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Da Bobbio al Pizzo dei Tre Signori

Quarta tappa della DOL (Dorsale Orobica Lecchese), nella quale si affronta l’impegnativa salita del Passo del Toro
4. Da Bobbio al Pizzo dei Tre Signori

Sentiero per tutti

Mappe tattili e panchine: l'escursione è per tutti
Sentiero per tutti

Cima Quarenghi

Trekking per cime nelle Orobie bergamasche
Cima Quarenghi

Pedalando nel Parco della Grigna

Un itinerario fra antichi nuclei rurali, baite tipiche e boschi
Pedalando nel Parco della Grigna

Dal Rifugio Laghi Gemelli al Calvi

Per rifugi e laghetti panoramici, in questo affascinante percorso a ridosso delle Orobie bergamasche
Dal Rifugio Laghi Gemelli al Calvi

L'altopiano del Monte Cancervo

Il Monte Cancervo è una imponente bastionata rocciosa sulla sinistra all’ingresso in San Giovanni Bianco (BG).Montagna selvaggia, precipita sul versante brembano, dolce sulla sommità e boscosa sul versante dell’alta Valle Taleggio. Si lascia la Val Brembana a San Giovanni Bianco e si sale a Pianca per proseguire verso Brembella e Cespedosio dove, poco prima della contrada di Boffalora, nei pressi di un parcheggio, si stacca, sulla sinistra, una cementata con indicato “Monte Venturosa - Passo Grialeggio” (siamo a 1.050 metri).Su questa ci si avvia in salita, si supera un roccolo e si entra diagonalmente nel bosco di faggi. Dopo circa mezz’ora, la strada si restringe a sentiero che raggiunge i ruderi della baita della Vecchia (La Egia de l’Era, 50’, 1.330 m).Ora si prosegue per numerosi corti tornantini sino al Passo Grialeggio (1.690 m), dopo un’ora e 45 minuti di cammino.Quassù si vedono le sagome del Resegone e delle due Grigne e i pascoli dei Piani dell’Alben, dove si distinguono i rifugi Cesare Battisti e Gherardi. A settentrione domina il Monte Venturosa con i suoi verdi bivacchi. Si riparte in piano e, a sinistra, per un centinaio di metri, al suolo, su un masso, un segnavia CAI 102 ci indica la direzione per la Baita Rifugio Cancervo.Ne segue una bella traversata in quota, fino a raggiungere la stalla del Cancervo, subito sopra il “monumento” a Bortolo Danelli e il rifugio Cancervo (45’ dal Passo). Goduta la pausa si prosegue in salita nella direzione suggerita dalla freccia sulla staccionata e, di seguito, i bolli gialli.Si affianca una baita (Galli cedroni) e si continua per la vetta. Dopo 40 minuti di piacevole camminata si è alla vetta, caratterizzata da una croce metallica posta dal CAI di Vaprio d’Adda nel 1981 (1.835 m, 3 h 30’ dalla partenza). Si continua sul versante opposto, verso settentrione, dove già si vede di nuovo il Passo di Grialeggio e, per marcato sentiero, a tratti ripido, lo si raggiunge in 20 minuti. Non resta che seguire a ritroso l’andata, ci si cala a valle sino al parcheggio di partenza (1 h dal Passo). Per ulteriori dettagli: CAI Alta Val Brembana - tel. 0345 82244
L'altopiano del Monte Cancervo

