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11 esperienze gratis in Lombardia

Palazzi, capolavori, giardini, angoli insoliti... Scopri 11 spunti per visitare gratis (o quasi) le bellezze della Lombardia
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Le Meraviglie Sacre di Canzo

Un filo che si tende tra borgo e montagna, tra sampietrini, ciottoli di vecchie mulattiere e sassi levigati dalla Ravella.
La Basilica di Santo Stefano in centro a Canzo circondata dalle abitazioni.

Il Sentiero della Via Priula

Sentiero Storico

Il rinnovamento rinascimentale degli edifici religiosi sul Lago d'Iseo

Il periodo di pace e di discreta prosperità garantito dal passaggio sotto la Repubblica di Venezia (1428) e dalla pace di Lodi (1454), pone le condizioni ideali per avviare un rinnovamento degli edifici religiosi e civili. Varie fabbriche mostrano, tuttavia, come il Rinascimento architettonico e figurativo nel Sebino stenti ad attecchire in maniera nitida e omogenea e vada, al contrario, a mediare con elementi gotici ancora in uso a fine secolo e oltre. Sul piano dell’architettura si assiste a nuove fondazioni e a numerosi casi di ampliamento e aggiornamento di edifici medievali come a Vello, Sant’Antonio di Marasino, San Pietro di Tavernola, Santi Cassiano e Ippolito di Gargarino, San Pietro di Provaglio, San Paolo a Sarnico. Il modello architettonico che si diffonde – se è lecito parlare di modello – non è un’esclusiva del Sebino, ma si riscontra pure in Valle Camonica, in Franciacorta e nelle valli bergamasche. Si tratta di una chiesa a unica navata scandita da archi in muratura su cui poggia la copertura a due falde, spesso con travi a vista, mentre il presbiterio a pianta quadrangolare è coperto a volta; la facciata è decorata dal portale in pietra. Allo schema ‘base’ si possono aggiungere varianti dettate da esigenze strutturali e di spazio (come a Tassano) o dalla disponibilità della committenza. Nella Santa Maria in Silvis e nella vicina Santa Maria della Neve vi è l’aggiunta degli archetti ciechi sottogronda in facciata. Archetti ciechi e finestroni ad arco lobato ribassato sono impiegati pure in Santa Maria in Valvendra a Lovere, edificata a partire dal 1473, anche se le soluzioni architettonico-strutturali qui adottate – in particolare nel presbiterio – rappresentano un unicum sul Sebino, tanto da suggerire l’adozione di un modello proveniente da centri più aggiornati. La cultura lombarda non è comunque l’unica lingua disponibile: sul fianco di Santa Maria in Valvendra – sotto un protiro dalle linee rinascimentali – l’insolito portale a modanature intrecciate è riconducibile a lapicidi di cultura altoatesina. Nei due due comuni a nord del lago (Lovere e Pisogne) emergono le più significative testimonianze, sia pittoriche sia scultoree, della diffusione della cultura antiquaria assai diffusa a Bergamo e a Brescia. Tra i protagonisti è da ricordare la famiglia dei da Cemmo, che negli ultimi due decenni del secolo deteneva una sorta di monopolio dei cantieri in Valle Camonica e opera fino a Bagolino, Brescia e Cremona ma non riesce a farsi strada e si ferma a Pisogne, dove lascia in Santa Maria in Silvis uno dei più significativi cicli pittorici. Nella decorazione della chiesa Giovan Pietro da Cemmo inserisce elementi architettonici e medaglioni con volti di profilo che segnano una decisa adesione ai modelli della cultura antiquaria. Lo stesso vale per i frescanti attivi nel presbiterio di San Pietro a Tavernola, portatori di un linguaggio stilistico-architettonico ispirato a esempi milanesi e bramanteschi. Rientrano in pieno in questo gusto anche i portali in pietra simona realizzati dal milanese Damiano Benzoni, formatosi a Milano presso la bottega di Giovanni Antonio Amadeo, per le chiese di Santa Maria della Neve con profili entro medaglioni inseriti nella decorazione scultorea, e Santa Maria in Silvis a Pisogne e di Santa Maria in Valvendra a Lovere. I due portali pisognesi conservano anche rari esempi di scultura a tutto tondo in pietra bianca. Nei cantieri