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Il sentiero delle sculture

Il bosco incantato

Sarnico- Colli S.Fermo- Lago d'Endine- Valle del Freddo- Sarnico

Questo percorso automobilistico, consigliato anche in bicicletta per i più allenati, prende il via da Sarnico. Proseguendo lungo la provinciale verso Bergamo, si incontra Villongo e prendendo la direzione di Adrara, si giunge all’antica struttura rurale di Castel Merlo, poco distante dalla chiesetta romanica dedicata a S. Alessandro. Continuando il percorso sulla strada provinciale si incontrano, prima Adrara San Martino, centro rurale di origini preistoriche ed importante in età medievale come ricordano resti del castello sul colle Ducone, poi, Adrara San Rocco, borgo rurale con una considerevole parrocchiale cinquecentesca. Superato questo centro, la strada sale verso i panoramici Colli di San Fermo, luogo prediletto dagli appassionati del volo libero, ma anche ricco di splendide fioriture di narcisi e genziane (*). Giunti alla Chiesa di San Fermo, si scende a Grone, dove la chiesa parrocchiale sorge su un panoramico sperone affacciato sulla Val Cavallina. Quattro chilometri alberati portano a Casazza, dal quale si raggiunge il Lago d’Endine, piccolo specchio d’acqua paradiso dei pescatori. Prendendo la deviazione a destra si giunge a Monasterolo del Castello, centro con importanti resti medievali e la chiesa del SS. Salvatore, costruita sui ruderi di un antico monastero. Proseguendo in un ambiente tra i più suggestivi si raggiunge S. Felice al Lago, graziosissima frazione di Endine, nel cui territorio si trova anche Piangaiano con il laghetto di Gaiano. Da non perdere una visita alla vicina riserva naturale della Valle del Freddo, ben nota agli studiosi per la presenza, ad un’altitudine compresa tra i 350 e i 700 metri sul livello del mare, di un’ampia varietà di specie vegetali, tra cui stelle alpine, genziane e rododendri, che di norma si possono incontrare solo a quote superiori ai mille metri. Ciò è dovuto ad un marcato fenomeno microtermico che si manifesta con l’emissione di aria gelida da alcune “buche del freddo” o “bocche” nel terreno. La Valle del Freddo è visitabile unicamente il sabato e la domenica nei mesi di maggio, giugno e luglio. L’ingresso è gratuito. Continuando verso le località turistiche di Esmate e Solto Collina, si scende al piccolo e ben conservato paese di Riva di Solto. A questo punto, si svolta verso destra e si prosegue lungo la strada che costeggia il lago, ritornando a Sarnico. (*) Variante consigliataCosteggiando il crinale che si sviluppa a destra, si percorre la “Strada del Verde” che, passando da Vigolo a Parzanica, arriva a Tavernola Bergamasca. Un percorso di eccezionale rilievo paesaggistico, con panorami mozzafiato sul lago, tra cascine, prati, pinete e borghi rurali.
Sarnico

Pisogne

A Pisogne, vari ritrovamenti e tracce testimoniano sia la presenza di antichi insediamenti preistorici che il ruolo centrale, a livello industriale e commerciale, ricoperto dal paese in epoca romana per la sua posizione privilegiata (tra Valle Camonica e Sebino) e la sua morfologia. Presso la contrada di Grignaghe vi sono ancora, infatti, ricchi filoni di ferro con numerosissime miniere. All’ingresso di Pisogne è posta la statua di un grande cavallo bianco. Il centro si snoda attorno alla grande piazza del Mercato, che si apre verso il lago. Sulla piazza si affaccia la torre del Vescovo, alta circa 30 mt., fatta erigere assieme al altre fortificazioni durante una delle battaglie fra Bergamo e Brescia del XII sec. Durante il tardo Medioevo fecero rumore i processi contro le streghe che, si narra, furono tenute prigioniere nella torre e bruciate vive nella piazza. Da piazza del Mercato inizia piazza Corna Pellegrini, che sale fino alla chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta, con dipinti del XIX sec ed il grande organo Serassi di metà ’800, con più di 2000 canne. All’inizio di Piazza Corna Pellegrini inizia a destra via Torrazzo, lunga e tortuosa strada che attraversa il centro del borgo medievale. Salendo per via dei Monti, che si incrocia a sinistra, si giunge a una porta medievale. Proseguendo per via Torrazzo e quindi per via Mercanti fino all’inizio di via Mandolossa si incontra la porta Capovilla, che chiudeva l’abitato a sud. Sempre da via Torrazzo, scendendo verso il lago attraverso via Speranza si incontra, all’angolo con via Nave Corriera, una pittoresca casa del XVII sec. A monte del borgo medievale, sulla strada verso la Val Palot, si incontra la chiesa di S.Maria della Neve (XV sec.), sotto il cui portico di sinistra sono visibili degli affreschi, con storia di Adamo ed Eva. Il portico di destra è diventato la cappella dell’ex ospedale, mentre sulla facciata, in basso a destra, rimangono tracce di motivi iconografici diffusi nel XV sec. All’interno della chiesa è visibile un magnifico ciclo di affreschi di Girolamo Romanino raffiguranti scene della vita di Cristo, eseguiti negli anni 1532-34. Proseguendo lungo la strada verso la val Palot si incontra la pieve di S.Maria in Silvis del sec. VIII e ricostruita nel XV sec., con facciata decorata in pietra rossa. Sul lungolago, di recente ampliamento e ristrutturazione, si ricorda una scultura a forma semicircolare, composta da 10 pilastri sui quali è riportata una frase di Renato Guttuso, dedicata all’artista Romanino: «Romanino ci serva, ci inviti a guardare la realtà e ad avere il coraggio di andarci dentro, anche se essa è grande e terribile». Sono consigliate le visite anche alle piccole frazioni di Gratacasolo, Toline, Pontasio, Siniga, Grignaghe, Sonvico e Fraine: un iter suggestivo tra le acque del lago e la quiete dei boschi.