Contrade di Fondra

Si parte dal piazzaletto antistante la chiesa di Fondra (709 m) posta al di là del fiume, percorrendo in salita l’antica strada per Branzi.   Quest’ultima si innesta, dopo poche centinaia di metri, nel provinciale dove si piega a destra e in corrispondenza di una santella, sul lato opposto della strada, si prende il sentiero per Via Piana. Gustato il panorama sul Pizzo dell’Orto, sul Menna e sull’Ortighera si prosegue verso Nord, entrando nel cuore della “Valle” e si raggiunge Pusdosso, l’unica contrada abitata anche in inverno (40’ da Via Piana; 1.050 m). Un borgo rinato per volontà dell’associazione Amici di Pusdosso dopo il forzato abbandono degli anni ’50. Lo spettacolo naturale prosegue seguendo le indicazioni che portano a “Forcella” e attraversando un bosco si giunge alla Baita Fosletta che si costeggia verso destra per attraversare il pascolo e tornare sul bel sentiero nel bosco. Con direzione sud ci si abbassa attraversando vallecole e ripidi tratti, si contornano i pendii del “Cuculì” (il Pizzo, 1.588 m), sino a sbucare alla baita della Piana; in breve, attraverso un giardino all’italiana e a lato di un simpatico monumento ai bovini, si raggiunge la Contrada Forcella (946 m). Si prosegue ritornando sui propri passi, sino a ritrovare il bivio, segnalato, che scende alla Contrada di Foppa (10’ da Forcella). Si esce dalla contrada salendo brevemente sino alla nuova strada realizzata dall’ENEL.Sulla sterrata si scende poche centinaia di metri e prima del ponte si prende a sinistra il viottolo che porta alla teleferica di servizio di Cornelli. Qui diparte un sentiero ben marcato nel bosco, sale verso i ruderi del vecchio mulino e sbuca sulla mulattiera CAI 125 verso Pusdosso e Torcole. Si piega a destra, in discesa, e in breve si è alla Contrada dei Cornelli (946 m). Sempre sul CAI 125 si scendono i tornantini che riportano sulla precedente sterrata, si prosegue lungo le curve e i muretti a secco sino a raggiungere la provinciale e il parcheggio di Fondra (20’ da Cornelli).  
Contrade di Fondra

Dal Rifugio F.lli Longo al Rifugio F.lli Calvi

Permette di collegare il rifugio F.lli Longo con il rifugio F.lli Calvi e rappresenta un’alternativa alla quinta tappa. Lasciato il rifugio F.lli Longo (2.026 m), ci si incammina lungo lo sterrato e in poco tempo si risale lo sbarramento artificiale della diga del Diavolo (2.143 m). Nell’attraversare la diga non si può fare a meno di soffermarsi a osservare l’imponente mole del monte Aga, con le sue scure pareti che scendono fino a lambire le acque del lago. Oltrepassato lo sbarramento, si prende a salire per un sentiero inizialmente poco evidente. Il percorso, indicato con frequenti segnavia, si snoda attraverso macchie d’erba e macereti. Un tratto in diagonale inciso nella montagna e un breve strappo finale consentono di giungere al passo della Selletta (2.372 m – 1h dalla partenza). Non si può certo restare insensibili al panorama che ci offre: di fronte a noi si distende l’intera conca del Calvi circondata da numerose cime. Su tutte domina il Pizzo del diavolo di tenda, considerato dai bergamaschi un piccolo Cervino, seguono nell’ordine il Pizzo Poris e i monti Grabiasca, Madonnino e Cabianca, mentre più in basso, in una posizione privilegiata, poco distante dal lago Rotondo, si scorge la costruzione del rifugio F.lli Calvi, meta finale della nostra tappa. Dal passo si prosegue attraversando in piano una grossa pietraia, dopodiché si inizia a scendere lungo il pascolo aperto e, guidati dai segnavia, a quota 2.125 metri s’incontra la più in quota delle baite: Armentarga. Si riprende la marcia in piano e, dopo una breve discesa, si raggiunge la seconda baita (2.073 m). Attraversato un torrente si risale leggermente, quindi, nuovamente in discesa, si scende sul fondo di una valle incassata, poi, con breve salita si attraversa una costa, passando nei pressi dei ruderi di una baita. Attraverso un sentiero, ora più marcato, si digrada mentre lo sguardo è attratto dalla mole del monte Grabiasca e da alcune cascatelle formate dall’appena nato fiume Bremboche si supera con un ponticello in legno (2h 15’ dalla partenza). Incontrate le baite Poris (1.988 m), il tracciato diviene pianeggiante, poi, muovendosi fra radi larici, con alcuni brevi saliscendi, arriva sul bordo del lago Rotondo (1.972 m), in corrispondenza di un piccolo sbarramento artificiale. Ora, con breve salita, non rimane che raggiungere il rifugio, ormai visibile sull’opposto versante.  
Dal Rifugio F.lli Longo al Rifugio F.lli Calvi