architettonici spesso gli elementi che attestano il maggior aggiornamento sono proprio i complementi scultorei: i cordoli delle finestre, i portali d’ingresso e i capitelli su cui poggiano le volte. In assenza di tracce documentarie è solo possibile ipotizzare la produzione locale con il supporto di maestranze lombarde. Il rinnovamento della devozione e la diffusione di confraternite sollecita la diffusione di cicli con storie di Cristo e della Vergine. Se nulla è possibile dire del perduto tramezzo dipinto nel convento dell’osservanza francescana a Lovere, sono conservati i cicli di Gandizzano, Pisogne, Solto Collina, Gargarino, Zone (Santi Ippolito e Cassiano) e Provaglio. Un ruolo non secondario è svolto dalle stampe, in particolare quelle raffiguranti la Passione, che sono spesso il veicolo preferito per la circolazione di i modelli iconografici e stilistici d’oltralpe: si vedano a tal proposito le citazioni da Martin Schongauer nel ciclo di Provaglio d’Iseo e da Albrecht Dürer in Santa Maria della Neve a Pisogne. A uno sguardo d’insieme, la situazione artistica appare eterogenea, caratterizzata dalla presenza di una serie di artisti, nella maggior parte dei casi ancora senza un nome certo, di formazione e provenienza diverse anche se con alcuni tratti stilistici comuni. Per la sponda bergamasca pare che la direttrice artistica cui guardare sia la Val Seriana anziché la Valle Camonica. Mentre Giacomo Borlone lavora nell’oratorio del Crocifisso di Solto Collina, uno sfaccettato catalogo di affreschi ancora di dubbia attribuzione è visibile a Parzanica (Santa Trinità), Gargarino (Santi Ippolito e Cassiano) e Zorzino (San Bernardino, affreschi strappati ora in parrocchiale). Sul lago trovano spazio il provagliese Domenico Toselli, operoso in case private e nella chiesa di San Pietro in Lamosa, e il gruppo di pittori – non locali – alle prese con una vasta campagna di affreschi inerenti le Storie di Cristo nella Disciplina di Santa Maria Maddalena a Provaglio. Ignoto è l’autore della Pietà con i santi Cosma e Damiano (ultimo quarto del XV secolo) in San Paolo a Sarnico. Affascinanti per la diversa estrazione sono i frescanti che per più di un secolo si alternano nella chiesa di San Pietro in Lamosa e le maestranze che hanno realizzato gli ex voto in Santa Maria del Mercato a Iseo. Un unicum risulta per ora sul territorio del lago la decorazione della cappella di San Pietro a Lovere (1493/94) che testimonia la presenza di un maestro altoatesino a riprova che il Sebino fu luogo di passaggio per varie maestranze. Questa varietà di orientamenti caratterizza ancora il primo quarto del XVI secolo. A cavallo dei secoli XV e XVI la bottega detta del Maestro dei Santi Ippolito e Cassiano (per il ciclo realizzato nell’omonima chiesa a Zone) propone sul Sebino (a Gandizzano, Marasino, Santa Eufemia di Nigoline) schemi piuttosto impacciati e attardati, ma che godono di un certo favore presso la committenza. Contemporaneamente, è documentata sul lago la presenza di artisti più aggiornati sulle novità elaborate nei principali centri lombardi. In Santa Maria in Valvendra a Lovere si susseguono gli interventi del bresciano Floriano Ferramola, (1514) e di Andrea da Manerbio (1535) nelle cappelle dell’Immacolata e di San Giuseppe. Capolavoro assoluto del Rinascimento sono le ante d’organo della chiesa dipinte da Ferramola e da Moretto, commissionate però nel 1515 per il Duomo Vecchio di Brescia e trasportate a Lovere solo nel XVIII secolo. Tra primo e secondo decennio approda sul lago il notevole autore della decorazione dell’oratorio di San Rocco a Peschiera, da alcuni identificato con lo stesso Romanino. Quest’ultimo interviene a Tavernola. Proprio il caso di Santa Maria della Neve a Pisogne, successiva tappa del pittore, consente di leggere le dinamiche del ‘rinnovamento’ culturale. La chiesa era stata decorata forse sul finire del secolo dai da Cemmo (restano, di questo intervento, alcune sinopie nel presbiterio e la decorazione della cappella esterna). Dopo neppure mezzo secolo, l’intera decorazione fu sacrificata a favore di un nuovo ciclo commissionato a Romanino. Sul fronte opposto si schiera l’ignoto frescante che nel 1539 realizza mediante un linguaggio assai attardato il ciclo della Passione della chiesa di Gandizzano ispirandosi ai nobili modelli romaniniani.   Federico Troletti
