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Si pedala tra il bello, da Chiavenna a Colico

Soprattutto in autunno salire in bicicletta per andare alla scoperta di un bell’angolo della Lombardia senza fare ricorso alla nostra auto è piacevole e possibile, la meta dove arrivare, per poi partire a pedalare, è Chiavenna, in provincia di Sondrio, che si raggiunge con il treno.   Valtelbike è un servizio messo a disposizione proprio di chi vuole spostarsi in libertà, con la sola forza delle proprie gambe, un circuito che consente di noleggiare le bici in diverse località della Valtellina, nel nostro caso Chiavenna, con la possibilità di restituirle in un’altra postazione, per noi Colico (Lecco), al termine dell’escursione. Si inizia la pedalata tra le vie del centro di Chiavenna, tra fontane in pietra ollare, pavimentazione in porfido e locali tipici, si attraversa due volte il Fiume Mera per trovarsi di fronte a Palazzo Balbiani, localmente chiamato il Castello, si passa sotto il Parco Botanico del Paradiso, antica e panoramica cava di pietra, si risale verso nord arrivando nella zona dei crotti, piccoli edifici sfruttati come frigoriferi naturali grazie al Sorel, un vento che esce dalla montagna a 8ºC per tutto l’anno. Oggi molti sono stati riconvertiti in ristoranti. Si raggiunge il doppio salto delle Cascate dell’Acquafraggia, capaci di affascinare Leonardo da Vinci tanto da citarle nel Codice Atlantico, si è a Borgonuovo di Piuro ed è qui che si inverte la rotta puntando verso sud ritornando Chiavenna dove si possono ammirare altre due nobili testimonianze storico-artistiche: la Collegiata di San Lorenzo e il Battistero Monolitico del 1100. Superando i Ponti sul Mera e sul Liro, si pedala per 14 km in leggera discesa su percorso asfaltato dedicato alle biciclette. Le vette della Val Chiavenna fanno da cornice. A Novate Mezzola l’ambiente cambia repentinamente: prima il lago con i suoi ampi orizzonti, poi gli stretti passaggi a fianco della montagna. Verceia ci presenta invece una straordinaria opera del’ingegneria militare: la galleria di mina di San Fedele. Un suggestivo passaggio sul lungolago ci introduce alla Riserva naturale dei Piani di Spagna. Da qui all’Adda qualche chilometro su strada richiede un minimo di attenzione, ma l’ultimo tratto lungo il fiume rimette a contatto con la natura, si passa dal Forte di Fuentes, di origine spagnola, e dal Forte Montecchio, risalente alla Grande Guerra, si costegguia infine il Lario e dal Molo di Colico si conclude la pedalata alla stazione ferroviaria della cittadina lecchese, all’ombra del Monte Legnone. Immagine di copertina: @klaus dell'orto
Si pedala tra il bello, da Chiavenna a Colico

