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Monte di Brianza da Calolziocorte

Dalla Valle San Martino l’itinerario percorre le sponde dell’Adda, lo attraversa e sale lungo la Valle del torrente Aspide fino ad arrivare a Consonno. Alla stazione di Calolziocorte prendere il sottopasso che conduce all’imbocco di Via Stoppani. Svoltare a destra e percorrere la via fino ad intercettare sulla destra il percorso pedonale che arriva al lungo lago.Camminando verso il ponte di Olginate è possibile osservare varie specie di uccelli acquatici come svassi, tuffetti, folaghe, gallinelle d’acqua, cigni reali e varie specie di anatre. Il rilievo del Monte di Brianza domina a ovest il panorama e tra la sua copertura boschiva è possibile osservare i numerosi nuclei rurali e borghi che ne costellano il versante.Attraversando il fiume osservando il percorso pedonale del ponte, si può vedere a destra la diga, impiegata per la regolazione del livello delle acque nel Lago di Como e della portata del fiume Adda a valle del lago, divide i laghi di Garlate e di Olginate. Dopo aver sceso le scale che si collegano al percorso pedonale del lungo lago, svoltare a destra fino ad arrivare ad una delle vie che portano al centro storico di Olginate, come via Barozzi o anche via Alessandro Manzoni, dove si trova la Torre del Porto. Costruita a metà del Quattrocento e utilizzata come presidio di sorveglianza quando l’Adda fungeva da confine tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia. Una volta giunti in Via Sant’Agnese, svoltare a sinistra, attraversare sulle strisce pedonali e percorrere la lunga via Don Ambrogio Colombo, che passa accanto all’Oratorio. Alla rotonda attraversare la strada provinciale e salire lungo la via Belvedere per circa 500 mt. fino ad arrivare alla località Praderigo, dove i terrazzamenti sono stati in buona parte inglobati nei giardini delle numerose abitazioni sorte negli ultimi decenni.Superato l’abitato, sempre percorrendo la strada in salita, prendere in prossimità della curva, una larga strada boschiva lungo cui, sulla destra, si trova una palina che indica il segnavia n. 209 per Consonno, Cà Benaglia. Percorrere la strada boschiva e poi seguendo le indicazioni, salire a sinistra lungo la mulattiera che corre accanto al Torrente Aspide, il cui toponimo lascia pochi dubbi sull’interpretazione. Secondo l’Olivieri, il toponimo stava ad indicare che le sue rive boscose erano originariamente infestate dalle vipere. Salendo, il sentiero si dirama. Si prosegue mantenendo la sinistra, ma non prima di aver visitato sulla destra il filatoio di Cà Benaglia, che nonostante l’abbandono, rappresenta uno dei più interessanti siti di archeologia industriale locale. L'edificio è un piccolo filatoio che sorge molto isolato dal paese. Nel 1900 a Cà Benaglia vi erano 6 filatori, 3 rochelere e un fuochista. Il filatoio di Cà Benaglia testimonia il passaggio dalla vocazione agricola di questo territorio ad una artigiana-industriale. La mulattiera sale snodandosi in una fitta copertura boschiva, dove domina in prevalenza il castagno e incontra più volte, lungo il suo percorso, il torrente Aspide nelle sue evoluzioni tra gorghi, vasche e piccole cascate. A 550 mt di quota, il bosco si dirada e si apre per lasciare spazio a una grande stratificazione di roccia sedimentaria, costituita da arenaria/molera che sovrasta incombente. Una piccola cascata d’acqua, scende lungo la parete rocciosa. Questa località è chiamata Ceppon. Recentemente è stata oggetto di un intervento di sistemazione idraulica forestale da parte del Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone. Il percorso si immerge nuovamente in pieno bosco fino ad arrivare da lì a poco al piccolo cimitero di Consonno, l’unica struttura dell’antico borgo, insieme alla Canonica e la Chiesa di San Maurizio, che si sono salvate dalla distruzione. Sulla sinistra del cimitero si trova il Monte Mario, la collina che il Conte Bagno aveva fatto spianare per consentire la vista del Resegone e che ora versa nel totale abbandono. Dopo aver superato il cimitero prendere la strada asfaltata che procede pianeggiante sulla destra. Dopo qualche centinaio di metri si arriva di fronte al minareto e all’enorme palazzo in stile arabeggiante che ospitava la galleria commerciale. Il borgo di Consonno ha un’origine antica. Il toponimo “Consonnum” è citato in una pergamena già nell’anno 1085. Consonno era un tempo un tipico paese dell’Alta Brianza, il cui abitato era costituito da cascine, stalle e fienili. I suoi terrazzamenti erano