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Un viaggio nel tempo sui treni storici in Lombardia

Locomotive a vapore, littorine, elettrotreni, vecchie carrozze Centoporte: salite a bordo dei treni d’epoca per un tour indimenticabile nella bellezza del paesaggio lombardo
Un viaggio nel tempo sui treni storici in Lombardia  - Ferrovia Basso Sebino - Foto Banfi archivio fbs fti

Avventure didattiche nel Bresciano

I giacimenti minerari in Provincia di Brescia vantano una tradizione millenaria.Le prime attività di estrazione furono intraprese già nell’età del Ferro e proseguirono poi in epoca romana.  Le miniere acquisirono grande importanza a partire dall’ultima fase del Medioevo, come testimoniano le regolamentazioni vigenti all’epoca; in quegli anni erano attive, in Val Trompia, una cinquantina di miniere.Una tradizione che affonda le radici in un passato davvero lontano e che oggi può essere ammirata dai visitatori.  Tra Pezzaze, Bovegno e Collio si sviluppa, nel corso dei secoli, tutta una rete di percorsi terrestri e di cunicoli, spesso collegati fra loro. Una rete di cunicoli in simbiosi con l'altrettanto significativa presenza di impianti esterni di lavorazione dei minerali estratti, di forni fusori e di magli; una connessione di lavori e luoghi che, oltre ad essere il naturale proseguo dell'attività estrattiva con la produzione di semilavorati e prodotti finiti destinati al commercio, nel XIX secolo diviene una filiera produttiva unica. L'esperienza lavorativa ed umana che ha caratterizzato l'intero territorio delle valli bresciane, ora meglio conosciuta e valorizzata come Via del ferro e delle miniere è la proposta con cui si tende a riconvertire il patrimonio produttivo in risorsa culturale e turistica. A Pezzaze, ne sono un esempio le Miniere Marzoli dove il percorso inizia da 700 metri di profondità nel cuore della montagna alla scoperta di patrimonio di inestimabile valore che merita di essere conservato e conosciuto. Oppure , presso il Comune di Collio, si trova la MIniera di Tassara - Sant'Aloisio che, oltre alla visita in Miniera, con il suo Parco Avventura ricorda  il tragitto compiuto dal minerale di ferro, attraverso ponti tibetani, funi, e passerelle. Il maglio ad acqua di Bienno sembra un drago quando è in funzione.Scopriamo i fabbri al lavoro per forgiare il ferro con il fuoco, con l’acqua e con l’aria. Dalla ruota idraulica alla macina, dallo scrigno al sacchetto, nell’antico mulino ad acqua di Bienno si produce ancora la farina come si faceva seicento anni fa.  Nella Valle delle Cartiere di Toscolano Maderno si può assistere a una magia.Questa e la sensazione che proviamo ogni volta che vediamo apparire un nuovo foglio di carta.Una caccia al tesoro, un gioco di orientamento, un’occasione per imparare a riconoscere diverse tecniche artistiche, l’opportunità divertente per conoscere un gioiello del nostro territorio. Nel Museo di S. Giulia ogni bambino viene dotato del Labirinto degli animali, una mappa che riporta il tracciato da seguire. Tutti insieme ci si sposta verso le stanze con gli animali da scovare. Lo faremo seguendo le indicazioni proposte dagli alunni stessi: dritti, a destra o a sinistra? Perché non approfittare di tutto il periodo scolastico per fare un’uscita didattica?I ragazzi avranno la possibilità di verificare in tempo reale molti degli argomenti che stanno studiando a scuola…e il bello è che l’inverno è senza code e senza ressa!Musei e monumenti sono sempre riscaldati e con sciarpa e guanti tutto è accessibile. 

Da Lodi a Senna Lodigiana in bici

Pedalare immersi nella natura alla scoperta di monumenti e paesaggi suggestivi
Da Lodi a Senna Lodigiana in bici

Teodolinda, il vino e le vigne scomparse

“Avremmo gran desiderio di ricevere dalla sua mano una tazza di vino, come in avvenire dovrà fare per noi”. Con queste parole Autari, bello e giovane re dei Longobardi, chiede di conoscere la sua futura sposa, principessa di “delicata bellezza”.  Ha inizio così la storia di Teodolinda, sin dal principio suggellata dal vino.  Che la Brianza fosse da tempi antichissimi terra di viticoltura lo testimonia la definizione di “arbustum gallicum” data al modo di coltivare la vite, che i Romani scoprirono qui, nell’allora Gallia Cisalpina. Sostenuta da piante vive, con i tralci come festoni da una pianta all’altra, la vite animava il paesaggio brianzolo, colorandolo ora di verde, ora di rosso, ora d’oro col passare dei mesi. Come sempre avviene, i miti si fondono alle origini con la realtà e se è vero che Teodolinda è, a buon diritto, considerata la mitica fondatrice di Monza non meraviglia il pullulare di leggende che la collegano alla tradizione del vino in queste terre. Fu lei a salvarne la produzione vinicola quando, pare a sua insaputa, i suoi consiglieri vietarono di bere vino, mangiare uva e persino coltivare la vite per favorire l’amara cervogia, la birra tanto amata dal popolo longobardo.  Con una coppa di vino, però, la giovane vedova (Autari era, ahimè, morto in modo misterioso), rivelò la sua scelta di Agilulfo, duca di Torino, come suo sposo e nuovo re dei Longobardi e, allo stesso tempo, la preferenza per il vino, acclamata dal popolo della Brianza. Si narra anche che fu proprio grazie ad una botte, così enorme da essere trainata da sei coppie di buoi, che Agilulfo poté vincere la sfida lanciata dalla stessa regina che avrebbe sposato colui che le avesse portato la botte più grande piena di vino buono. Alla fine dell’Ottocento la fillossera distrusse i vigneti della Brianza che non furono più reimpiantati ma perché non farci guidare oggi dal filo rosso del buon vino e tornare tra le vigne scomparse? Dopo aver ammirato le storie di Teodolinda, immortalata nel Duomo di Monza mentre offre vino in una tazza che, leggenda vuole, possiamo ancora ammirare nel suo Museo, ci dirigiamo verso nord seguendo la via principale per giungere là dove l’Arciduca Ferdinando aveva acquistato una vasta vigna per costruire la sua casa di campagna, oggi Villa Reale.  Proseguendo all’interno del parco, lungo l’antica strada per Vedano si incontra la cascina San Fedele, in cima ad una lieve altura un tempo terrazzata di filari d’uva e più avanti la collinetta di Vedano, dove si produceva il frisell, vinello bianco e frizzante, cantato in milanese dal poeta Carlo Porta. Qui gli Asburgo festeggiavano la vendemmia. Arriviamo quindi alla Villa Verri di Biassono, dimora del conte Carlo, giovane illuminista che sul finire del Settecento si era dedicato al miglioramento della produzione della vite. Oggi ospita un piccolo museo etnografico, da visitare se si vuole tornare all’atmosfera semplice della vita dei contadini che coltivavano i vigneti. Finita, quindi, la passeggiata non resta che rinfrancarsi con un risotto alla monzese (in cui il vino rosso fa ben la sua parte) e un buon bicchiere. Testo a cura di DEBORA LO CONTE, guida abilitata ConfGuide-GITEC  Se questo racconto ti è piaciuto, CLICCA QUI per scoprire le sue varie proposte d'itinerario.
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