Monticolo panchina gigante

La panchina gigante di Darfo Boario Terme, in provincia di Brescia, è stata collocata sul versante sud della collina del Monticolo.  È un’altura che raggiunge i 393 metri sul livello del mare, situata nel mezzo della piana alluvionale della bassa valle Camonica e costeggiata sul lato sudovest dal corso del fiume Oglio. Il tragitto suggerito per raggiungerla è adatto a tutti ed è percorribile in meno di un’ora. Ci si incammina dal parcheggio della pista ciclabile camuna (230 m), nel territorio di Angone, frazione diDarfo Boario Terme. Un primo tratto asfaltato, che seguiamo in direzione nordovest, ci porta dopo circa 300 metri al sentiero Cai che sale al Monticolo. Il tracciato, che troviamo sulla sinistra arrivando dal parcheggio, è stato sistemato di recente. Si attraversa un castagneto e, dopo la parte iniziale in salita, il percorso prosegue caratterizzato da un continuo saliscendi e attraversa l’intera collina. Avanzando si possono facilmente individuare numerose rocce riportanti incisioni risalenti a diverse epoche storiche. Il Monticolo ha sempre rappresentato, infatti, un punto di osservazione privilegiato e una postazione difensiva. Nella parte alta il bosco diventa più rado e vario e, giunti sulla cima (393 m), vi si trova un piccolo osservatorio faunistico. Qui non mancano gli appassionati di birdwatching. Proseguendo ci si abbassa leggermente e si incontrano dei laghetti, ma la presenza di acqua dipende dalle stagioni e dalle precipitazioni. A un bivio ci si indirizza a sinistra e con un’ultima breve salita arriviamo a una radura panoramica dove svetta la panchina gigante (330 m). Una volta tornati al parcheggio vale la pena, dirigendosi a sud sulla strada sterrata per poco più di mezzo chilometro, visitare il sito archeologico dei Corni Freschi. Si tratta di un masso erratico con incisioni che riproducono alabarde e pugnali risalenti, secondo gli esperti, al III millennio a.C. Nelle vicinanze si trovano anche una palestra di roccia per l’arrampicata sportiva e, all’estremità sud della collina, l’Archeopark, un parco tematico polifunzionale dal paleolitico all’età romana. immagine di copertina:@dariobonzi
Monticolo panchina gigante

Dalla Brughiera Briantea al lago di Montorfano

Dalla stazione ferroviaria di Meda, in provincia di Monza e Brianza, la segnaletica dedicata al sentiero Meda-Montorfano porta in Piazza Vittorio Veneto, dove si affacciano chiese e palazzi storici.   Dopo aver percorso Via Santa Maria e Via Monte Bianco ci si immette su Via Betulle entrando nel Parco Regionale delle Groane e della Brughiera Briantea. Nella primavera di quest’anno è stata ultimata la posa della nuova segnaletica che aiuta a districarsi tra sentieri e deviazioni che si incontrano in un ambiente dal grande valore naturalistico. Il percorso è prevalentemente pianeggiante, costellato di cascine storiche e caratterizzato da dolci pendenze che consentono di superare vallette e colline. Quasi subito si arriva alla Zoca dei Pirutit, un invaso formatosi con l’estrazione dell’argilla e oggi area umida importante per la vita degli anfibi. Si raggiunge il Laghetto della Mordina a Mariano Comense (Como), un tempo vi si raccoglieva l’acqua piovana utilizzata per l’irrigazione, qui i fiori di loto hanno preso il sopravvento. Il nuovo tracciato della Meda-Montorfano, rispetto a quello ideato oltre 30 anni fa, si snoda alla periferia della cittadina. Ci si porta così al sottopasso che consente di superare con maggiore sicurezza la strada provinciale Novedratese. Si possono ammirare, poco dopo, l’Oratorio Romanico di San Martino risalente all’XI secolo. Si rientra nella brughiera e circa 8 chilometri separano dal successivo centro abitato: Olgelasca, frazione di Brenna dove si trova un altro Oratorio Romanico, quello di Sant’Adriano. Si procede tra i boschi di Brenna e Cantù, attraversati dal Torrente Terrò, con alcune radure dove si può ancora osservare il brugo, l’erica comune che dà il nome alla brughiera. Aree risorgive, considerate le sorgenti del Terrò, caratterizzano la zona tra Capiago e Montorfano. Si attraversano i bellissimi boschi di castagni prima di arrivare alla Riserva Naturale del Lago di Montorfano dove si riproducono il rospo comune e la rarissima rana di Lataste. Al centro paese di Montorfano si prendono mezzi pubblici per rientrare a Meda.  
Dalla Brughiera Briantea al lago di Montorfano