coltivati per la produzione di ortaggi, soprattutto porri e taccole, che venivano poi venduti nei mercati di Milano; mentre i marroni venivano coltivati nelle selve castanili lì intorno, come attesta la presenza di un importante essiccatoio, andato distrutto insieme al borgo. Negli anni ’60 un eccentrico imprenditore milanese, Conte Mario Bagno acquistò Consonno pensando che fosse il luogo ideale in cui costruire una "città dei balocchi". Il borgo fu così demolito per fare spazio a ristoranti, una balera, un albergo di lusso, diverse costruzioni con richiami alle più variegate culture e stili architettonici, un castello medievale e il celeberrimo minareto, un campo di golf, un tiro assegno, una pista per il pattinaggio, un luna park e un giardino zoologico. Nell’ottobre 1976 continue piogge provocarono una frana che interruppe la strada che saliva a Consonno. Fu l’inizio del declino della città fantasma. Anche gli ultimi abitanti di Consonno, che avevano visto una opportunità per vendere i propri prodotti agricoli ai turisti lo abbondarono. Oggi Consonno si presenta in uno stato di totale abbandono e degrado. Molti degli edifici rimasti sono pericolanti e ne è vietato l'accesso perché è proprietà privata e in secondo luogo per motivi di sicurezza. I suoi terrazzamenti e le sue selve castanili sono oggi avvolti dai rovi e assorbiti dal bosco che avanza.Dal minareto camminare seguendo la strada asfaltata che scende fino ad incrociare la strada che sale alla Canonica di San Maurizio. Svoltare quindi a destra per visitare la Chiesa di San Maurizio e la canonica, ora utilizzata come edificio rurale e le rovine di Consonno, come l’Hotel Plaza. Dalla Chiesa di Consonno, l’itinerario ritorna a sinistra sulla strada già percorsa e che accoglie i visitatori con imponenti insegne arrugginite che recitano "A Consonno è sempre festa" oppure "A Consonno tutto è meraviglioso", fino ad arrivare ad una grande costruzione in rovina che sovrasta la strada, un tempo hotel chiamato “Pavesino”. Il panorama che si gode sulla Valle dell’Adda è magnifico e richiama paesaggi leonardeschi. Superato l’edificio svoltare subito a destra lambendolo, percorrendo per circa un paio di chilometri unsentiero che, incrocia più volte il taglio per la pulizia delle linee elettriche e lungo il quale infestanti di varia natura banalizzano dal punto di vista della vegetazione l’ambiente boschivo. Scendendo, il percorso offre una bellissima vista sul versante bergamasco e il paese di Carenno. Prima di arrivare alle prime case del piccolo borgo di Serigola, si può osservare la presenza di boschi terrazzati con la prevalenza di formazione di ciliegi. Il piccolo nucleo rurale, chiamato in dialetto "Serigula" si trova nel comune di Olginate. Il suo toponimo è legato all’acqua e il suo significato deriverebbe da roggia, acqua corrente; come il torrente che scorre proprio al limitare delle prime abitazioni. Il paesaggio attorno all’abitato è caratterizzato da numerosi terrazzamenti in buona parte ancora coltivati a frutta e ortaggi, con la presenza di molti ronchi (i tipici orti della civiltà contadina). Superato l’abitato di Serigola, all’altezza della cappella mariana, prendere l’acciottolato che corre parallelo alla strada e proseguire fino ad arrivare alla frazione di Bornedo. I terrazzamenti sopra Bornedo sono a terra riportata senza l’utilizzo di muretti a secco e sorgono su un pendio che colpisce per la sua verticalità. Si nota la presenza di boschi terrazzati su tutto questo versante. Arrivati alle prime case di Molino, proseguire percorrendo la via Molino che attraversa anche l’abitato di Bornedo, fino a svoltare a sinistra nella via Michelangelo mantenendo la sinistra dove la strada diventa un bell’acciottolato e dove sono presenti terrazzamenti coltivati a uliveto. L’acciottolato diventa in seguito un’ampia carrareccia che corre tra campi terrazzati lasciati a prato e coltivati a frutta e verdura. All’incrocio con via Albegno, svoltare a destra e camminare fino ad arrivare alla Chiesa Conventuale Santa Maria La Vite. All’incrocio con Via Santa Maria, attraversare la strada e svoltare a sinistra fino ad imboccare il sottopasso che attraversa la strada provinciale. Svoltare poi ancora a sinistra in via del Pino e poi seguire le indicazioni per il centro di Olginate. Di fronte al cimitero svoltare a destra e proseguire fino all’imbocco con la strada principale che attraversa il centro paese. Per tornare sul percorso del lungolago prendere una delle vie laterali sulla destra.
Monte di Brianza da Calolziocorte

