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I nuclei storici di Costa Volpino

Costa Volpino è costituita dai territori di Volpino a est della valle di Supine e della Costa (l’antica “Costa di Lovere”) a ovest: quest’ultima si articola nei nuclei abitati di Piano, Corti, Branico, Qualino, Flaccanico e Ceratello. Alcuni rinvenimenti sporadici in località montane testimoniano una frequentazione già dall’età del Rame o del Bronzo. Reperti furono ritrovati, in più riprese, in località Dos del Ranzinel verso Lovere. Si trattava di resti forse pertinenti a un abitato simile a quelli esistenti a Lovere sul Dos del Castello e sul Dos Pitigla. Ceratello, a oltre 800 m di quota, in posizione panoramica, è il nucleo più alto della Costa. Sorto in corrispondenza di alcune sorgenti, trae il nome da un piccolo bosco di cerri, un albero simile alla quercia. In località Vièr sono state scoperte tombe in lastre di pietra. Secondo tradizioni locali, dove sorge la chiesa di San Giorgio vi era un castello. Dopo un periodo in cui Ceratello fu servita dal cappellano di Flaccanico fu eretta nel 1738 la parrocchia di San Giorgio smembrandola da quella di Qualino. A quota poco più bassa (630m) sorge il piccolo villaggio di Flaccanico, nei suoi pressi si trovano rocce con coppelle, indizio di una frequentazione molto antica; seguì lungo il corso dei secoli le vicende di Qualino da cui dipendeva sia civilmente sia come parrocchia. La chiesa di San Matteo dal 1571 era la sede di un cappellano che serviva la popolazione di Flaccanico e di Ceratello. Qualino era in passato la più rilevante delle contrade della Costa; il toponimo deriva probabilmente da “Aqualinus”, luogo ricco d’acqua, Nel 1880 furono rinvenute, presso le rovine del castello, tombe romane, con corredi, e medioevali, in casse rettangolari formate da lastre litiche. Tra il 1972 e il 1974 durante alcuni lavori edili si rinvennero 8/9 tombe indicate genericamente come di epoca medievale. Il nucleo storico, che si presenta compatto, si sviluppò accanto al colle su cui sorgeva un castello, spianato insieme con l’altura qualche decennio fa per realizzare il campo sportivo. La chiesa di Sant’Ambrogio fu la prima parrocchiale di tutta la Costa, staccandosi nel 1450/60 dalla pieve di Rogno; successivamente separandosi da essa si costituirono le parrocchie di Corti Sant’Antonio, Ceratello e Branico. Branico è il nucleo della Costa più centrale rispetto al territorio e conserva alcune case caratteristiche. In località Somgrom fu rinvenuta nel 1972 una decina di tombe e altre emersero nell’area antistante all’abitato. La parrocchia di San Bartolomeo fu costituita nel 1951 smembrandola da quella di Qualino, ma l’edificio della chiesa preesisteva. Infatti nel 1580 è ricordata una casa di un chierico che doveva essere venduta per edificarne una nuova a Qualino e nel 1975 durante dei restauri, sono emersi affreschi del XIV secolo. La presenza di quest’antica cappella, forse, si spiega col fatto che nell’abitato sino al 1925-1926 si trovava la sede amministrativa. Corti deriva il nome dal termine medievale “curtis”, che identificava un luogo al centro di una possessione agricola. Potrebbe essere stata fondata dai monaci di Tours al centro dei loro possedimenti in zona per sfruttare le aree paludose della foce dell’Oglio. Pervenne nel X secolo al vescovo di Brescia che probabilmente tra l’XI e il XII secolo la diede, con Lovere, in feudo a un ramo della famiglia Mozzo, già feudatari del vescovo di Bergamo in Sovere. Costoro poi assunsero il nome di Celeri, ma nel XII secolo per i diritti su alcuni villaggi della Costa (Ceratello e Qualino) e in Volpino entrarono in contrasto con i Brusati, loro parenti, signori di Volpino, scatenando un conflitto che coinvolse i comuni di Brescia e Bergamo. Nel Medioevo la frazione di Corti Sant’Antonio doveva essere dotata di un circuito difensivo e i Celeri vi avevano alcune residenze fortificate, in parte ancora visibili. L’abitato storico è posto