Da Cassano a Lodi sulla sponda dell'Adda

Dalla stazione ferroviaria di Cassano d’Adda si percorre l’angusta passerella sul canale delle Muzza per poi scendere a sinistra e imboccare la strada d’argine puntando a nord e al centro di Cassano.   Giunti al ponte sull’Adda lo si attraversa e si segue la ciclabile che scende lungo Via Rivolta, poco oltre la si attraversa, in Località Cascate, seguendo sempre su ciclabile la via omonima verso sud, ad una santella si segue la ciclabile che svolta a sinistra e percorre Via San Pietro Cascine, poco prima dell’omonimo borgo si svolta a destra, sempre su ciclabile, lungo Via Cascina Belvignate, e quindi ancora a destra sulla strada provinciale 130, ci si ritrova nuovamente sulla via per Rivolta, si svolta a sinistra e si scende, dopo 600 metri circa, poco oltre il cartello che segna l’ingresso in provincia di Cremona, la si abbandona e, a una sbarra, si imbocca un sentiero che, sulla destra, attraversa un fosso e poi lo costeggia, in mezzo ai campi, sino sulle sponde del Fiume Adda. Seguendo fedelmente la sterrata che percorre l’argine del fiume si giunge ai resti del ponte vecchio e al Parco della preistoria di Rivolta d’Adda, il tracciato prosegue su strada sterrata con un evidente segnaletica direzionale che accompagna fino alle porte di Lodi, si pedala immersi nel verde, attraversando boschi golenali lambiti dalle acque dell’Adda e affacciandosi su paesaggi agricoli dalle geometrie regolari, scandite da fossi e da filari, si giunge presto alle storiche opere di presa del Canale Vacchelli, per poi proseguire oltre tra i coltivi e le golene che bordano il fiume, la strada sterrata termina nei pressi di alcune cave di ghiaia dove si sbuca sulla provinciale che unisce Boffalora a Lodi quindi si svolta a destra e si percorre la ciclabile che conduce al ponte sull’Adda e al centro storico di Lodi dove c’è il giro di boa e ci si può godere una meritata pausa.
Da Cassano a Lodi sulla sponda dell'Adda

Lungo la via sacra a Campo dei Fiori

Il punto di partenza della nostra camminata è la piazzetta poco sotto la Località Prima Cappella del Sacro Monte che si raggiunge con l'autobus urbano della linea C fermata antistante la stazione ferroviaria di Varese.   Si risale la Via Sacra su acciottolato fino ad arrivare al Borgo di Santa Maria del Monte e al Santuario della Madonna Assunta. Proseguiamo oltre, tra strette viuzze, raggiungendo Piazza Pogliaghi, capolinea dei mezzi pubblici, e a nord di quest’ultimo, dopo poche decine di metri continuiamo, entrando nel bosco, sul sentiero numero 1 del Parco Regionale Campo dei Fiori. Arrivati al valico delle Pizzelle pieghiamo a sinistra e saliamo fino a ciò che resta della funicolare abbandonata del Sacro Monte e del Grand Hotel. Poco sopra è raggiungibile, lungo il vialetto dei cippi commemorativi dei Caduti delle varie Armi dell’Esercito italiano, il Monte Tre Croci. Il nostro itinerario scende ora sulla strada asfaltata e, seguendo le indicazioni per la Cittadella di Scienze della Natura, risale al panoramicissimo piazzale Belvedere, dove si trova il cancello di ingresso alla cittadella e alla strada verso l’osservatorio.Dal piazzale ci incamminiamo, attraverso un bosco di conifere, sulla sterrata del forte di Orino, testimonianza della Grande guerra, che taglia orizzontalmente il versante sud del monte. Affacciati sulla pianura incontriamo in successione i sentieri 12, 11 e 13 e arriviamo proprio alla punta di Orino. Si rientra, tornando sui propri passi fino al punto in cui i sentieri 11 e 13 intersecano la strada militare. Si perde quota in direzione di Comerio e Gavirate. A circa metà discesa i tracciati si dividono e restiamo sull’11, che conduce a Comerio. Dopo un tratto verso est, sul sentiero 10 che collega Velate, frazione di Varese, a Orino, torniamo sull’11 e arriviamo a Chignolo, frazione di Comerio. Riecco la strada asfaltata, lungo la quale, dopo aver attraversato il centro di Comerio, raggiungiamo la stazione ferroviaria e da lì, con un treno locale, torniamo a Varese in poco più di dieci minuti. (Ph: paolo Ortelli)

