed è proprio sul confine dei due comuni che appare in tutta la sua maestosità la “Santa Casa Lauretana”, una chiesa che sembra quasi “stonare” per lo sfarzo e il fascino che emette. Il viaggio continua attraversando il centro storico di Tresivio e, appena dopo l’abitato, il viaggiatore viene colpito dal verde intenso dei meleti. Stiamo, infatti, viaggiando verso il comune di Ponte in Valtellina, paese che per primo, negli anni 50’ ha trasformato il proprio conoide, da prato a meleti, dando i natali alla mela di Valtellina conosciuta anche con il nome di Melavi.Il sentiero si tiene alto sul conoide di Ponte, attraverso meli e vigneti e permette di ammirare fino al confine con Chiuro i tetti in piode di serpentino che caratterizzano questo borgo dalla storia antica. Una visita al centro storico di Ponte è obbligatoria. Il torrente Val Fontana obbliga a percorrere la strada provinciale 21, fino alla frazione Castionetto di Chiuro, per circa 500 metri. Chiuro è da sempre la capitale vinicola della valle. Le maggiori cantine enologiche sono concentrate in questo territorio (oltre 60% dell’intera produzione vinicola) trova qui la sua produzione.Appena a monte dell’abitato di Castionetto merita una visita la “Torre di Castionetto” appartenuta alla famiglia ghibellina dei Quadrio e risalente ad epoca compresa tra il XII e il XV secolo.Dalla frazione di Castionetto si scende verso la Chiesa di San Bartolomeo dove termina il nostro viaggio attraverso la storia e la bellezza di vigneti unici.
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Il centro storico di Clusane d’Iseo

Clusane, il cui toponimo potrebbe derivare da Clodius o da Chiusa, è situato sulla riva meridionale del Sebino. Comune autonomo fino al 1927, oggi è frazione di Iseo. È uno dei paesi a lago più antichi: insediamenti di comunità primitive fin dal Paleolitico sono testimoniati da tracce di attività palafitticole e ritrovamenti di punte di freccia e altri reperti. La zona fu abitata anche dai Romani, la cui presenza è rivelata dal ritrovamento di una lapide dedicata al dio Giove, oggi conservata al Museo Maffeiano di Verona, e dai resti di una villa nel centro storico del paese. Nel paramento in pietra sul lungolago si possono infatti distinguere una nicchia a pianta semicircolare affiancata su entrambi i lati da una serie di archetti ciechi forse pertinenti a un ninfeo. In base al vasellame rinvenuto durante scavi archeologici di emergenza, è possibile datare la villa al I-II secolo d.C. In questo stesso tratto di lago vi erano, in età longobarda, le riserve di pesca del monastero di Santa Giulia di Brescia. La prima menzione dell’abitato risale alla fine dell’XI secolo, quando i fratelli Aliprando e Alberto, appartenenti alla nobile famiglia longobarda dei Mozzi, donarono al monastero di Cluny la loro parte di una cappella dedicata ai santi Gervasio e Protasio che si trovava all’interno del castrum. L’atto fu firmato a Iseo il 12 luglio 1093 e comprendeva anche tutte le case, i terreni e le decime pertinenti alla donazione. I monaci si insediarono quindi nell’antico castello, costruirono un monastero fra 1112 e 1113, intorno al quale si raccolse una piccola comunità di contadini e pescatori. Nella prima metà del XII secolo Santi Gervasio e Protasio dipendeva dal monastero di San Paolo d’Argon; nel 1144 passò alla pieve di Iseo e il censo annuo era raccolto dal priorato di San Pietro in Lamosa di Provaglio d'Iseo, sotto il cui controllo passò definitivamente nel 1274. L'abitato di Clusane si costituì intorno al castrum che conteneva, oltre alla cappella, il primo nucleo di case. Tracce della fortificazione sono ancora visibili nel centro storico, racchiuso dalle vie della Chiesa vecchia, Molino, Castello e Ponta: in via della Chiesa vecchia vi è un arco in pietra che proteggeva la parte più elevata dell’insediamento, e in via Molino vi è la porta con antiporta. In questa via, dove probabilmente si trovavano i mulini segnalati nel Seicento, si riconoscono anche tratti di mura e basamenti di case medievali, e sono da segnalare le ville Mondella (XVII secolo) e Baroni (XVIII secolo) e il mulino moderno chiuso nel Novecento. Nel XIV secolo il comune di Clusane era amministrato dalla Quadra di Iseo. In questo secolo nacque la parrocchia, segnalata nel 1410, e all’esterno del borgo fortificato venne edificato il castello detto del Carmagnola , probabilmente ad opera della famiglia iseana degli Oldofredi. Fuori dalle mura, vicino al piccolo porto, vi erano le case dei pescatori. Nel 1517 la famiglia Sala, allora feudataria del castello del Carmagnola, costruì una chiesa dedicata a san Rocco nella zona della ”Ponta“. La chiesa parrocchiale fu gradualmente ingrandita nel corso dei secoli, fino all’Ottocento, quando furono aggiunte le due navate laterali, ma nel 1935 fu definitivamente abbandonata in seguito al completamento della nuova chiesa dedicata a Cristo Re: oggi l’edificio, completamente restaurato, è adibito ad auditorium. La fisionomia del paese cambiò nei primi anni del Novecento, quando fu aperto sulla riva del lago l'opificio della filanda Pirola e fu costruita la strada provinciale Iseo-Paratico. Si affermarono inoltre nuove forme economiche che trasformarono i pescatori in ristoratori grazie alla peculiare capacità di cucinare il pesce di lago, in particolare la tinca, pescata soprattutto nella zona a lago detta della “Foppa”, di fronte al paese. La maggior parte dei ristoranti fu costruita lungo la strada provinciale e nella parte verso la collina.   Angelo Valsecchi
Il centro storico di Clusane - ph: visitlakeiseo.info