sull’ultimo sperone della Costa, dove la via Valeriana attraversa il torrente Supine e si è sviluppato a cavallo del corso d’acqua. La parrocchia di Sant’Antonio fu costituita nel 1507 staccandola da quella di Qualino. La frazione orientale, detta di San Rocco, si trova nel territorio della parrocchia di Volpino. In epoca odierna si è molto sviluppata in pianura e dal 1925/6 è sede del Comune. Il Piano di Costa Volpino è un abitato moderno ma nell’area si trovavano, in antico, diversi nuclei sparsi: tra gli altri Pizzo, già citato all’inizio del XIII secolo, e la località Torrione, dove sorgeva una torre a controllo delle zone paludose dell’Oglio, Santa Martina, Colombera, Ca’ Ronchi, Ca’ Bettoni, Pitinghello e Casino Baglioni. Piano è sede di un’ampia zona industriale sorta negli anni ’50 del XX secolo dove c’erano i ruderi di un capannone che durante la Prima Guerra Mondiale era servito da deposito di polveri e materiali bellici. A est della valle di Supine sorge Volpino, che ha restituito interessanti testimonianze archeologiche. A est del paese nel 1892 furono rinvenute delle tombe romane databili tra IV e V secolo d.C.; altre tombe nel fondo Santi furono indagate nel 1898-1899. Nel 1927 vennero alla luce nuove tombe tardo-romane presso la chiesa di Santo Stefano, oggi demolita, nella parte più elevata del castello. Nel 1930 un’altra tomba fu scoperta nella cava di gesso sotto il paese. Nel 1950 fu ritrovata durante uno sterro in località Durno un’ara romana del I-II secolo d.C. con epigrafe dedicata a due divinità locali, ora presso l’Accademia Tadini. L’abitato, ben servito da una sorgente chiamata “Fontana”, è posto nella sella tra la montagna e il luogo dove sorgeva l’antico castello di Volpino. Nell’XI secolo scoppiarono contrasti per i diritti feudali su Ceratello e Qualino fra il ramo bergamasco della famiglia Mozzo e quello bresciano, che aveva assunto il nome di Brusati. Costoro a Volpino avevano un castello, circondato da un vallo, da un muro e dotato di “turris e dugnonis”. La situazione nel 1123 generò un conflitto che in breve coinvolse i comuni di Brescia e Bergamo e che con alterne e drammatiche vicende terminò solo nel 1198, quando i due comuni contendenti decisero di dividere Volpino e di demolire il “dugnone” del castello. Le demolizioni fecero decadere Volpino a vantaggio di Lovere per i bergamaschi e del nuovo centro fondato nel 1255 dai bresciani a Rogno: Castelfranco. Volpino nel 1219 e nel 1255 venne divisa in due parti, una a ovest bergamasca e l’altra a est bresciana; questa entità, comunque unitaria, veniva definita il Comunello. Solo nel 1809, in epoca napoleonica, Volpino e la Costa, rimasta per secoli legata a Lovere, sarebbero divenute un’unica entità amministrativa, politicamente bergamasca, ma religiosamente bresciana. Sempre a seguito delle divisioni del 1219-1255, scomparve il villaggio di Varadega, posto a est di Volpino. Nel XIII secolo, quando scomparve, era un abitato modesto, probabilmente dipendente da Volpino, e la sua popolazione si spostò forse in Castelfranco. Il castello di Volpino tornò sulla scena nel 1413-1414 nel corso della ribellione della Valcamonica contro Pandolfo III Malatesta. Per rafforzarsi in zona, Pandolfo concedette il castello di Volpino ai camuni suoi sostenitori e, nel 1416/1417, vi nominò un suo castellano; dopo il 1428, con l’arrivo di Venezia, del fortilizio non si hanno più notizie. L’attuale chiesa parrocchiale, dedicata a Santo Stefano, venne riedificata alla metà del XVIII secolo al centro del nuovo insediamento. L’antica parrocchiale sorgeva sul dosso del castello; fu demolita nel 1938-1940 e l’area su cui sorgevano il castello e la chiesa venne ceduta per ampliare le cave di gesso. Queste sono state utilizzate per secoli sia per il gesso, sia per la volpinite (o “bardiglio di Bergamo”), una delicata pietra affine al marmo utilizzata a scopo decorativo in architettura.   Francesco Macario
I nuclei sotrici di costa volpino - Ph: visitlakeiseo.info