Il rinnovamento rinascimentale degli edifici religiosi sul lago di Iseo - Ph:visitlakeiseo.info

Da Cernusco Lombardone a Olgiate Molgora

Dal parcheggio della stazione di Cernusco Lombardone seguire la ciclopedonabile alla palina con segnavia n. 2 Butto sede del Parco del Curone. Sulla sinistra campeggiano i resti del Castello di Cernusco Lombardone. Fondato su una fortificazione romana, visse il suo splendore dal Mille fino al Cinquecento, quando venne convertito a cascina.Il percorso attraversa la provinciale arrivando al parcheggio in località Molinazzo, il cui toponimo è riferito al molino per la macinazione dei cereali. Seguire il segnavia n.1 per Cà Soldato. Il sentiero costeggia il torrente Curone, compiendo una curva attorno alle falde più basse della collina di Montevecchia. La denominazione del torrente Curone è prova della presenza etrusco-ligure in questo territorio. Curone deriverebbe, infatti, dal nome di una tribù, i Curuni, che stanziandosi avrebbero dato nome alla valle e al torrente. Seguire il segnavia n. 11 Butto. A destra della mulattiera una radura mantenuta a prato stabile, mentre a sinistra le coltivazioni sono quasi sempre a granoturco o altri cereali. Salendo si notano terrazzamenti coltivati a vite, alberi da frutta e ortaggi. Al bivio, prendere il sentiero che conduce al centro abitato. Tenere la sinistra per arrivare alla frazione Passone: una sequenza di numerosi terrazzamenti coltivati a ulivi, alberi da frutta e vite scandisce la verticalità del pendio.Prendere la gradinatura che sale verso l’uliveto. Da qui è possibile godere di un panorama che spazia dal Santuario a un paesaggio terrazzato. L’ esposizione a sud ha permesso la crescita dell’ulivo, della vite e della coltivazione del rosmarino, ancora oggi presente nelle ultime terrazze che salgono fino a Cascina Butto, sede del Parco di Montevecchia e Valle del Curone. Dal parcheggio sotto Cascina Butto, scendere lungo via Valfredda. La strada sterrata si snoda in un bosco di latifoglie, con la presenza di querce, nocciolo, sambuco e carpini bianchi. Poco prima del centro abitato di Cascina Gaidana, il bosco si apre offrendo un panorama sulla Valle del Curone, in particolar modo sul nucleo rurale di Bagaggera, risalente al Seicento. La località si trova all’inizio del corso superiore del torrente Curone, le cui colline circostanti furono un tempo estese opere di difesa. Il complesso è coronato da campi coltivati, oltre i quali si estendono boscaglie. Dopo circa 500 m si giunge a Cascina Valfredda, che deve nome alle caratteristiche climatiche della zona. Oggi è circondata da prati utilizzati per il pascolo e per lo sfalcio. Un tempo vi era una chiesa con un altare dedicato alla Vergine della Neve. La fontana in pietra adiacente al lavatoio, su cui sono ancora visibili antiche incisioni, è un esempio di riutilizzo di un importante manufatto in epoche successive.Seguire le indicazioni superando lo stagno per Cà Soldato. La cascina è adibita a centro Parco e dispone di un museo dedicato agli ambienti e alla fauna che caratterizzano il Parco, oltre agli attrezzi agricoli e della vita contadina utilizzati.L’origine del nome della cascina, abitata fino al 1987, riporta alla memoria antiche battaglie e la fortificazione romana a salvaguardia di una fornace. Da qui prendere la sterrata che scende e si inoltra nel bosco, come indica il segnavia n. 11 Cipressi – Galbusera Bianca. Attraversare il torrente Curone e giunti all’incrocio proseguire a sinistra.Si cammina lungo la strada immersi tra grandi prati, mantenuti per la produzione di foraggio da sfalcio.Dopo circa 400 m si arriva a Cascina Malnido. In tempi remoti, tale località fu il centro di una fornace per la produzione di laterizi. Lo sfruttamento