Da Seriate verso il Castello di Malpaga

Il traffico delle grandi arterie è solo un lontano ricordo, nemmeno troppo distante, ma questo viaggio sulla sponda est del Serio, tra Seriate e Ghisalba, ci mette in pieno contatto con la natura, senza nessuna interruzione per quasi 10 chilometri.   Partenza dal centro sportivo di Seriate, per inserirsi subito sul tratto di ciclabile collegata all’Oasi Verde. Non manca nulla per poter praticare sport, per un momento di relax o di studio, per grandi e piccini, a volte anche nella confusione delle compagnie che assediano l’area nel week end.Dopo esserci lasciati alle spalle la fontana, l’unica che si trova lungo la via principale del nostro percorso, troviamo un attraversamento sulla strada aperta al transito in direzione del poligono di tiro, rapido ma a cui prestar attenzione. Poi inizia il vero tratto off road, dopo il cartello che ci dà il benvenuto nel Parco Regionale del Serio: le informazioni ci accompagneranno per tutto il tragitto grazie a una serie di bacheche che ci descrivono le bellezze del territorio, dalle farfalle, ai fiori, uccelli, invertebrati. Pistalarga, in leggera discesa all’andata e adatta a un buon allenamento senza però esagerare: in alcuni tratti, alcune curve del bosco con la sede che si stringe vanno prese alla giusta velocità. Uscendo da Seriate è il bosco a farla da padrone, con pochi contatti con il mondo urbanizzato, dovuti più che altro ai passaggi sotto l’ex statale 671, l’autostrada A4 e la tangenziale Sud. Si continua a seguire il percorso parallelo al fiume Serio, anche se mai lo si trova davvero vicino, e in pochi casi lo si può vedere.Il secondo paese che incrociamo è Cavernago: il bosco è un ricordo, troviamo un leggero tratto in asfalto, la vegetazione si fa più rada e nelle giornate limpide il sole si fa sentire.Si arriva allo svincolo con il primo castello, quello di Cavernago, e poi a quello per il Castello di Malpaga. Imboccandolo, seguiremo il nostro itinerario fino alla meta.
Da Seriate verso il Castello di Malpaga

In Val Alpisella dove nasce l'Adda

Il nostro itinerario ad anello, di 23 chilometri, parte dai laghi di Cancano e San Giacomo di Fraéle. Si raggiungono seguendo le indicazioni lungo la strada che da Bormio sale verso Livigno.   Occorre però deviare a destra all’altezza dell’abitato di Premadio e percorrere in auto una serie di tornan che conducono, dopo 13 chilometri, al passo di Fraéle. Continuiamo in auto e costeggiamo gli invasi a sinistra utilizzando la pista sterrata fino al parcheggio all’imbocco della val Pettini. La nostra pedalata comincia da qui, risalendo proprio la val Pettini, con i cartelli del Parco nazionale dello Stelvio a farci da guida. Dopo circa mezz’ora ci troviamo nelle gole della val Corta che, come dice il nome, si supera in breve tempo. Quasi all’improvviso e con una certa sorpresa per l’ambiente che incontriamo, ci addentriamo nella splendida piana dei pascoli di Trela. Alle spalle della malga dell’alpe ci dirigiamo a destra sul tratto più impegnativo del percorso, che attraverso un single track ci consente di guadagnare il passo di Trela. Da qui affrontiamo una piacevole discesa lungo la desolata val Pila in direzione di Trepalle (segnavia 136). Ci dirigiamo quindi a destra e, seguendo l’incassata valle del Torto, in poco tempo perdiamo quota verso la diga di Livigno. Prendiamo, svoltando ancora a destra, una bella sterrata (segnavia 138) in direzione del ponte delle Capre. In prossimità del rifugio Alpisella, in una posizione panoramica sull’invaso di Livigno, seguiamo le indicazioni per il passo Alpisella, risalendo per circa un’ora la ben tenuta strada militare. Una volta superato il passo si incontrano le sorgenti del fiume Adda. Dopo una panoramica e gradevole discesa eccoci di nuovo sulle rive degli invasi di San Giacomo e Cancano.Li costeggiamo a destra per un paio di chilometri fino al parcheggio dove abbiamo lasciato l’auto. Leggi le recensioni, commenta il percorso e scarica il tracciato GPX sul sito orobie.it
In Val Alpisella dove nasce l'Adda