Capovalle

Alta Valle Sabbia, terra fra due laghi
Capovalle (BS), Valle Sabbia, Lombardia

Angera

Un borgo storico sulla sponda lombarda del Lago Maggiore
Lungolago di Aagera, con una spiaggetta. In riva al lago c'è una sdraio vuota e si vede la Rocca in lontananza.

Mantova e dintorni: le 10 località più visitate nel 2019

Quando finalmente si programma un viaggio per visitare Mantova e dintorni, insorge un grosso problema: come scegliere fra tutte le meraviglie che sorgono in questo ricco territorio?  Nella Provincia di Mantova non c’è solo lo splendido capoluogo, città medioevale che nasce dall’acqua, ma vi si trovano infatti incantevoli borghi dagli aspetti più variegati. E’ l’eterogeneità il fil rouge che lega tutto il territorio mantovano, rappresentata dalle innumerevoli tracce architettoniche ed artistiche che la storia ha lasciato: dai leggendari palazzi, come Palazzo Te e Palazzo Ducale, alle chiese; dalle torri alla casa del Rigoletto e a quella del Mantegna luoghi che non solo raccontano quell'affascinante passato popolato dai Gonzaga, dai Bonacolsi e da Matilde di Canossa, ma che ospitano esposizioni ed allestimenti poliedrici. Ma l’eterogeneità di questo territorio è data anche dal suo rigoglioso patrimonio naturalistico, dove le sue distese verdissime e il suo fiume, il Mincio, si fondono con un’ampia gamma di piste ciclabili.Infine non si dimentichi i sapori genuini delle sue specialità enogastronomiche che non necessitano di presentazione: i tortelli alla zucca, il risotto al tartufo, la sbrisolona… Queste prelibatezze vi aspettano nelle mille sagre e fiere che animano un territorio accogliente e particolarmente ospitale. Siete pronti per immergervi in questo fantastico viaggio che vi condurrà a vivere momenti incredibili? Eccovi allora un piccolo aiuto … vi presentiamo le 10 destinazioni più visitate del territorio mantovano secondo i dati ufficiali dell’ISTAT inerenti le presenze turistiche nel 2019, riferiti ai soli esercizi alberghieri e non alberghieri, con l’esclusione della categoria “altri alloggi privati’’. Siete curiosi? Allora partiamo subito!! (Immagine di Copertina: Ph @viaggi.corriere.it) 

Le contesse al Polirone

Matilde di Canossa e Lucrezia Pico della Mirandola
Le contesse al Polirone - Tomba di Matilde - San Benedetto Po

Strada Vino e Sapori Valtellina

Una strada panoramica tra i vigneti terrazzati
Strada vino e sapori Valtellina, percorriamola insieme