Attorno al Campagano

Il punto di partenza è a circa un chilometro a monte del paese di Valcanale, frazione di Ardesio (Bergamo), laddove, superato il laghetto, la strada compie una curva e, poco oltre il ponte, è sbarrata.   Si imbocca verso destra la stradetta (segnavia CAI 220) che si snoda in una luminosa pineta con squarci sulle cime di Fop e di Valmora. Si sale fino a trovare sulla destra una sorgente d’acqua fresca (1.350 m circa). Ancora qualche minuto di salita e poi si sbuca nella conca del rifugio Alpe Corte (1.410 m, 45’ dalla partenza). Da qui si imbocca la stradina, ideata come percorso per diversamente abili (CAI 216) e la si segue sino al bivio dove la si lascia per seguire il sentiero che porta al Rifugio Laghi Gemelli. Si prosegue sino al primo ponticello di legno gettato sul torrente Acqualina. Qui troviamo la tabella metallica che ci indirizza per il Giro del Campagano (CAI 365 A, 15’ dal rifugio). Senza varcare il ponte seguiamo i segnavia, dapprima a fianco del fiume, poi in salita verso destra. Qui, dopo qualche minuto si è sui bordi alti dei pascoli precedentemente attraversati in basso. Poi il sentiero è netto e si snoda nel bosco e, dopo una ventina di minuti sbuca sui pascoli occidentali del Monte Campagano, a circa 1.600 metri, presso il Roccolo di Corte. Stando al limitare del bosco si intraprende la traversata che ci porta alla Baita di Campagano. Il proseguimento della traversata offre passaggi da Indiana Jones e un lungo lavoro di scavalcamento di arbusti. Poi eccoci all’Alpe di Zulino Alto (1.600 m, 2 h 45’ dalla partenza). Il ritorno al rifugio lo facciamo scendendo fra i prati che portano all’alpeggio di Zulino basso (1.441 m). Attraversato l’alpeggio, sempre con il segnavia 265 A ci si abbassa ancora, sino a incrociare il sentiero CAI 265 che proviene dal rifugio Alpe Corte. Qui, chi ha fretta, continua la discesa su Valcanale (40’), invece chi vuole chiudere l’anello si piega a destra per attraversare la pineta e si raggiunge il rifugio Alpe Corte. Da qui si arriva al parcheggio seguendo la stessa strada dell’andata.  
Attorno al Campagano

Scialpinismo in Val d'Arigna

In località Casacce, a Ponte in Valtellina (Sondrio), vanno individuati i cartelli, non troppo evidenti, che indicano le località Sazzo-Arigna-Briotti. Si prende la strada che conduce, attraverso la splendida val d’Arigna, alla centrale di Armisa. Ci si trova così in località Ca’ Pizzini a 1.041 metri di quota, dove si parcheggia l’auto. Con un buon innevamento si possono già inforcare gli sci e avviarsi, seguendo la stradina, verso i prati della località Foppe (1.369 m). Qui vale la pena fare una sosta e guardarsi attorno. Il paesaggio che si spalanca davanti agli occhi regala una veduta sulle più belle cime delle Orobie. Si prosegue ora per le baite Moretti (1.456 m) e poi fino alle baite Campei (1.638 m). A monte di queste bisogna puntare a sud-est, attraversando un tratto di bosco con radi abeti che, dopo circa 100 metri di dislivello, si apre in una zona dominata dai caratteristici «pillow» (rocce coperte da neve). Si sale in direzione nord-est e ci si immette nell’evidente valletta all’estrema sinistra che, tenendo la faccia a monte, sbocca nelle conche limitrofe al rifugio Pesciӧla. Si procede in direzione sud-sud-est fino a quota 1.950 metri. Il pendio diventa adesso più ripido e continuando in direzione est si sale una valletta che si apre, a sinistra, a quota 2.000. Ci si immette così nella soprastante valletta e la si segue fino alla punta Pesciӧla (2.344 m), in corrispondenza dello spartiacque tra la val d’Arigna e la val Malgina. La si supera e si avanza su un terreno vario fino al pizzo di Faila (2.491 m). Normalmente gli sci vengono lasciati a quota 2.381 metri, in prossimità di una piccola croce. Ecco perché in realtà si dovrebbe parlare di pizzi di Faila. La cima più elevata invece la si può raggiungere percorrendo gli ultimi ripidi metri a piedi. La discesa si effettua lungo il percorso di salita.  
Scialpinismo in Val d'Arigna