Sentiero per tutti

Mappe tattili e panchine: l'escursione è per tutti
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Una ricca palude ai Piani Olimpici

Un percorso alla portata di tutti che attraversa la palude di Valtorta in Val Brembana
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Ecomuseo Adda di Leonardo

Museo all'aperto lungo il Naviglio di Paderno in cui riscoprire le vicende storiche, artistiche e naturalistiche del territorio
Ecomuseo Adda di Leonardo, Musei Milano

Parzanica

Parzanica è un piccolo comune situato in una posizione che sovrasta la sponda occidentale del lago d’Iseo. Poche sono le notizie storiche riguardanti questa contrada, rimasta isolata dai grandi traffici ed avvenimenti per gran parte della sua storia. Una storia fatta di piccole cose e scandita dai ritmi della natura, soprattutto se si considera che, fino alla metà del XX secolo, il paese era raggiungibile soltanto mediante sentieri e mulattiere. Si pensa comunque che la storia di questo borgo parta all’incirca dal X secolo, quando il toponimo utilizzato per indicare questo territorio era Gromol: derivante dal latino grumus, stava ad indicare una collina o un’altura. Questa denominazione rimase in uso fino all’epoca medievale, quando venne sostituito dall’attuale Parzanica. Le cronache di quel periodo ci indicano che, nonostante l’isolamento, il paese fu interessato da piccole scaramucce tra fazioni avverse. Da allora ha regnato la più completa tranquillità, mentre l’area ha seguito le sorti politiche del resto della provincia di Bergamo. Solo nel 1957 è stata realizzata la strada provinciale di collegamento al paese e nel 1999 è stata aperta la nuova variante panoramica. Degno di nota è il borgo storico, che ha conservato la sua anima rurale, con scorci tipici dei secoli passati, ma anche la chiesa parrocchiale, edificata verso la fine del XVIII secolo, che custodisce affreschi, paramenti ed arredi religiosi di buon pregio. Il concerto campanario, composto da 5 bronzi, è stato fuso nel 1953. In posizione più elevata rispetto all’abitato si trova la chiesa della Santissima Trinità, edificata in stile romanico con affreschi del XV secolo recentemente restaurati. E molto caratteristico è anche il borgo della frazione Acquaiolo che, posto più a valle rispetto al centro, conserva ancora abitazioni in pietra, in perfetto stile rustico.

Il villaggio operaio di Crespi d’Adda

Una speciale visita al Villaggio operaio di Crespi d'Adda, autentico modello di città ideale legata all'industrializzazione ottocentesca.

Al Rifugio Monte Poieto, tra due valli

Per scavalcare il Monte Poieto saliamo da Cantul, passando per la Corrugare, nota palestra d’arrampicata. Un accesso facile e praticabile che consente la visita al mondo dolomitico della Cornagera. Raggiunto Selvino posto sull'altopiano che sovrasta la Val Seriana in provincia di Bergamo, si parcheggia nei pressi della bidonvia del Monte Poieto che parte a sud di Aviatico, proprio come la via Cornagera che imbocchiamo subito in salita. Dopo 100 metri, a un trivio, seguiamo il ramo di centro. Dopo poco, la via si restringe a sentiero che sale nel bosco in direzione levante. In meno di mezz’ora si è alla base dei ghiaioni che cingono i quattro principali torrioni di roccia calcarea della nota Cornagera. Si risale tale pendio stando al limitar del bosco e in breve si è alla base delle guglie. Si prosegue salendo per entrare nel “labirinto”. Verso il limite settentrionale del labirinto, troviamo l’indicazione “Buca della Carolina”, e qui ci caliamo. Questa fessura prende a stringersi al punto che ci passa al massimo una taglia 56/58. Si passa sul sentiero che, in salita, porta alla sommità del Monte Poieto, permettendoci di vedere dall’alto l’osservatorio astronomico di Ganda e il Monte Rena. Una piccola cappella e un grande albergo, con l’arrivo della bidonvia, presidiano la sommità e offrono al turista ogni confort. Si riparte affiancando il lato settentrionale del rifugio Monte Poieto, seguendo il segnavia CAI 519 per il Monte Succhiello. Su stradetta sterrata ci si cala nel bosco sino a una radura, poi si segue il sentiero marcato che si abbassa nella faggeta. Eccoci nel bosco di faggi. Dopo una ventina di minuti arriviamo all’incrocio con la cementata che sale da Aviatico. Non scendiamo subito, ma pieghiamo a destra e, in discesa, arriviamo al laghetto della Forca. In stagione, nel centro della pozza, crescono “quasi spontanee” colorate ninfee che ingentiliscono l’ambiente. Ancora in discesa su cementata si giunge su via Alben e all’abitato. Non ci rimane che raggiungere per strada provinciale il parcheggio alla bidonvia. - Ph: Margherita Pelizzari
Al Rifugio Monte Poieto, tra due valli