Lago di Comabbio

Un'oasi felice per gli amanti degli sport d'acqua
Lago di Comabbio

Monte di Brianza da Olgiate Molgora

Il Monte di Brianza ha mantenuto nel tempo un elevato valore paesaggistico: antichi nuclei rurali e cascine, che insieme ai boschi e ai terrazzamenti, hanno conservato e l’architettura e gli abitati della civiltà contadina tipici dell’Alta Brianza.   Questo paesaggio rappresenta il valore identitario della Brianza che vede i suoi centri abitati collegati da millenarie mulattiere e una articolata rete sentieristica. La morfologia del territorio è stata completamente modificata per lo sfruttamento delle risorse, trasformando il paesaggio da ambiente naturale a territorio rurale. Non solo opere agricole, ma vere opere architettoniche, create dall’uomo per modellare la verticalità dei pendii, ampliare lo spazio coltivabile, contenere l’avanzare tenace del bosco e delimitare le proprietà terriere. Il percorso parte dalla stazione di Olgiate Molgora, dalla quale è possibile già ammirare il rilievo del Monte di Brianza e in particolare a metà costa, il piccolo borgo di Monasterolo. Dalla stazione si raggiunge la località Olcellera, quindi la frazione di Porchera, lungo un sentiero delimitato da alti muri a secco. L’abbandono di alcuni terrazzamenti ha consentito al bosco di avanzare inglobandoli e dando luogo a consistenti porzioni di bosco terrazzato. Dopo aver attraversato il sedime della vecchia ferrovia, proseguire lungo lo stretto vicolo fino a scendere all’abitato. Il toponimo di Porchera, derivante da “porcaria”, ovvero “stalla di porci”, lascia chiaramente intendere che un tempo questa era una località caratterizzata dalla presenza di grandi allevamenti di maiali mentre oggi si presenta come un agglomerato di cascine e vecchi edifici. Seguendo l’acciottolato si arriva di fronte a un bivio. Oltrepassando il sottopasso sotto il sedime ferroviario si arriva in località Stalasc (stallacce), punto di partenza di una lunghissima scalinata, grandiosa opera di architettura contadina che conta ben 1117 gradini e che rappresentava l’arteria principale per raggiungere i numerosi terrazzamenti e ronchi, realizzati utilizzando la pietra locale, in prevalenza arenaria e molera.Nella porzione più alta della scalinata, degna di nota è la presenza, a destra e a sinistra, di scale costituite da pietre a sbalzo nel vuoto costruite per rimontare i muri del terrazzamento e raggiungere quello superiore o viceversa. Un tempo questi terrazzamenti, oggi ormai quasi assorbiti dall’avanzare dei rovi, erano coltivati soprattutto a vite per la produzione del vino locale chiamato “Nustranel” e per la coltivazione di frutta e verdura tipica dell’economia di sussistenza contadina. I prodotti che invece venivano prodotti per essere venduti sui mercati agricoli erano principalmente piselli e taccole.La scalinata di Porchera presenta dei tratti esposti e per tale ragione è opportuno non percorrerla in discesa, soprattutto se bagnata. Al termine della scalinata si percorre a sinistra il sentiero in piano fino al nucleo di Monasterolo, chiamato così perché in origine era un monastero di monache di clausura, fondato intorno al 1400 da una nobile della famiglia Corno. Fu chiamato Monasterolo per distinguerlo dal più grande e famoso monastero della vicina Bernaga. Nel 1858, lo storico Giovanni Dozio aveva scritto al riguardo: “A mezzo il monte, che s'alza sopra capo a Porchera, in un angusto ripiano è il Monasterolo, un gruppo di meschine case e quasi decadenti, con un oratorio eretto ad onore di San Giuseppe nel 1736”. Al limitare del borgo si trova la chiesa di San Giuseppe, ora sconsacrata e adibita ad abitazione privata. La piccola piazza del borgo, dove è possibile approvvigionarsi d’acqua potabile ad una fontanella, merita una sosta. I terrazzamenti intorno all’antico nucleo erano coltivati per consentire l’autosufficienza alimentare, ora invece sono in buona parte abbandonati e lasciati a prato. Il sentiero continua in salita con segnavia n.2 e a un trivio bisogna mantenere sempre la sinistra, ma vale la pena svoltare a destra per una sosta nell’ampia radura chiamata “camp di tedesch”, dalla quale si gode di un magnifico panorama sulle colline di Montevecchia e alle cui spalle nelle belle giornate si può vede Milano fino a giungere agli Appennini e all’Oltrepò Pavese. Il sentiero si snoda per circa un chilometro in un bosco di castagno, roverella, frassino, ciliegi e acero montano fino ad arrivare ad un’area di sosta. Si segue il segnavia verso Beverate e si scende