Sulle tracce di S. Stefano in Val d'Arigna

All’ombra della vetta più imponente delle Orobie Valtellinesi, il Pizzo di Coca (3050 m), l’itinerario si sviluppa nell’ombreggiata Val d’Arigna ed è disseminato di suggestioni, religiose e culturali. Senza dimenticare che i 10 ghiacciai monitorati fanno della Val d’Arigna il territorio più glaciale delle Orobie Valtellinesi. Protagonista dell’escursione di grande impegno la figura di Santo Stefano che, prima di subire il martirio per lapidazione, passò anche in Valtellina per l’opera di evangelizzazione. Sul versante orobico partì dal paese di Castello dell’Acqua risalendo sui monti per trovare rifugio, spiccando il volo per raggiungere luoghi di meditazione, come racconta la leggenda. Oggi le tracce del santo sono visibili nei toponimi come il Lago inferiore di Santo Stefano e l’omonimo passo a 2693 m, ma anche sui segni impressi su alcune rocce dove la leggenda narra che il santo avesse appoggiato i piedi e il “cazzet” che usava per cagliare il latte, ricevuto come elemosina. L’escursione di grande impegno parte da Briotti (1049 m), porta del Parco Orobie Valtellinesi, frazione del comune di Ponte in Valtellina, dove Santo Stefano intraprese l’ultimo tratto del cammino. Imboccando il sentiero numero 265 si raggiungono i Prati di Torre (1145 m) e le Baite Bernè (1310 m), quindi si entra in un fresco bosco. Giunti alla Baita Spanone (1559 m) si sosta per cercare una nuova impronta del santo posta su una roccia. Seguendo a destra verso la Bocchetta di Santo Stefano, si tocca lo Zocc de li Möli, ai piedi della diga, ci s’imbatte nella chiesetta di Santo Stefano (1848 m) e si risale verso il Lago di Sopra (2124 m). Su questa via si scorge a sinistra il Lago di Mezzo (1936 m) percorrendo la ripida salita che porta alla Bocchetta (2378 m). Da qui la vista spazia senza soluzione di continuità sui balconi glaciali che ospitano i tre laghi, scorgendo i gruppi montuosi dell’Adamello e del Cevedale, i massicci del Bernina e del Badile, in lontananza il Monte Rosa. Sul versante opposto alla Bocchetta un vallone scende verso l’alpe Armisola, mentre poco sopra al Lago Inferiore (2139 m) si stacca sul lato sinistro idrografico il sentiero che in poco meno di un’ora porta al rifugio Gino e Massimo in località Grioni (1850 m). Dal rifugio per la discesa a Briotti passando dall’Armisola (sentiero 267) si può prendere la pista forestale che passa per Paiosa (1160 m) e scende fino alla ex decauville del Gaggio; in alternativa il sentiero che tocca Mason di Sopra (1412 m), Le Piane (1240 m) e da qui a Briotti.
Sulle tracce di S. Stefano in Val d'Arigna