estrattivo ha lasciato ancora tracce visibili della fornace che, preesistente alla conquista romana, si trasformò poi in un complesso, forse il più grande dell’Italia transpadana per la produzione di embrici e materiale da costruzione. Prendendo la carrareccia con segnavia n. 1 Pianello che risale la valle, si giunge ai ruderi di Cascina Ospedaletto, il cui nome evoca il ruolo svolto dal fabbricato durante la peste seicentesca, dove venivano ricoverati gli infermi. Secondo alcuni l’edificio potrebbe anche aver svolto funzione di accoglienza per i pellegrini di passaggio. Seguendo il segnavia n.2, il sentiero si inoltra nella vegetazione boschiva salendo per la collina fino a Cascina Scarpada, caratterizzata da una loggia chiusa. Insieme a Cascina Costa sorge in posizione panoramica sulla Valle del Curone. Oggi ospitano un’azienda vitivinicola e sono sede di un agriturismo.Attorno alle due cascine, i terrazzamenti sono coltivati a vigneto. Il percorso continua a mezzacosta con saliscendi, tra vigneti, campi adibiti al pascolo e prati. L’ anfiteatro che da Cascina Scarpada si estende fino a Galbusera Bianca costituisce l’habitat dei prati magri. I prati e i terrazzamenti sono ricchi di specie vegetali termofile. Fra le molte specie che compaiono in questi ambienti spiccano diverse orchidee. La ricchezza floristica ha significato faunistico, soprattutto per gli Insetti. La conservazione di questi ambienti è dipendente dalle modalità di gestione.La cessazione dell'attività agricola riavvia la trasformazione verso il bosco, con la scomparsa di specie di importanza naturalistica la cui presenza è legata allo sfalcio. La Galbusera Nera è costituita da due edifici orientati ad est-ovest. I muri ospitano affreschi ottocenteschi raffiguranti una Madonna e il beato Giobbe. La devozione popolare per San Giobbe è legata alla tradizione religiosa della Brianza e in particolare alla bachicoltura. Attorno alla cascina i terrazzamenti sono coltivati a vigneto. Più avanti, collegata a mezzacosta sul pendio, sorge Galbusera Bianca. Il complesso rurale è composto da una casa padronale, tre cascine, una stalla e una chiesetta: insieme formano un borgo noto nel Trecento con il nome di Valbissera.La presenza di un edificio di culto dedicato a San Francesco conferma che in passato era un nucleo insediativo. La spiegazione più plausibile sulla divisione delle due cascine tra bianca e nera si rifà al colore delle uve che vi venivano coltivate.Da qui prendere la mulattiera che sale dopo la Chiesa di San Francesco (segnavia n.11 Cipressi – Pianello) e, arrivati di fronte alla scalinata, salire tra i filari di cipressi, architetture vegetali che caratterizzano il paesaggio della Valle del Curone. La loro originaria funzione era quella di individuare i confini di alcuni possedimenti terrieri dell'area lungo il crinale ed i pendii delle colline. Dai Cipressi, percorrere la mulattiera per una decina di metri e scendere nel centro abitato della frazione di Monte. A fianco del cimitero prendere la mulattiera che si inoltra nel bosco verso la frazione Sara.All’orizzonte si trova il cordone morenico dove sorge la frazione di Alduno; dietro si staglia il versante sud del Monte di Brianza, che con la sua dorsale verde crea una importante connessione ecologica tra il Parco e il Parco Regionale del Monte Barro. All’incrocio il percorso prosegue fino a uno degli affluenti del torrente Molgora. Svoltando a sinistra si costeggia il torrente in una piana che in tempi primordiali fu un lago creato dalle acque di fusione del ghiacciaio che da Occidente scendeva da Valmadrera e da Oriente scendeva con la colata di ghiaccio della Valle dell’Adda. Attraversato il ponte di legno, il percorso si avvicina al centro abitato della Valletta Brianza e incrocia la strada provinciale Como-Bergamo. Dirigersi verso il centro del paese, svoltare in via Traversa della Pesa e salire verso la Chiesa Parrocchiale percorrendo via Giovanni XXIII. Il panorama si affaccia su una piana che da Santa Maria Hoè arriva fino a Castello di Brianza, parte