fino ad incontrare un bivio. Mantenersi sempre a sinistra sul sentiero n. 6 fino ad intercettare un’ampia strada boschiva, che si segue fino ad arrivare a cascina Rapello. Sul muro della cascina, da far risalire alla seconda metà del settecento, un affresco di San Giobbe, venerato santo protettore dei cavalè, i bachi da seta, ricorda il tempo in cui la bachicoltura rappresentava un’importante attività per integrare le magre entrate della vita contadina. A quel tempo, sui terrazzamenti era praticata anche la gelsicoltura. Il sentiero continua in costa fino alla frazione di Aizurro, di cui si scorge tra gli alberi la chiesa.I terrazzamenti un tempo erano coltivati a piselli, fagioli, cornetti, patate e porri, prodotti che poi venivano venduti al mercato agricolo di Valgreghentino.In prossimità delle prime case di Aizurro il sentiero si divide e si imbocca la sezione che dolcemente sale fino ad incrociare una strada sterrata che conduce al centro storico. Si hanno notizie di questo nucleo abitato intorno al 1412. Giunti in piazza Roma, si arriva a un grande lavatoio ben conservato, un tempo importante luogo di ritrovo per le massaie della frazione.L’itinerario continua imboccando la stretta via parallela alla via Tolsera, lungo la quale è possibile godere di un ampio panorama sulla valle dell’Adda, in particolare sul Santuario della Rocchetta, che sorge sulle fondamenta di un antico castello longobardo di cui si hanno notizie già dall'anno 960. La stretta via si ricongiunge poi con via Tolsera e prosegue per una strada sterrata che si sviluppa a mezza costa tra qualche saliscendi fino al nucleo rurale di Veglio.Il bosco era qui una estesa selva castanile e tracce di terrazzamento sono ancora visibili. Per una larga fascia delle popolazioni del Monte di Brianza, la coltivazione della castagna ha rappresentato un’importante risorsa alimentare che andava ad integrare la povera dieta contadina. Le castagne, vendute nei mercati del Milanese, costituivano un’entrata economica fondamentale per le famiglie. Da qui si può godere del panorama sulla Valle dell’Adda e sulle Prealpi Bergamasche. Lungo l’itinerario sulla destra si incontrano terrazzamenti, coltivati a zafferano, patate, frumento e una antica varietà di mais, lo scagliolo. Interessante il masso erratico di serpentinite che si trova lungo la strada, denominato “Sass balena” per la sua particolare sagoma. Dopo circa 500 metri si arriva a uno dei più suggestivi borghi rurali del Monte di Brianza: Veglio. Il toponimo potrebbe essere ricondotto al significato di “vegliare”, “fare da guardia”. La sua presenza è attestata fin dal 1412. I terreni circostanti appartenevano alle monache del monastero della Bernaga (Perego ora La Valletta Brianza). La struttura, antecedente al Settecento, è un raro esempio di abitato montano a cortina chiusa e compatta, che definisce una corte stretta e allungata sulla quale si affacciano gli edifici, costruiti in pietra con piccole e rade finestrature.La fila di gelsi, ora ridotta a pochi esemplari, costituiva una caratteristica architettura vegetale, che incorniciava l’ingresso di Veglio, a testimonianza della pratica della bachicoltura, comprovata anche dalla presenza in un locale della cascina di graticci per l’allevamento del baco da seta. Si prosegue e a circa 200 metri in alto sulle balze, si trova una cappelletta votiva dedicata ai morti della peste, il cui affresco appare purtroppo indecifrabile. Poco più avanti sulla destra prendere il segnavia che indica la direzione Biglio. Il sentiero attraversa nel bosco la valle della Pizza, lungo la quale si notano grandi massi erratici di granito-ghiandone, testimonianza del ghiacciaio nella Valle dell’Adda.Si abbandona il bosco solo in prossimità delle prime case di Biglio che documenta il tipico borgo contadino dell’Alta Brianza. L’abitato si sviluppa in due parti: Biglio Inferiore e sopra un pianoro più in alto, Biglio Superiore. Nel suo “Liber Notitiae Sanctorum Mediolani”, redatto tra il 1290 e il 1311, Goffredo da Bussero ne cita la piccola chiesa di campagna. Le cronache riferiscono della presenza di un piccolo cimitero ora scomparso. L’architettura del nucleo rurale di Biglio Inferiore risente dell’influenza del Bergamasco e di conseguenza della Serenissima. Le costruzioni sono basse e all’interno si trovano stalle, fienili e ricoveri per attrezzi.Salendo lungo la mulattiera si osserva, oltre al vasto panorama, i terrazzamenti che modellano l’ampio costone tra Biglio Superiore e Biglio Inferiore. Qui il paesaggio offre uno degli