Falesia di Predore

Bellissima falesia, situata sulla sponda bergamasca del lago d'Iseo, con esposizione sud. Questa nota falesia è composta da diversi settori, con vie adatte a tutti i gusti, dai principianti (nel settore centrale) ai climber più esperti (il settore Aladino, con la via Sogni di gloria 8c). Altri settori da menzionare sono I gradoni ed il settore azzurro, una balconata immensa posta sopra il Settore Centrale e da non perdere nelle soleggiate giornate invernali.La roccia è un calcare compatto, a buchi e reglettes. Predore è raggiungibile da Milano o da Brescia, uscendo dal casello di Palazzolo sull'Oglio (A4 MI-VE, 22km dopo Bergamo) e proseguendo per Sarnico, lungo la sponda bergamasca del lago d'Iseo in direzione Lovere. Dopo il paese di Predore, proseguire per circa 2 km, e parcheggiare sulla destra in prossimità di un piccolo spiazzo in corrispondenza di una villa se si vuole arrampicare presso il settore Aladino. Per il settore centrale è possibile parcheggiare in uno spiazzo sulla destra poco avanti rispetto alla villa (c’è un cartello indicante l’accesso alla falesia. Attenzione, ci sono pochi posti auto). Da qui salendo per un paio di minuti si raggiunge il settore. Per il settore azzurro, bisogna invece proseguire sul sentiero che devia verso destra. Da qui, passando su di un ponticello, si giunge ad un sentiero che dopo essersi alzato devia a sinistra raggiungendo la terrazza sommitale. La falesia è composta da 7 settori. Le vie più frequentate si dividono tra il settore Centrale (il settore più semplice, con una ventina di vie, dal 4a al 7b, di lunghezza variabile, fino a 20m), Aladino (circa una ventina di vie di circa 20-25m, con grado variabile dal 6a+ all’8c) ed Azzurro (o alto). Questo è il settore più panoramico e con maggiore potenzialità. Ci sono circa una trentina di vie, dal 5c all’NL. La lunghezza delle vie si aggira intorno ai 25-30mt.
falesia_predore_roger_adventure-4- ph visitlakeiseo

Girarifugi 2023

Sei pronto a partecipare al "Girarifugi e Alpeggi c’è più gusto a salire 2023"?
Girarifugi - Ph credits: Rifugi di Lombardia

Parco Adda Nord: in attesa del risveglio

Tradizioni invernali al Parco Adda Nord
Parco Adda Nord: in attesa del risveglio - ph Andrea Boarato

Dal Resegone ai Campelli

Tappa della DOL, Dorsale Orobica Lecchese, fino ad oltre 1.500 metri di altitudine
3. Dal Resegone ai Campelli

Via Priula

La Via Priula è un cammino di elevato valore storico, che ripercorre il tracciato dell’antica strada commerciale realizzata nel 1593.   Si parte dal podestà veneto di Bergamo Alvise Priuli per collegare la Pianura Padana con la Valtellina, la Valchiavenna e l’oltralpe, senza passare per il Ducato di Milano, allora sotto il dominio spagnolo con le relative imposizioni di dazi di transito. La strada fu percorsa da intensi traffici, soprattutto dopo che Venezia ebbe stretto, nel settembre 1603, il trattato di alleanza con le Tre Leghe. Sulla base di tale trattato la Serenissima concedeva, infatti, l'esenzione dai dazi sia alle merci prodotte in Italia ed esportate attraverso il passo di San Marco, sia a quelle valtellinesi e grigionesi esportate a Venezia. Questo cammino fu dunque percorso da mercanti, corrieri, soldati mercenari e carichi di merce: lane, ferri, sale, uve, formaggi e il salnitro. La strada piuttosto larga era percorribile lungo alcuni tratti da carri a due ruote e nel tratto del passo di San Marco consentiva il passaggio con animali da soma a pieno carico. Oggi dall’alta Val Brembana, nelle Alpi Orobiche, si raggiunge Chiavenna attraverso la valle del Bitto di Albaredo, la Bassa Valtellina e il Piano di Chiavenna. Da Chiavenna il cammino si collega ai grandi sentieri transalpini della Via Septimer e della Via Spluga. Ci si avvicina a un territorio ricco di monumenti, culture, specialità gastronomiche, locande e alberghi. Il percorso, specie nella parte montana, si sviluppa lungo l’antica mulattiera. Nei fondivalle si sono privilegiate le strade campestri, le piste ciclo-pedonali e altri sentieri. Si coprono circa 80 km in 4 giorni di viaggio toccando, al Passo San Marco, l’altitudine massima di 1982 metri. (Ph Ig: @vale2389)