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Cosa c’entra la schiavitù in Brasile con l’Hotel Et de Milan?

Purtroppo questa macchia la portiamo nel DNA: da quando esiste l’umanità esiste la schiavitù. 

La macchia più buia di questa orribile tradizione l’abbiamo avuta a partire del 1444 quando in Portogallo è stata realizzata la prima asta di schiavi africani. Da lì in poi, secondo lo storico e scrittore brasiliano Laurentino Gomes nel libro Escravidão, in 350 anni 12,5 milioni di africani sono stati venduti come merce e hanno attraversato l’Atlantico per lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero e caffè del Brasile così come nelle piantagioni di cotone del sud degli Stati Uniti.

Come risultato oggi il Brasile ha la seconda più grande popolazione nera del pianeta dopo la Nigeria. È stato anche, fra i paesi del Nuovo Mondo, quello che per più tempo ha resistito ad estinguere il traffico di persone e l’ultimo ad abolire la schiavitù, attraverso la Legge Aurea del 1888, ossia soltanto 12 anni prima dell’inizio del XX secolo.

Nel 1808, con l’invasione di Napoleone in Portogallo, la corte portoghese scappò in Brasile e questo fu l’inizio dello sviluppo del Paese che da colonia diventava capitale dell’Impero. Nel 1820 la famiglia reale e tutta la corte torna in Portogallo, lasciando in Brasile il Principe Regente Don Pedro I, che nel 1822 dichiarerà l’Indipendenza del paese, staccandosi dalla corte europea.

Con la rinuncia di Pedro I e il suo ritorno in Portogallo, il figlio Pedro II di appena 5 anni viene incoronato Imperatore e il Paese è governato dai reggenti fino a quando il principe non raggiunge l’età di 15 anni per poter governare in autonomia. Don Pedro II cresce in un ambiente di estrema cultura, con maestri francesi che gli trasmettono gli ideali illuministici e progressisti di libertà uguaglianza e fraternità. Lui considerava la schiavitù la più grande vergogna nazionale e non ha mai posseduto schiavi.

Nel 1850, deve ricorrere alla minaccia di abdicazione del trono, per riuscire ad approvare l’illegalità del traffico negriero, mentre nel 1871 riesce a far passare la legge del “Ventre Livre” (ventre libero), ossia tutti i bambini figli di schiavi nati dopo quella data erano liberi.

All’inizio del 1888 l’Imperatore con la moglie partono per un viaggio in Europa, lasciando come reggente del Brasile la figlia, Principessa Isabella, conosciuta come “A Redentora”. Sarà lei nel giorno 13 di maggio di quell’anno a promulgare la legge della liberazione di tutti gli schiavi.

E qui arriviamo al punto cruciale del nostro racconto… 

Don Pedro nel suo viaggio per l’Europa arriva in città e prende ospitalità nell’Hotel Et de Milan, dove il proprietario, signor Giuseppe Spatz, accoglie, “con tutto il personale schierato, le Loro Altezze Imperiali Dom Pedro II di Braganza e l’Imperatrice Teresa Cristina di Borbone delle Due Sicilie.” 

Per l’occasione, Spatz aveva provveduto a fare ridecorare gli appartamenti reali e a ingentilire, sia l’ingresso che le scale dell’albergo, in un lussureggiante giardino tropicale. Durante una gita in barca nel Lago di Como l’Imperatore si ammala gravemente di pleurite, restando fra la vita e la morte, avendo ricevuto perfino l’estrema unzione dalle mani dell’arcivescovo della città.

Il 22 maggio 1888, costretto a letto e ancora in fase di guarigione, riceve la notizia che la schiavitù era stata abolita in Brasile. Con una voce debole e le lacrime agli occhi, mormora: "Grazie a Dio! Grande Popolo! Grande Popolo!” e ha iniziato a piangere copiosamente. Questo fatto viene ricordato ancora oggi!

Entrando nella reception, a destra si trova una statua di marmo commissionata da Spatz, per celebrare l’evento, ma che alla fine, fu donata all’albergo dagli Imperatori stessi, come ringraziamento per tutti gli imprevisti e disagi arrecati all’hotel, a causa della loro lunga ed imprevista permanenza.

Tale statua, in perfetto stile romantico idealizzato, mostra una “india” (e non una nera) con un copricapo e una gonna di piume. Il viso classico è idealizzato e poco ha da spartire con un’africana… Nelle mani ha una lancia con la quale sta uccidendo un mostro con diverse teste e che rappresenta l’orrore della schiavitù. 

Non è sicuramente una rappresentazione perfetta del contesto in cui sono successi i fatti, ma senza dubbio è un’importante ricordo di quella che è la più grande ferita (ancora aperta) nella nostra storia umana e che portò comunque la caduta dell’Impero del Brasile,  perché “quando Pedro II tornò e sbarcò a Rio de Janeiro il 22 agosto 1888, tutto il Paese lo accolse con un entusiasmo mai visto prima. Dalla capitale, dalle province, da ogni dove arrivarono testimonianze di affetto e venerazione".

Con la devozione espressa dai brasiliani per il ritorno dell'imperatore e l’imperatrice dall’Europa, la monarchia sembrava godere di un sostegno incrollabile e sembrava essere all'apice della sua popolarità, ma alcuni mesi dopo, la fine della schiavitù ha innescato un esplicito trasferimento di sostegno al repubblicanesimo da parte dei grandi coltivatori di caffè. Con un grande potere politico, economico e sociale nel paese, i “fazendeiros” consideravano l'abolizione come una confisca della proprietà privata.

Il 15 luglio 1889, l'imperatore Don Pedro II subisce un attentato con sparatoria all’uscita di un teatro nel centro di Rio de Janeiro e il 15 novembre i repubblicani effettuano un colpo di stato e istituiscono la repubblica.

Quando ha sentito la notizia della sua deposizione, Don Pedro ha semplicemente commentato: "Se è così, sarà la mia pensione. Ho lavorato troppo e sono stanco. Ora vado a riposare". Lui e la sua famiglia furono mandati in esilio in Europa.


Testo a cura di EDDY BEDENDO, guida abilitata ConfGuide-GITEC 

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