Lombardia in 10 capolavori

Dal Cenacolo Vinciano alla Piazza Ducale di Vigevano, fino alla Villa Reale di Monza. 10 capolavori da non perdere in Lombardia

Lombardia retrò, a spasso su un auto d'epoca

Aggiungete ad un'auto d'epoca un paesaggio da togliere il fiato e la vostra gita romantica è servita
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Al Rifugio Val Brandet, nella riserva delle Valli di San'Antonio

Tra i boschi di questo percorso amava passeggiare il Nobel per la medicina Camillo Golgi. Nel fondovalle si attraversano piccoli nuclei di baite che mantengono ancora il fascino antico delle costruzioni alpestri di montagna.   Il Rifugio Val Bredet è un luogo accogliente, i rifugisti hanno una gestione attenta ed ecologica e sono esperti di ristorazione, sono una coppia di giramondo che sono stati rapiti ed affascinati dalle foreste di conifere di questa zona che è stata riconosciuta come Sic-Sito di interesse comunitario per il suo considerevole pregio ambientale.Tutti buonissimi motivi per scoprire e conoscere questo itinerario. Dalla Valle Camonica passando per Edolo (Brescia), o dalla Valtellina transitando per Aprica (Sondrio), si raggiunge Sant’Antonio, frazione di Corteno Golgi, in territorio bresciano. Poco prima del piccolo borgo, dove termina la strada, si trova, sulla destra, un’area parcheggio. Ci si addentra nel territorio della Riserva naturale delle Valli di Sant’Antonio, con due possibili itinerari per arrivare al Rifugio Val Brandet, nella valle omonima. Il più breve e diretto (segnavia 129) in presenza di neve richiede circa un’ora di cammino, l’altro invece (segnavia 124) poco più di un’ora e mezza. In entrambi i casi occorre prestare attenzione al ghiaccio.Il Sentiero 124, dopo avere attraversato il nucleo di Sant’Antonio, conduce in Valle di Campovecchio. Risalita, con pendenze mai troppo impegnative, fino al borgo omonimo, un insieme di storiche baite ben ristrutturate. Vi si trova anche il Rifugio Alpini, che durante l’inverno però è chiuso. Fin qui il tracciato coincide con uno dei Sentieri Frassati, si tratta di percorsi che il CAI ha intitolato al Beato Pier Giorgio Frassati e distribuiti in varie regioni d’Italia. Si oltrepassa il torrente grazie a un caratteristico ponte di legno coperto, che immette su quella che d’estate è la sterrata che collega con la Val Brandet. Si attraversa così, con un piacevole saliscendi, un bel bosco di abeti rossi e qualche abete bianco, fiancheggiando il limite della riserva naturale, arrivando a incrociare il tracciato agrosilvopastorale (segnavia 129) che sale da Sant’Antonio. A questo punto primo e secondo percorso si sovrappongono. Ci si dirige a destra e ci si lascia guidare dalla strada innevata, salendo molto più dolcemente, fino al rifugio. Nella prima parte del Sentiero 129, che fa guadagnare quota direttamente lungo la Val Brandet, le pendenze sono invece un poco più decise. Nuclei di baite ben ristrutturate caratterizzano anche questo versante. Pochi metri prima della nostra meta ecco la chiesetta in pietra, benedetta nel 2015 dal Cardinale Giovanni Battista Re, intitolata a San Giovanni Paolo II. L’articolo da cui è tratto questo itinerario, lo trovate sulle pagine della rivista di GENNAIO 2021 RIFUGISTI DA NOBEL.
Al Rifugio Val Brandet, nella riserva delle Valli di San'Antonio