Il sentiero delle scale

Siamo a Crevenna, frazione di Erba (Como). Lasciamo l’auto nel parcheggio di fronte alla chiesa di Santa Maria Maddalena e ci avviamo a piedi in salita in via Foscolo.   Prendiamo poi sulla sinistra via Minoretti e la seguiamo fino a trovare un bivio con diversi cartelli segnaletici di sentieri, tra cui Orrido di Caino-scala di legno-scala di ferro. Prendiamo lo sterrato di sinistra: siamo in località Cà Nova, dove inizia il nostro percorso nella valle del Bova. Proprio qui si trova il serbatoio idrico che capta l’acqua nei pressi dell’orrido di Caino, dove siamo diretti. Proseguiamo comodamente sulla carrareccia e ignoriamo i bivi che conducono al buco del Piombo e all’eremo di San Salvatore. Guardando sul versante opposto della valle, vediamo in tutta la sua grandiosità la parete calcarea con l’ingresso della grotta.Continuiamo sul sentiero che segue il corso del torrente e lo guadiamo con attenzione: la portata dell’acqua è fortemente stagionale. Quando la valle inizia a stringersi ci troviamo in un prato circondati dalle imponenti pareti strapiombanti che supereremo poco più avanti grazie alla scala di ferro a est e alla scala di legno a ovest. Più avanti incontriamo un ponticello di legno: da qui inizia la parte più impegnativa del percorso. Andiamo verso est, seguendo le indicazioni per la scala di ferro e troviamo alcune catene che agevolano la salita fino ad arrivare alla vertiginosa scala. La saliamo con attenzione e giungiamo così sopra alla stretta e profonda forra di Caino, che attraversiamo con uno passaggio protetto da un parapetto. Procediamo lungo il sentiero e, ignorando la segnaletica che ci porta in altre direzioni, arriviamo alla scala di legno che percorreremo in discesa. Dopo poco saremo di nuovo al ponticello di legno e potremo riprendere il percorso verso l’imbocco della valle. Il suggerimento è però di allungare l’escursione visitando anche gli altri punti di interesse nella zona.  
Il sentiero delle scale