scorci più significativi e di grande bellezza del Monte di Brianza.I terrazzamenti a fianco dell’abitato di Biglio Inferiore sono coltivati a ortaggi e conservano molti alberi da frutta antica. Biglio Superiore è ancora abitato e un bel lavatoio, recentemente recuperato, campeggia in mezzo alle case presso l’Agriturismo “Il Terrazzo”. Il giro vallivo continua salendo per la mulattiera mantenendo la sinistra. Dopo poche decine di metri dalle ultime case di Biglio si intravvede sulla destra della riva un piccolo sentiero che sale sopra un grande pianoro, dal quale la vista sul Monte Resegone è imperdibile.Si segue sempre il segnavia n.9.Dopo circa un chilometro si incontra uno dei più caratteristici elementi del nostro paesaggio rurale: un casotto, in dialetto “cassòt”, ricovero degli attrezzi o avamposto per lo sfruttamento delle risorse legate al bosco e ai terrazzamenti, e più avanti una bella cappelletta dedicata alla Madonna e ai morti della peste. Dopo circa due chilometri dall’abitato di Biglio, si arriva in prossimità di Campiano, di cui è attestata la presenza in un atto riferito alla sua selva nel 960. Il toponimo significherebbe “campo in piano”. Da Campiano si raggiunge l’’Eremo del San Genesio seguendo il segnavia n. 4, percorrendo un ripido sentiero. Al Ristoro Alpino San Genesio il servizio è garantito nei giorni di sabato e domenica. Dalla sommità del Monte San Genesio è possibile spaziare su un ampio panorama. Si racconta che anticamente su questo colle ci fosse un tempietto dedicato a Giove (da cui il toponimo del vicino paese di Giovenzana) o a Giano (da cui deriverebbe Genesio). Il primo documento storico in cui si parla di una cappella di S. Genesio sul Monte Suma risale all'anno 950.Nei secoli fu dimora prima dei monaci agostiniani e successivamente dei monaci camaldolesi. L’eremo è oggi proprietà privata. Ancora ben tenuti sono i terrazzamenti che disegnano e contengono il grande giardino intorno all’eremo.Dall’Eremo si segue e sempre il segnavia n. 1 fino ad arrivare alle prime case di Campsirago, nascoste dietro grandi affioramenti di roccia arenaria, il cui nome deriva da "campi sirati", che significa "terreni coltivati e muniti di silos", e testimonia la più che millenaria tradizione agricola di questo centro. Molto probabilmente la piccola comunità conservava cibi e raccolti in questi depositi (forse anche sotterranei) e poteva così essere autosufficiente in tutte le sue necessità. Le attuali costruzioni risalgono al XIV - XV secolo con alcuni edifici forse di epoca medievale.I terrazzamenti sono mantenuti a prato, testimoniando la transizione della vocazione di Campsirago, da borgo agricolo a borgo residenziale. Lasciando alle spalle le ultime case, prima del grande parcheggio della frazione, svoltare a sinistra e seguire il sentiero n. 1. Questo consente, attraverso una millenaria mulattiera, di camminare agevolmente in bosco per due chilometri fino alla frazione di Mondonico.Durante il percorso è interessante notare muri a secco di buona fattura e efficienti opere di ingegneria idraulica per governare i numerosi affluenti del torrente Molgora che nascono proprio in questa valle. Degna di nota, nei pressi della località Campione, è la presenza di un enorme masso coppellato in arenaria, importante reperto archeologico che attesta la presenza dell’uomo ancora prima dell’Età del Ferro.Prima di arrivare a Mondonico, una evidente mulattiera sulla sinistra invita a raggiungere il vecchio nucleo rurale con un piccolo oratorio dedicato al Santo Crocifisso. La località è nota con il nome di il Casino e il toponimo potrebbe riferirsi all'uso di uno degli edifici come residenza rurale signorile adibita all'attività venatoria. Passando a lato dell’Oratorio del Santo Crocifisso, il percorso fiancheggia notevoli muri a secco e terrazzamenti abbandonati, invasi dai rovi. Il bosco terrazzato ha preso il sopravvento sia a valle che a monte del percorso. Dopo aver oltrepassato un caseggiato bianco sulla sinistra, chiamato Cà Bianca, il sentiero si dirama in un bivio. Piegare a destra e al masso erratico con una piccola cappelletta votiva alla Madonna proseguire a sinistra verso Monasterolo attraversando la Valle del Corna, dove scorre l’omonimo torrente. Sotto l’abitato di Monasterolo, prendere la direzione per Olgiate Stazione, scendendo per una suggestiva mulattiera tra terrazzamenti e alti muri a secco fino all’imbocco del sentiero a destra, che conclude l’anello e arriva alla stazione di Olgiate Molgora.
Monte di Brianza da Olgiate Molgora