della Valle di Rovagnate. Su alcuni terrazzamenti, orti si alternano a alberi da frutta e vigne, coltivazioni tradizionali che ancora testimoniano l’economia agricola a livello famigliare tipica dell’Alta Brianza. La piana è invece coltivata a cereali, dove è praticata un’agricoltura intensiva. Alla rotonda salire la sterrata Via Roccolo (segnavia n.27, Roccolo/Tremonte) tra filari di conifere e terrazzamenti coltivati a vite. Giunti sul crinale il panorama mostra la Valle di Rovagnate tra i versanti del Monte di Brianza e i rilievi del Parco con il paese di Perego arroccato sulla collina. Il percorso prosegue poi nel bosco scendendo fino al centro abitato. All’incrocio svoltare lungo via Trento e proseguire fino alla località Tremonte. Questa frazione risale all’epoca dei romani che per primi si stabilirono in questa zona, fu importante per i traffici commerciali nella Valle di Rovagnate e nel Monte di Brianza. Proseguendo lungo la via del Ponte si arriva alla chiesa di Santa Veronica, situata all'interno di quello che un tempo era probabilmente una rocca dei Capitani di Hoè. Al suo interno è presente un affresco che rappresenta Veronica recante il santo telo con il Volto di Cristo, databile attorno al 1280. Dalla chiesa, una mulattiera sale verso il centro abitato di Tremonte. Si scorgono le rovine di una torre di avvistamento, risalente al X-XI secolo. In passato il complesso architettonico era imponente ed aveva un’importante funzione per il controllo del traffico stradale, che nell’antichità passava nella Valle di Rovagnate.La mulattiera prosegue tra terrazzamenti abbandonati e inselvatichiti alternati a terrazzamenti ben tenuti a ortaggi e frutta antica, fino a giungere al suggestivo ponte del Bordea.Attraversare il ponte, sospeso sopra il torrente Molgora e seguire le indicazioni della palina con segnavia n.25 Mirabella/Paù.La mulattiera si snoda nel bosco in mezzo a notevoli muri a secco, recentemente recuperati, e ad un certo punto un lavatoio in arenaria preannuncia l’arrivo alla località Mirabella.Dalla cascina Mirabella proseguire l’itinerario salendo la strada a tornanti che arriva all’abitato di Paù. Un uliveto occupa la maggior parte dei terrazzamenti che salgono fino al borgo, tra ronchi ancora coltivati a ortaggi e alberi da frutta antica e terrazzamenti pressoché abbandonati e inselvatichiti.Sul limitare della strada si trova il primo edificio, un oratorio di campagna dedicato a San Bernardo. Attraversare il centro abitato percorrendo via Piave e proseguire per la mulattiera che offre un punto panoramico sulla bergamasca, i rilievi di Montevecchia e la dorsale degli Appennini.La mulattiera scende in un bosco di castagni e querce fino alla valle dove scorre il torrente Alto Molgora, uno dei principali affluenti del Molgora. Proseguire per il borgo di Mondonico, attraversare il torrente e mantenersi sulla via Emilio Gola, lungo la quale sono allestiti una serie di pannelli recanti le opere del pittore.In passato Mondonico rappresentò un richiamo artistico per pittori come Emilio Gola, Aldo Carpi e Ennio Morlotti. Il borgo, oggi nel comune di Olgiate Molgora, ha la sua origine intorno all’anno mille, con la costruzione di un castello di proprietà della nobile famiglia Vimercati, di origine longobarda. In località la Squadra, la villa patrizia Villa Maria (risalente al quindicesimo secolo) fu l’abitazione della famiglia dei Bonfanti, poi feudatari Erba, dei nobili Rho e infine dei marchesi Secco d’Aragona.Più avanti si trova la chiesa di San Biagio, al cui interno si possono ammirare gli affreschi dell’abside e risalenti alla seconda metà del Cinquecento. L’itinerario prosegue a fianco delle mura di Villa Maria, per percorrere via Mondonico fino ad arrivare ad un bivio, dove a sinistra si incontra prima Villa Gola e poi Villa Sommi Piccenardi, un complesso architettonico risalente al 1700. Da Villa Sommi Picenardi proseguire lungo la via Sommi Picenardi fino a giungere alla stazione di Olgiate Molgora.
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