Itinerario ad anello dalla stazione di Cernusco Merate

Dal parcheggio della stazione di Cernusco Lombardone prendere la ciclopedonabile e, giunti alla palina con segnavia n.2 Butto, proseguire lungo la strada. Sulla sinistra campeggiano i resti del Castello di Cernusco Lombardone. Fondato su una fortificazione romana, visse il suo splendore dal Mille fino al Cinquecento, quando venne convertito a cascina.Il percorso prosegue attraversando la strada per arrivare al parcheggio in località Molinazzo, il cui toponimo è riferito alla presenza di un molino per la macinazione dei cereali. Prendere la direzione indicata dalla palina con segnavia n.1 per Cà Soldato. Il sentiero costeggia il torrente Curone, compiendo un’ampia curva attorno alle falde della collina di Montevecchia. Il percorso si snoda in un bel bosco igrofilo tipico degli ecosistemi lungo i corsi d’acqua con formazioni di salici, ontani, farnie, carpini bianchi, frassini e qualche bel esemplare di platano.La denominazione del torrente Curone pare sia la prova della presenza etrusco-ligure in questo territorio, identica a quella del corso d’acqua che dal monte Ebro (Appennino ligure) confluisce nel Po. Curone deriverebbe dal nome di una tribù, i Curuni, della stessa stirpe dei Vopsi, che stanziandosi avrebbero dato nome alla valle e al torrente.Lungo il percorso è possibile osservare interventi di sistemazione del corso d’acqua con tecniche di ingegneria naturalistica. Giunti ad un trivio, seguire il segnavia n.11 Butto, svoltando a sinistra e attraversando il torrente Curone. Il nome di questa località è Pertevano, il cui toponimo, molto probabilmente, deriva dal milanese “pertega”/“pertica”, antica unità agraria di superficie. Salendo si notano terrazzamenti coltivati a vite, alberi da frutta e ortaggi. Al bivio, prendere il sentiero sulla sinistra che conduce al nucleo abitato fino ad incontrare la strada. Svoltare a sinistra e scendere lungo la strada fino alla frazione Passone, il cui toponimo probabilmente deriva da pason, palo di sostegno per la vite. Una sequenza di numerosi terrazzamenti coltivati a ulivi, alberi da frutta e vite scandisce la verticalità del pendio.In prossimità di un ristorante, prendere a destra il sentiero a gradini che sale verso l’uliveto e percorrere il sentiero acciottolato. In poche altre zone la secolare attività dell’uomo ha modificato il paesaggio come su questo versante della collina. Grazie alla sua esposizione a sud ha permesso la crescita dell’ulivo, della vite e della particolare coltivazione del rosmarino, ancora oggi presente nelle ultime terrazze che salgono fino a Cascina Butto.L’acciottolato termina al parcheggio nei pressi del Municipio di Montevecchia. Cascina Butto è la sede del Parco di Montevecchia e Valle del Curone e dell’annesso Centro visite del Parco, che permette di fruire in modo multimediale gli aspetti geologici, storici, paesaggistici e culturali nonché ovviamente di quelli naturalistici del territorio. Dal parcheggio un sentiero sale per arrivare ad una terrazza naturale, da cui è possibile avere una vista che spazia a 360 gradi.Un tempo sulle balze di Cascina Butto trovavano spazio varie coltivazioni, tra cui ortaggi, cereali e piante da frutta, mentre la viticoltura non ha mai interessato intensamente l'area, a causa della sfavorevole esposizione dei versanti. Ripartendo dal parcheggio di Cascina Butto si risale via Donzelli e poi si scende sulla strada provinciale fino a Cascina Pilastrello, antica dimora contadina, datata al catasto teresiano al 1740.La caratteristiche architettoniche del “Pilastrello”, come il grande loggiato visibile anche dalla strada, costruito come elemento filtro del calore in estate e come riparo dal freddo dell’inverno, potrebbero permettere di attribuire questo cascinale alla tipologia rurale più comune, sviluppata su due piani, con un corpo edilizio aggiunto, dove al piano terra si trovavano le stalle e al piano superiore appunto