Itinerario ad anello da Lomaniga

Dal parcheggio di Lomaniga, si segue la strada provinciale fino alla Chiesa. Prendere a destra la via che parte da Piazza Pio XII e che corre parallela al provinciale e camminare fino a incrociare via Cascina Palazzina, dove una palina indica il segnavia n. 8 per Montevecchia Alta. Si svoltare a sinistra e si percorre la sterrata che salendo si inoltra in un bel bosco di querce e arriva alla Cascina Verteggera. Il nome della frazione Verteggera (nel passato chiamata Varteggera, come riportato sulla vecchia cascina), deriva da versus agger che significa aggirare la fortificazione. In epoca romana qui passava la strada (oggi confine tra Missaglia e Montevecchia) che aggirava una fortificazione e conduceva alle cave a cielo aperto, ora frazione Cappona. Il paesaggio terrazzato di Verteggera si presenta come era anticamente: la coltivazione, effettuata secondo gli antichi metodi non è mai cessata. Si coltivano rosmarino, erbe aromatiche, alberi da frutta e vite. Da notare la presenza di terrazzamenti accessibili solo a piedi, per mezzo di ripide scalinate: vere e proprie opere di ingegneria contadina. Il sentiero prosegue in piano in uno scenario in cui il paesaggio terrazzato è attore indiscusso. Interessante il lavatoio in pietra di Verteggera, che rappresenta uno dei più bei manufatti del Parco. Si trova sulla destra del sentiero, prima di inoltrarsi nuovamente nel bosco. Tra le pareti del lavatoio, cresce una piccola e graziosa felce capelvenere, che trova l’habitat ideale nelle fessure delle rocce soggette a stillicidio, come le pareti umide di roccia calcarea di vecchi lavatoi. Nel Parco è rarissima e localizzata in poche stazioni. L’itinerario prosegue pianeggiante in un bosco fino ad incrociare una stretta strada e salire fino ad arrivare a Cascina Casarigo, struttura di origini antiche. Il toponimo di questa località, stando alle fonti catastali, deriva da Castrago e quindi da castrum che significa “sede di un accampamento”. Ciò induce a ritenere che la zona era abitata già in epoca romana. La cascina sorge arroccata sopra un poggio, coronata da una teoria di vigneti. Di sotto si allunga la pianura, poco sopra fanno da contrasto i verdi boschi del Parco.Da Casarigo scendendo fino ad Ostizza, si dispiegano ordinati terrazzamenti coltivati a vite. La mulattiera continua in salita. A sinistra, nelle vicinanze di una cappelletta in rovina, una palina indica di seguire il segnavia n. 8 per l’Alta Collina. Tra affioramenti di arenaria, una mulattiera con gradinature in molera, sale decisa guadagnando dislivello fino a giungere alla frazione Galeazzino. Salendo fuori dal bosco, si apre uno scenario spettacolare di architettura rurale: un complesso sistema di terrazzamenti scolpisce il ripido versante, frenando la verticalità del pendio e lunghi filari di vite ne tracciano simmetriche le curve di livello. I versanti meridionali della collina di Montevecchia non hanno mai cessato di essere intensamente sfruttati per uso agricolo. Percorrendo i sentieri e le strade che si snodano lungo i versanti soleggiati del colle, si osservano le sistemazioni dei versanti tipiche del Parco: i ronchi (i terrazzamenti) sostenuti dalle murature in pietra a secco. Qui le piane dei terrazzi ospitano ancora oggi, nella maggior parte dei casi, filari di vite associate alle piante aromatiche tipiche di Montevecchia: la salvia e il rosmarino. Dalla frazione Galeazzino si gode il panorama sulla pianura e fino agli Appennini e al termine della mulattiera si arriva nella raccolta piazzetta di Montevecchia Alta da cui si gode di una vista stupenda. Merita una visita il Santuario Beata Vergine del Carmelo, una delle chiese più suggestive della Brianza per via della sua posizione in cima al colle. Sulla destra della piazza la strada sale in una breve salita per arrivare di fronte ai 180 gradini della celebre scalinata. Grazie alla sua posizione emergente ha ricoperto nel corso dei secoli una funzione di richiamo per gli abitanti di tutte le zone vicine ed è a diventata un’icona per tutta la Brianza collinare. Nei primi anni del Seicento il preesistente edificio di culto fu abbattuto e in suo luogo fu costruito l’attuale santuario in stile barocco, ad unica navata, di 5 campate rettangolari con volte a crociera. Ritornando alla piazzetta e seguendo le indicazioni della palina del Parco si procede sul sentiero n.10 fino all’incrocio con Via Alta Collina, dove si gode del panorama della DOL Dorsale Orobica Lecchese con l’iconica sagoma del Resegone e il gruppo delle Grigne. Dall’Alta Collina, la Valle del Curone si rivela in tutta la sua bellezza, facendo mostra del suo caratteristico paesaggio terrazzato, in particolare dello spettacolare versante della Valle delle Galbusere. All’incrocio con la strada, seguire le indicazioni della palina con segnavia n. 9 Strada del Malveggio; quindi attraversare e svoltare a sinistra, camminando sul marciapiede per attraversare la frazione Livello ed arrivare salendo fino alla frazione di Ghisalba. Il toponimo della frazione è legato alla presenza di un santuario esistente dal colore bianco, ecclesia alba, chiesa bianca. A circa metà della salita, prendere a destra la direzione del segnavia n. 9 Strada del Malveggio, un’ampia carrareccia procede in