Parona

Piccolo centro della Lomellina, situato tra i territori di Vigevano, Mortara e Cilavegna, Parona conta circa 2.000 abitanti, distribuiti in un'area di 9,34 kmq. ad un'altitudine di 113 metri sul livello del mare (clicca qui per la piantina del centro abitato). Parona è un borgo di origine antica, che nel volgere di pochi anni si è trasformato, da paese rustico ed in un certo senso "vecchio", in un comune moderno, dinamico ed ospitale. Col passare degli anni, infatti, l'economia del paese si è andata gradualmente modificando: da centro agricolo qual era, è diventato poco per volta un paese di piccoli artigiani ed imprenditori, nonchè paese residenziale per i numerosi operai che lavorano nei vicini centri lomellini. Parona sta ridefinendo in questi anni la sua identità, ma rimane un paese a misura d'uomo, immerso in una campagna che crea scenari sempre nuovi e suggestivi, con alcune particolarità che meritano di essere conosciute. Il bambino di cera Degna di nota è la Chiesa parrocchiale, dedicata a San Pietro Apostolo, ricca di pregevoli affreschi. Nell'altare della Madonna, entro una bella urna di legno dorato, si venera un Bambino Gesù di cera del 1700 (nella foto a lato, in una esposizione per il Natale), che è stato posto nella Basilica della Natività di Betlemme e deposto nella notte di Natale, nel luogo stesso dove i pastori adorarono il celeste infante. La chiesa conserva inoltre la maestosa tela "Tibi dabo claves", del pittore paronese Lorenzo Toma; dello stesso autore le quattordici tele della Via Crucis, lungo la navata centrale. Caratteristica anche la Chiesa di San Siro, da anni non più utilizzata per le funzioni religiose, il cui campanile (foto in alto) è considerato simbolo di Parona, essendo stato scelto come emblema raffigurato sulle confezioni delle "Offelle di Parona". A Parona esisteva anche un Castello, in cui dimorarono alcune famiglie feudatarie, di cui però rimane ben poco. Piazza Nuova Tra le opere architettoniche di rilievo, in primo piano si inserisce Piazza Nuova (foto a lato); inaugurata nel 1989, ha ridato un nuovo volto al centro del paese. Nel nostro piccolo paese sono ancora evidenti, tuttavia, i segni del proprio passato rurale, che ci rimandano ad un tempo neanche tanto remoto, in cui la vita di tutti i giorni era difficile, ma semplice e genuina, con le sue tradizioni tramandate di padre in figlio, di cui parte essenziale era l'aspetto religioso. Un filo comune che legava tutte le persone era la lingua utilizzata, il dialetto, parlato veramente da tutti, dalle persone anziane ai bambini; questa parlata è ormai praticamente scomparsa tra le giovani generazioni. La cascina Scocchellina Per scoprire il trascorso rurale del paese può essere interessante una visita nella parte orientale, ove si trovano le tracce del mondo rurale paronese, ad iniziare dal mulino Santo Spirito, per poi proseguire con le vicine cascine ancora in funzione: la Cascina Castello o "Cascinino" e la Cascina Scocchellina (nella foto) che prende il nome dai ritrovamenti archeologici, "cocci", nella zona circostante. Vi è poi la Cascina Scoglio, che racchiude all'interno numerosi e suggestivi gruppi marmorei ispirati a scene di mitologia agreste, della fine anni venti, nonché affreschi raffiguranti le quattro stagioni. Lungo la statale per Vigevano, si trova la Cascina Naìna, ora adibita a ristorante, in cui si notano, oltre alle decorazioni sugli edifici, i comignoli, riproducenti in modo molto fedele quelli di piazza Ducale di Vigevano. Più difficili da ritrovare sono gli aspetti gastronomici caratteristici della nostra zona, anche se in questi ultimi decenni sia a Parona, con l'ormai famosa Sagra dell'Offella, sia in altri paesi della Lomellina, si tengono varie manifestazioni per la riscoperta e la tutela dei prodotti tipici. Dal punto di vista ambientale, degno di nota sono il Bosco Acqualunga con il vicino Parco Nuovi Nati ed il Bosco Rampi. Oltre al già citato Lorenzo Toma, vi sono altri personaggi degni di nota, benefattori della nostra Comunità; vissuti a Parona nel XIX secolo, hanno legato il loro nome ad una parte della storia del nostro piccolo borgo. Dal punto di vista culturale, sono da segnalare diverse opere letterarie pubblicate da autori locali: alcune ricerche sul nostro borgo realizzate dagli storici Mario Rampi ed Angelo Gravanaldi, due raccolte di poesie, composte da Lino Negri e da Paola Bellavite, una fiaba pubblicata da Carla Masutti ed una pubblicazione per ragazzi ("Il mio paese") edita dalla Pro Loco, che ogni anno ne dona copia ai ragazzi che frequentano la prima classe elementare. E' anche stato completamente risistemato l'Archivio storico comunale. E, per finire le presentazioni, non possiamo non accennare alle manifestazioni che la nostra Pro Loco organizza nel corso dell'anno, prima fra tutte la già citata; "Sagra dell'Offella", il primo fine settimana di ottobre, la cui prima edizione risale al 1969. Più recenti, ma sempre di grande attrattiva, sono due altri eventi molto importanti: "Parona téra böna", che si tiene la prima domenica dopo Pasqua, e "Un paese per giocare", il 2 giugno. Ultima nata in casa Pro Loco una grandiosa "Caccia al Tesoro". (Fonte Proloco Parona www.parona-lomellina.it) Photo: Alessandro Vecchi / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)