il loggiato che “ospitava” il fienile. La forma originaria nel nucleo comprendeva solitamente, oltre al rustico, anche l’abitazione del contadino, con ai piani bassi la cucina, dotata del focolare attorno al quale ruotavano tutte le attività domestiche, e ai piani alti le camere da letto.Il toponimo prende il nome dalla Madonna del Pilastrello, che si dice sia apparsa anticamente e miracolosamente in quel luogo appoggiandosi a un piccolo pilastro. Arrivati alla frazione “Oliva”, il cui nome fa riferimento all’antica cascina e alla presenza in passato di coltivazioni di ulivo, una palina indica il segnavia n.9 per Montevecchia Alta. Una ripida mulattiera sale tra i terrazzamenti coltivati a vite e ulivo; era questa, presumibilmente, l’antica via d’accesso dalla pianura alla collina di Montevecchia.Sulla sinistra, posta a metà collina in posizione isolata, la Cascina Canevascia domina la valle. Il suo toponimo è riconducibile a cantina, ma in senso dispregiativo e dà il nome anche alla frazione. La mulattiera sale verso l’alta collina tra muri a secco di ottima fattura. Più avanti il percorso diventa pianeggiante offrendo un bel panorama sui terrazzamenti e i paesi della pianura fino a Milano e gli Appennini.I versanti meridionali della collina di Montevecchia, per la loro esposizione soliva, non hanno mai cessato di essere intensamente sfruttati per uso agricolo. Un sistema articolato e ordinato di terrazzamenti addomestica la verticalità del pendio, dando luogo a uno spettacolare scenario con i tipici ronchi sostenuti dalle murature in pietra a secco. Qui le piane ospitano ancora oggi, nella maggior parte dei casi, filari di vite associate alle piante aromatiche tipiche di Montevecchia: la salvia e il rosmarino.Ai filari di vite si alternavano poi abitualmente rosmarino, ortaggi e piante da frutto per sfruttare al massimo lo scarso spazio disponibile sulle piane e per fornire una vasta gamma di prodotti che garantissero rese e produzioni diversificate.A volte i ronchi venivano identificati nella toponomastica locale anche attraverso l’indicazione delle colture che vi si praticava (Runchet de la pera, Runchet di por).Prima della comparsa del mais, sui terrazzi erano presenti cereali quali miglio e segale (coltivati in piccoli appezzamenti), a cui seguì il frumento.Vertiginose scale in arenaria scendono come arterie a collegare i numerosi terrazzamenti, memoria storica di una vocazione agricola che oggi ancora resiste e che contrasta con la Brianza industriale che si staglia sullo sfondo nella pianura urbanizzata. Al culmine del sentiero si arriva nella piazzetta di Montevecchia Alta con possibilità di ristorarsi.Merita una visita il Santuario Beata Vergine del Carmelo, una delle chiese più suggestive della Brianza per via della posizione in cima al colle, cui si giunge con 180 gradini.Dalla piazzetta si procede sul sentiero n.10 fino all’incrocio con Via Alta Collina, dove si gode del panorama della Dorsale Orobica Lecchese con l’iconica sagoma del Resegone e il gruppo delle Grigne.Da qui la Valle del Curone si rivela in tutta la sua bellezza, facendo mostra del suo paesaggio terrazzato, in particolare dello spettacolare versante della Valle delle Galbusere. All’incrocio con la strada attraversare e svoltare a destra, camminando sul marciapiede fino ad arrivare nei pressi del Cimitero, dove una palina indica il segnavia n. 8 Val Fredda. Il sentiero passa accanto alle mura del Cimitero, inoltrandosi in un bel bosco con una formazione di querce e castagni. All’incrocio con Via Val Fredda, seguire a sinistra le indicazioni della palina con segnavia n. 11 Cà Soldato.Poco più avanti si giunge a Cascina Valfredda, il cui nome è legato alle caratteristiche climatiche della zona. L’edificio oggi è circondato da prati. Qui un tempo vi era una chiesa con un altare dedicato alla Vergine della Neve. La bellissima fontana in pietra adiacente al lavatoio, su cui sono ancora visibili antiche