Il nucleo storico di Tavernola

Tavernola sorge al centro della sponda occidentale del Sebino: il centro storico si articola lungo il fronte lago, anche se fanno parte dell’attuale comprensorio comunale anche le frazioni collinari di Cambianica e Bianica, e quella lacustre di Gallinarga. Fino alla prima metà dell’Ottocento il borgo era isolato e raggiungibile soltanto via lago, poiché la strada litoranea fino a Predore fu realizzata tra 1832 e 1848. L’abitato di Tavernola è stato duramente colpito, nel 1906, da un grave dissesto geologico che causò la frana di parte del paese, poi affondato nel lago. In quella circostanza andò perduta parte del centro antico (probabilmente due isolati) dato che le abitazioni medievali venivano costruite nella zona più pianeggiante a ridosso del lago, dove erano facilmente raggiungibili e si svolgevano le attività mercantili del porto. Tavernola prende il nome dal latino taberna (bottega), anche se nel territorio non sono state rinvenute tracce d’età romana. Lo sviluppo medievale è tuttora documentato da diversi edifici, prevalentemente di carattere fortificato, e dall’impianto urbanistico che presenta uno schema comune a molti paesi in affaccio sul Sebino: una strada principale parallela alla riva del bacino lacustre, da cui si dipartono strette strade parallele che collegavano con la collina retrostante. Nel Medioevo, il porto di Tavernola divenne un importante punto di smercio dei prodotti provenienti da Vigolo e Parzanica, paesi che non avevano sbocco sul lago e rientravano sotto il dominio dei Fenaroli, famiglia attestata nel territorio già nell’XI secolo e che dominava incontrastata in quest’area del Sebino. I Fenaroli (il nome deriverebbe dal fieno raccolto dai prati delle montagne retrostanti per rifornire le città di Bergamo e Brescia) erano di fazione guelfa e scelsero Tavernola come luogo di residenza per controllare le tratte commerciali tra Sarnico e Lovere. Gli statuti del comune di Bergamo del 1331 attestano la vallis Tavernolae, che includeva, oltre a Tavernola, anche Vigolo e Parzanica, definendo il “dominio” dei Fenaroli che controllarono questo territorio fino all’arrivo dei Veneziani (1428). Nel corso del tempo solo la famiglia Fenaroli riuscirà a costituire una sorta di autonomia territoriale, sfruttando l’isolamento geografico delle zone montuose circostanti e il facile approdo al lago Sebino. Sul piano ecclesiastico Tavernola dipendeva dalla pieve di Calepio, con sede nel basso Sebino e geograficamente piuttosto distante: la pieve non riusciva di conseguenza a esercitare un reale controllo e Tavernola giunse a una gestione quasi indipendente. Nella limitata estensione di questo comune, infatti, si trovano numerose chiese di epoca medievale – San Pietro a Tavernola, San Giorgio a Gallinarga, San Michele a Cambianica, San Bernardo a Bianica – che costituivano i punti di aggregazione per le comunità diffuse nel territorio. Almeno dal XII secolo San Pietro era la sede della cura d’anime e solo nel 1570 la cura parrocchiale venne trasferita in Santa Maria Maddalena. Lo sviluppo demografico e le esigenze devozionali determinarono nel Settecento la ricostruzione della chiesa parrocchiale e l’edificazione di una nuova chiesa di San Michele a Cambianica, che affianca la cappella romanica, ma anche la costruzione del santuario di Santa Maria di Cortinica. Lo sviluppo dell’abitato di Tavernola tra XV e XVIII secolo è oggi documentato da alcune case a sud del centro, mentre solo le foto d’epoca restituiscono il fronte lago distrutto dal dissesto del 1906, dominato dallo splendido loggiato aggiunto dall’architetto Giovanni Donegani alle case Fenaroli. I primi decenni del Novecento videro lo sviluppo dell’edilizia Liberty con le belle dimore Capuani (a nord) e degli insediamenti industriali (le filande Sina e Capuani, ancora presso il Rino e ancora più a nord la Cementifera, sorta nel 1902).   Federica Matteoni
Il nucleo storico di Tavernola - Ph: visitlakeiseo.info