Nelle valli di Sant'Antonio

Boschi, valli e sentieri
Nelle valli di Sant'Antonio

Sui luoghi de «L'Albero degli Zoccoli»

Era il 1978 quando nelle sale uscì un film indimenticabile che portò sul grande schermo le radici contadine della pianura bergamasca: «L’Albero degli Zoccoli».   In un pomeriggio invernale in cui la pianura bergamasca era avvolta dalla nebbia, il regista premio oscar Ermanno Olmi si perse nelle campagne intorno all’abitato di Martinengo e per caso si ritrovò davanti ai cancelli della Cascina Roggia Sale: fu amore a prima vista e la corte divenne la location principale della pellicola. Ma come si presentano oggi quegli edifici, quelle stradine di campagna e quei borghi immortalati nella pellicola che vinse la Palma d’Oro al Festival di Cannes?Orobie Active ti propone un itinerario alla scoperta dei luoghi in cui è stato girato il film. Ma non solo… ti invitiamo a cercare di riconoscere le location partendo dalle scene del film che vengono riportate nei punti di interesse lungo il percorso. E allora buona passeggiata sulle tracce de «L’Albero degli Zoccoli»! Descrizione dell'itinerarioIl percorso prende il via a Cortenuova di Sopra, piccola frazione a sud di Martinengo. Qui si può lasciare l’auto in via Beroa e immergersi nel paesaggio tipico della bassa pianura bergamasca. È proprio da questa stradina di campagna che nel film passano le persone che dal centro storico vanno alla cascina ed è qui che il figlio dei contadini rompe lo zoccolo.Proseguendo su via Cortenuova ci si avvicina poi a Martinengo; dopo un breve tratto di strada trafficata si svolta a sinistra e si percorre via Molino Nuovo fino a raggiungere la chiesina campestre di San Rocco, dove, nel film, la vedova Runk benedisce l’acqua che fa poi bere alla mucca malata.In poco tempo si raggiunge quindi il bellissimo centro storico di Martinengo e si prosegue la camminata sulle tracce delle location del film. Raggiunto il vero e proprio borgo storico si svolta a destra lungo via Morzenti e subito dopo a sinistra in via Derusco. A destra via Sant’Agata ci conduce verso i luoghi in cui sono state girate le scene dei pomodori pronti in anticipo rispetto alla stagione e portati orgogliosamente in città da nonno Anselmo (vicolo San Giorgio e via Tadino).Via Tadino è rinomata per gli splendidi portici storici, utilizzati da Olmi per ambientare l’osteria e la scena dei balli nella locanda (oggi sede di una banca). L’itinerario prosegue in via Celestino Colleoni: lì le scene del cavallo imbizzarrito che scappa e quelle dell’albergo Corona. Camminando tutt’intorno al centro storico si incontra Piazza Maggiore e si imbocca via Allegreni; qui al numero 37 il famoso Filandone, il luogo nel quale durante il film si vedono le operaie al lavoro. Il Filandone è una vecchia grande filanda dismessa dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Abbandonata e in disuso, venne risistemata e riaperta proprio per le scene del film di Olmi nel 1977. Al termine della lavorazione l’enorme edificio era tornato in stato di abbandono fino a un suo lungo e impegnativo recupero: dal 2013, nei suoi tre piani ospita la biblioteca comunale, una sala conferenze e uno spazio espositivo. Ultima tappa del percorso è il Convento dell’Incoronata, situato fuori dal centro storico ma raggiungibile a piedi in breve tempo percorrendo via Morzenti, via IV Novembre e via Milano. Splendidi il chiostro e la sala capitolare, dove per «L’albero degli zoccoli» sono state girate le scene dell’orfanotrofio ambientato a Milano in cui si vedono i bambini e le suore che li accudiscono e le scene in cui ci sono i due sposini con le religiose e con il bambino.
Sui luoghi de «L'Albero degli Zoccoli»