incisioni, è un tipico esempio di riutilizzo di un importante manufatto in epoche successive. La vasca è probabilmente costituita da un sarcofago romano, riutilizzato in epoca medioevale come altare della chiesetta. Dopo aver superato il lavatoio, una palina con indicazioni per Cà Soldato indica di svoltare a sinistra e seguire un sentiero campestre che si inoltra pianeggiante in un bosco misto con prevalenza di castagno, farnia e carpino. Poco prima di attraversare uno degli affluenti del torrente Curone, sono degne di nota alcune maestose querce secolari che delimitano il sentiero.Dopo aver superato un piccolo stagno sulla sinistra, si arriva a Cà del Soldato, adibita a centro Parco ed a sede delle Guardie Ecologiche Volontarie.E’ costituita da un unico edificio che ha conservato le caratteristiche rurali. Nel piccolo museo, aperto la domenica, vengono proposti i diversi ambienti che caratterizzano il territorio del Parco e la fauna presente, oltre agli attrezzi agricoli e della vita contadina utilizzati, un tempo, in questi luoghi.L’origine del nome della cascina, abitata fino al 1987, riporta alla memoria antiche battaglie ed è associato alla fortificazione romana a salvaguardia di una fornace. Di fronte all’edificio, ampi campi terrazzati mantenuti a prato stabile resistono all’avanzare del bosco.Da Cà del Soldato prendere la sterrata che scende e si inoltra nuovamente nel bosco (segnavia n. 11), attraversare il torrente Curone e giunti all’incrocio con la strada, svoltare a destra e seguire il segnavia n.1 Molinazzo. La strada segue la Valle del Curone e a sinistra sorge l’antico insediamento rurale di Fornace Superiore, il cui toponimo fa riferimento a tempi remoti, quando tutto il territorio era interessato da una fornace che, preesistente alla conquista romana, si trasformò poi in un grande complesso, forse il più grande d’Italia transpadana per la produzione di embrici e materiale da costruzione. Il ritrovamento di grandi quantità di manufatti accatastati in ordine sotto il piano terra in località Malnido, prova che i lavori furono troncati repentinamente per cause tuttora sconosciute ma certamente non trascurabili. Mantenersi sempre sulla strada fino ad arrivare alla località Bagaggera. Lo storico Dozio, nelle sue “Notizie di Brivio” (1858) a proposito di Bagaggera scriveva “un gruppo di cinque case coloniche, tristo e solitario, nella valle a nord di Montevecchia, in mezzo a campicelli di terreno ingrato, circondati da paludi e boschi…”.Bagaggera è sede di un'azienda biologica di 25 ettari lavorati a foraggio, pascolo e cereali, e si allevano maiali e capre camosciate. La cascina è parte di un nucleo risalente al Seicento, articolato in numerosi edifici, su uno dei quali è presente l’insegna di una vecchia osteria, testimonianza del passato fiorente di questo borgo. Si prosegue sulla strada fino al bivio per Brughè, il cui toponimo deriverebbe da brugo (lombardo brugh), erica volgare. Il nucleo di Brughè sorge su un grande pianoro sul quale si affaccia il versante nord della collina di Montevecchia. Si percorre la stretta strada fino alle ultime case del centro abitato e poi il sentiero a fianco di un giardino e che scende deciso verso il bosco fino a incontrare il tracciato lungo il corso del torrente.Si svolta a sinistra, seguendo il segnavia per Molinazzo.Da questo luogo dovremmo solo percorrere il medesimo itinerario che condurrà a ritroso alla stazione di Cernusco Merate.
Itinerario ad anello dalla stazione di Cernusco Merate

Bergamo e dintorni su due ruote

Alla scoperta del paesaggio in bicicletta

Il Cammino di San Giovanni

ll percorso del Cammino di San Giovanni si articola lungo la campagna della Martesana e dell’Alto Lodigiano sfruttando anche i bellissimi sentieri messi a disposizione del Parco dell’Adda Sud.

Nobili Segni. Via Carolingia

Strada d’Europa e collegamento con la Via Francigena da Castiglione delle Stiviere a Mantova
Nobili Segni - Via Carolingia