piano tra filari di vite, dove i terrazzamenti seguono l’andamento ondulato della morfologia del pendio, creando curve armoniche. Si cammina sempre in piano fino ad arrivare alla frazione Vigna, dove in mezzo al bosco, sul limitare della carrareccia si trova il lavatoio di San Bernardo.Più avanti, il bosco, con formazione in prevalenza di castagno e querce, lascia spazio a un’ampia radura. Durante l’itinerario, si incontra una deviazione che scende verso il fondovalle. In questo caso mantenere sempre il segnavia n. 9, prendendo il sentiero che prosegue pianeggiante.La carrareccia termina quando incontra la strada sterrata (Strada Panoramica). Seguire le indicazioni del segnavia n. 9 Valle Santa Croce – Missaglia svoltando a destra. Più avanti, in prossimità di una stanga sulla sinistra, seguire sempre le indicazioni per Valle Santa Croce e scendere per la sterrata che si snoda nel bosco con ampi tornanti fino al fondovalle.Nella valle sono ben distinguibili le diverse localizzazioni delle attività agricole e forestali: sulle pendici troppo scoscese per le attività agricole e soggette a rischio di dissesti idrogeologici, domina il bosco visto come sussidio all’attività agricola tradizionale (legna da ardere e paleria ad uso agricolo) laddove la pendenza si riduce, l’attività umana ha creato una serie di terrazzamenti. Nel fondovalle dominano campi coltivati anche se la presenza di boschetti e siepi creano un ambiente molto variegato di elevato valore paesaggistico e naturalistico.Il nome della valle deriva dall’antica chiesa più volte rimaneggiata e menzionata già in un documento del 1289 come ecclesia. Il borgo ha origini antichissime. Il muro di cinta della cappella conserva un’incisione pre-romana, testimonianza degli antichissimi abitanti di questa valle. Per visitare Valle Santa Croce camminare fino alla strada del fondovalle e poi salire a sinistra per il centro abitato. Per proseguire l’itinerario ad anello, salire di nuovo per la stessa sterrata e prendere a sinistra il sentiero sui campi terrazzati. Guadare il torrente e inoltrarsi nel bosco camminando fino ad arrivare al nucleo di antica formazione di Cascina Novelè, ancora oggi abitata da più famiglie. L’abitazione a pianta quadrata consta di due piani più un sottotetto colombaio-fienile. I piani sono collegati da una scala posta in un piccolo porticato contenuto entro il perimetro della casa e che al primo piano diventa ballatoio aperto con balaustre in legno Sulla facciata vi è una edicola votiva scavata nel muro che contiene una piccola statua votiva di Sant’Antonio di Padova (protettore dei bambini). La carrareccia arriva pianeggiante nei pressi di Cascina Bellesina Inferiore, la sola superstite delle due originarie (inferiore e superiore) che è tuttora abitata. Questa i trova in una posizione da cui si domina quasi tutta la parte a sud della Valle Santa Croce ed è costituita da un unico corpo di dimensioni contenute. Disposta su due piani, più un colombaio, è caratterizzata dalla presenza di un portico a due arcate al piano terra, con sovrastante loggia. La struttura è completamente in pietra molera e gli spigoli dell’edificio sono rinforzati da grossi conci squadrati. La pavimentazione del portico era originariamente in ciottoli. Il portico protegge un’icona dedicata alla Madonna del Bosco. A Cascina Bellesina ha sede un’azienda agricola che alleva pecore della razza brianzola.Subito dopo aver superato alcuni terrazzamenti coltivati a vite, svoltare a sinistra per prendere la carrareccia che scende fino al fondovalle e che lambisce l’abitato di Cascina Fornace, oggi completamente ristrutturata. Sulla testata nord della cascina si trovava la parte rustica, con stalla al piano terra e fienile al primo piano schermato da un grigliato in laterizio. Siamo in presenza di una cascina “povera” infatti i muri sono realizzati con pietra molera ma con conci piccoli e irregolari. All’incrocio con la strada, prendere il segnavia n. 6 Lomaniga. Attraversare la strada e svoltare a destra. In prossimità della cascina dall’altro lato della strada, si trova una croce votiva scolpita nella pietra molera, recante i motivi della morte: il teschio e le ossa femorali incrociate ed i simboli della passione: il martello, la tenaglia, la scala. Il manufatto risale quasi sicuramente ai tempi della peste e con ogni probabilità indica la presenza di luoghi di sepoltura. La strada sterrata percorre pianeggiante il fondovalle, costeggiando il torrente Molgoretta e inoltrandosi in un bosco igrofilo, tipico delle zone vicine alle sponde dei corsi d’acqua, con la presenza di formazioni in prevalenza di ontani neri e frassini. Al bivio con la strada asfaltata, seguire il segnavia 6A Lomaniga e salire dall’abitato di Pianetta Bassa a Pianetta Alta. Attorno all’abitato i terrazzamenti sono ancora coltivati e ben tenuti.Giunti alle ultime abitazioni, lasciare la strada e prendere la mulattiera a destra che si inoltra pianeggiante nel bosco, per poi lasciare spazio a terrazzamenti ancora oggi coltivati a ortaggi, verdura e alberi da frutto. La mulattiera prosegue in piano fino a alla località Oliva, da cui con un breve tratto su strada in discesa breve, si torna sulla strada provinciale e quindi al parcheggio di Lomaniga.
Itinerario ad anello da Lomaniga