Il Sentiero Verde dell’Oglio

Il Sentiero Verde dell’Oglio è tracciato lungo il corso di pianura del fiume lombardo, da Sarnico, allo sbocco del Lago d’Iseo, fino a Ostiano, laddove il Fiume Mella segna il confine tra le Provincie di Brescia e Cremona.   Lievemente incassato nella sua valle o sollevato per via dei materiali che porta nel suo letto e dunque, a un certo punto del suo cammino, contenuto negli argini, l’Oglio richiama un paesaggio di boschi, greti, isole sabbiose. I campi stringono da vicino il fiume, completano il paesaggio quando, col divenire della buona stagione, variano le coltivazioni e si animano di filari alberati, di freschi canali irrigui, di grossi cascinali che sembrano essere lì da sempre.  L’ ambiente fluviale ha meritato una protezione speciale, ovvero l’istituzione del Parco regionale dell’Oglio Nord. Quest’area protetta, istituita con Legge Regionale nel 1988, si estende si sviluppa lungo il fiume Oglio per un tratto di più di 90 km, dal lago d’Iseo fino al fiume Mella. Il Parco ha un’estensione di 14.170 ettari e si sviluppa sul territorio di 34 comuni fra le province di Brescia, Bergamo e Cremona. All’interno del Parco ritroviamo molte aree importanti dal punto di vista naturalistico, che accrescono quindi l’importanza dell’istituzione dell’area protetta e il suo ruolo nella conservazione della biodiversità. Il paesaggio fluviale cambia nello spazio e nel tempo, seguendo le stagioni. I terreni coltivati, con i campi geometrici, le cascine, i filari e la rete dei fossi e dei canali irrigui si alternano agli ambienti naturali con i boschi ripariali, ancora notevoli per estensione e qualità.  Durante le stagioni, la vitalità del fiume condiziona in maniera dirompente il paesaggio mutando la stessa geografia dei luoghi. Le lanche, dove prolifera la vegetazione palustre, sono un effetto della dinamica fluviale. L’Oglio riprende o abbandona il suo letto nel corso del tempo lasciando sempre una traccia.    Le derivazioni idrauliche, congegnate nei secoli dall’uomo, contano nel Parco sedici rogge, o ‘seriole’, delle quali nove sulla sponda bresciana e sette su quella bergamasca, ancora in uso.  Due realtà politiche - Brescia e Cremona - si sono a lungo fronteggiate sul confine dell’Oglio per rivendicare i diritti d’uso delle acque. Nel corso del Medioevo si fortificarono le opposte sponde con muniti castelli o con veri borghi militarizzati come Orzinuovi, attuale sede amministrativa del Parco, e Soncino.  Il percorso si sviluppa per circa 100 km e si affronta in sei tappe, in gran parte lungo il fiume da Sarnico a Borgo San Giacomo, poi prosegue prevalentemente in ambito rurale con alcuni attraversamenti negli abitati. - Immagine di copertina:@dallolio.silvia

Trekking da Pizzino al Rifugio Gherardi

Fra i borghi della Val Taleggio

Da Romagnese a S. Margherita di Staffora

L’itinerario che collega Romagnese a Santa Margherita di Staffora presenta due salite piuttosto lunghe per un dislivello complessivo in salita di 1000 m circa. Romagnese si trova nell'Alta Val Tidone, che interessa la zona montana dell'Oltrepò Pavese, facilmente raggiungibile seguendo la ex SS412. Non è lontano dal Passo Penice.  Romagnese si trova a 650 m di quota, prestigioso luogo di villeggiatura estiva ed invernale per la salubrità dell'aria.  In base alla tradizione che affonda le radici nella leggenda, l'antico borgo di Romagnese (Castrum Romaniense) avrebbe avuto origine da un accampamento di legionari romani, in fuga dopo la sconfitta nella battaglia del fiume Trebbia ad opera delle truppe di Annibale nella seconda guerra punica (218 a.C.). Lasciata Romagnese si sale fino alla panoramica Strada di Costa d’Alpe, da qui si scende fino a Piano Margarino e Menconico. Una seconda e meno impegnativa salita porta a Costa Roncassi, gli ultimi 3 km di discesa conducono fino a Santa Margherita di Staffora. L'itinerario attraversa la riserva Naturale del Monte Alpe e il borgo di Menconìco. Monte Alpe risulta interessante sia per la presenza di castagneti e formazioni prative, sia per la presenza di impianti artificiali di conifere (pino nero, pino silvestre e larice), quasi completamente distrutti dal fuoco e successivamente sottoposti ad operazioni di ripristino della vegetazione spontanea.
 Sono, inoltre, presenti sorgenti pietrificanti con formazione di travertino particolarmente preziose nella tutela degli habitat europei. La storia di Menconico è strettamente legata a quella del Monte Penice, situato presso i confini del suo territorio comunale. Dal Toponimo Penice anticmanete chiamato “Mons Conicus”, deriverebbe il nome stessod el paese che significa “il luogo delle grandi rocce”. Si racconta che sulla vetta del monte Penice sorgesse un tempio pagano. Il territorio fu donato a San Colombano da Aldovaldo figlio del re Agilulfo. La tradizione vuole che qui, nell’anno 613, sia passata la regina Teodolinda quando si recò a Bobbio per visitare San Colombano. L'itinerario termna nel comune di Santa Margherita di Staffora a 546 m.s.l. nella zona montana dell'Oltrepò Pavese, nell'alta valle Staffora. Al di sopra della rocca di Santa Margherita è ben visibile la chiesa dalla quale è possibile ammirare gran parte della valle, mentre sul lato seminascosto alla strada provinciale rimangono ancora visibili i resti della casaforte/castello un tempo di proprietà dei marchesi Malaspina.

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