Castiglione Olona e il complesso della Collegiata

Il borgo di Castiglione Olona ha origini antichissime: fu castrum romano, quindi villaggio conteso dai Visconti e dai Torriani che a lungo si combatterono per avere il predominio su questo territorio posto lungo le rive del Fiume Olona. Entrando nel borgo vi sembrerà di camminare in un’epoca lontana: da non perdere la Chiesa di Villa o del SS. Corpo di Cristo, il Palazzo Branda Castiglioni, i fotogenici ruderi della porta che immetteva nell’antico castello e il complesso della Collegiata composto principalmente dalla chiesa e dal battistero. La chiesa in stile gotico-lombardo a croce latina fu dedicata nel 1425 alla Vergine e ai Santi Stefano e Lorenzo. All'interno si notano nelle vele dell’abside "Le storie della Vergine" affrescate da Masolino da Panicale. Sempre nell'abside affreschi di scuola toscana. Il Museo della Collegiata ospita preziosi oggetti sacri e alcune interessanti opere artistiche. Da segnalare anche la manifestazione estiva del Palio dei Castelli con rievocazione storica in costume che si svolge al Castello di Monteruzzo, location interessante e sede di numerosi eventi.  INFO UTILI MUSEO CIVICO BRANDA CASTIGLIONI INDIRIZZO: Piazza Garibaldi - Castiglione Olona ORARI DI APERTURA: dal 1° Ottobre al 31 Marzo: da martedì a sabato 9.00 - 12.00, 15.00 - 18.00, domenica 15.00 - 18.00  // dal 1° Aprile al 30 Settembre: da martedì a sabato 9.00 - 12.00, 15.00 - 18.00, domenica e festivi 10.30 - 12.30, 15.00 - 18.00. BIGLIETTI: Intero € 3  //  ridotto € 2 per ragazzi dai 6 ai 14 anni e gruppi minimo 20 persone  //  gratuito per bambini fino ai 6 anni, cittadini residenti in Castiglione Olona. Il biglietto di ingresso è comprensivo della visita al MAP Museo Arte Plastica.    Cani di taglia piccola ammessi se tenuti in braccio nel rispetto delle norme generali concernenti l'igiene e la tutela dell'incolumità pubblica* *Informazioni fornite dall'Ente di riferimento. Per ogni esigenza rifarsi al regolamento del Museo. INFO UTILI MUSEO DELLA COLLEGIATA ORARIO INVERNALE (1 ottobre – 31 marzo)Da martedì a sabato dalle ore 9.30 alle 12.30 e dalle ore 14.30 alle 17.30 ORARIO ESTIVO (1 aprile – 30 settembre) Da martedì a sabato dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle ore 15.00 alle 18.00 Domenica e festivi (tutto l’anno) dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle ore 15.00 alle 18.00 Prima domenica del mese Orario continuato dalle ore 10.00 alle 18.00 Lunedì chiuso BIGLIETTI:  6 euro intero. Ingresso ridotto per gruppi 4 euro. Informazioni e prenotazioni: tel. 0331 858903 - e-mail: info@museocollegiata.it      
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5 Cose da fare nell’Alto Lago di Como

L’area settentrionale del Lago di Como ti stupirà!
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Tour in A35: Melzo

Melzo, caratteristica cittadina che si trova a pochi minuti di auto da Milano e Bergamo, risale presumibilmente al periodo etrusco. Il nome Melzo, infatti, ricorda il nome di “Melpum”, antico insediamento etrusco che viene citato da Plinio il Vecchio nella sua opera “Naturalis Historia” del I sec. d.C. anche se non esiste alcun ritrovamento archeologico che lo possa confermare.
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