Ho trovato 40 risultati per val di scalve

Il nucleo storico di Castro

Il porto di Castro fu fondato probabilmente nella prima metà del secolo XI come approdo di giurisdizione bergamasca nell’area nord del lago, in contrapposizione a Lovere di pertinenza bresciana. Il porto gestiva, in regime di esenzione fiscale, il commercio dei generi di prima necessità destinati alle cosiddette Valli esenti (alta Val Seriana e Val di Scalve) dove il vescovo di Bergamo aveva acquisito nel 1026 nuovi territori, ricchi di materie prime, ma non autosufficienti per i fabbisogni alimentari. Per condurre le merci fuori dal porto senza passare attraverso il territorio loverese fu costruita lungo la forra del Tinazzo una nuova strada, l’attuale via Corna, che superava luoghi impervi con tratti scavati a nicchia nella dura roccia o sostenuti da alti muri. In un periodo di generali violenze, il porto fu presidiato militarmente. L’immediata opera di difesa era costituita da un Castrum, ossia da un recinto murario fortificato al cui interno erano poste una torre e le case. Il nucleo originario del Castrum è quello oggi delimitato dal perimetro di via Matteotti, via papa Giovanni (ex vicolo della torre), via IV Novembre, vicolo scaletta, dove si possono osservare affiorare nelle facciate delle case tracce murarie del XII-XIII secolo. Le mura del Castrum verso il porto si impostavano sull’attuale muro a valle di via Matteotti, oltre il quale si espanse il paese dalla fine del Trecento. In posizione più alta e meglio difendibile, sul colle di San Lorenzo, fu invece posta la Rocca, rapidamente raggiungibile dalla strada della Corna attraverso un impervio sentiero a gradoni scavato nella roccia. Per evitare l’aggiramento del Castrum, nel punto più stretto della strada, tra le rupi e la forra, fu collocata una porta a saracinesca le cui guide sono ancora ben visibili nella roccia. Nella seconda metà del XIII secolo il comune di Bergamo, subentrato al vescovo nella giurisdizione civile, affidò i diritti commerciali sul paese a una famiglia di cittadini legati al partito guelfo, che per la loro origine forestiera furono detti Foresti de Castre, destinati a diventare una delle più potenti famiglie del Sebino. Nel corso del ‘200 con l’integrazione di Lovere nella giurisdizione bergamasca, decadde l’importanza del porto di Castro e gli statuti trecenteschi di Bergamo attestano la progressiva erosione dell’antico monopolio commerciale a favore di Lovere, con inevitabili scontri tra i due paesi. Castro, allineata su posizioni guelfe come le valli di cui era il porto, dovette subire nel maggio 1380 una sanguinosa scorreria culminata con l’incendio del paese. Seguirono le lotte tra i Visconti e Pandolfo Malatesta, che nel 1410 favorì particolarmente i suoi alleati castrensi concedendo loro protezione militare ed esenzioni fiscali. Venezia rinnovò nel 1437 le esenzioni per la ricostruzione della torre distrutta su ordine dei Visconti. Tra XIV e XV secolo si svilupparono le attività manifatturiere legate alla derivazione dell’acqua dal fiume Tinazzo, che nella piana irrigua tra il paese e l’estuario alimentava mulini, folli da lana e fucine. Una fonderia per l’argento è menzionata nel 1229 mentre la fucina che costituì il nucleo del futuro sviluppo industriale del paese appare in documenti del 1364. Nel 1453 vi si fondevano le campane e nel 1766 la famiglia Capoferri vi produceva cannoni destinati all’arsenale di Venezia. La fucina fu danneggiata da un’esondazione del fiume nel 1784, episodio non isolato per Castro che subì varie alluvioni, tra cui una disastrosa attorno al 1535. Fino al 1742 Castro non fu comune autonomo, ma contrada del “Comun da Solto, Ripa de Solto et Unione” già citato negli statuti di Bergamo del 1331 e comprendente gli attuali comuni di Solto Collina, Riva di Solto, Fonteno, Pianico e Castro, oltre al territorio di Piangaiano ora nel comune di Endine. Il successivo sviluppo industriale tra Otto e Novecento vedeva Castro e Lovere congiunte in un polo sovracomunale destinato a una grande espansione dopo la deviazione del fiume Tinazzo, avvenuta nel 1918.   Attilio Gualeni
Nucleo storico Castro - ph: visitlakeiseo

Miniera Gaffione (BG) e dintorni di Schilpario

L’itinerario proposto comincia con l'escursione nella miniera Gaffione, si entra nella miniera a bordo di un trenino. Qui inizia la prima parte della visita.   Dopodiché, si continua a piedi con guide esperte che raccontano la storia di 2000 anni della miniera, i metodi di estrazione del minerale e le cattive condizioni dei minatori. Centinaia di anni di storia offrono un'atmosfera unica. Entrare in una miniera significa risalire a un luogo della memoria collettiva; infatti, solo attraverso l'esperienza di stare in miniera per qualche ora si può veramente intuire il duro lavoro dei minatori.  Si continua con la visita  al Mining Lighting Museum, che è il primo Museo dell'illuminazione mineraria in Europa, che copre un'area di oltre 250 metri quadrati.Nel vasto spazio di questo museo è inserita una collezione, che comprende più di 2000 lampade da minatore, oltre a carrelli d'epoca, caschi, telefoni di vario genere, e vari oggetti inerenti al lavoro dei minatori.Qui possono essere organizzati anche seminari didattici sulla geologia locale, sulla lavorazione e fusione dei metalli e sulla storia dell'illuminazione mineraria per le scolaresche. Nel museo si possono ammirare lucerne, lampade a carburo cementato, lampade a benzina e lampade elettriche. Per chi invece preferisce la natura a circa 12 Km dalla miniera di Gaffione si trova La riserva naturale dei Boschi del Giovetto di Paline. Oltre a grandi opportunità per apprezzare la natura, qui si possono trovare anche alcuni prodotti tradizionali che sono sopravvissuti nei secoli grazie al legno fornito dalla foresta di abeti circostante. Superato il ponte sul torrente all'ingresso della riserva, sulla destra si trova un sentiero che conduce ad un’antica Calchera ben restaurata e conservata.La Calchera è un forno che produce una quantità limitata di calce. Fin dall'antichità la calce è stata utilizzata principalmente in edilizia, come collante per strutture murarie, utilizzata per intonacare e stuccare le pareti, a cui si attribuisce anche il suo effetto battericida.Tornando indietro se si prosegue lungo la strada principale, poco più a sinistra si incontra un’aia carbonile, un tempo utilizzata per la produzione di carbone. In meno di un'ora a piedi si raggiunge Giuadel, dove ci si può fermare per un picnic. A due passi da Schilpario si trova la Cascata del Vo un salto di 25 metri incassato nella parete della montagna che durante i mesi estivi il fragore ed il vapore dell’acqua possono garantire un bel refrigerio, ma durante i mesi invernali ghiacciando diventa tappa apprezzata per gli appassionati di fotografia. Vale sicuramente la pena una visita del centro storico di Schilpario con la chiesa parrocchiale dedicata a Sant’Antonio ed alcuni edifici signorili del XVII e XVII secolo.Il Museo Etnografico, è stato istituito proprio per preservare e rivalutare la storia, le tradizioni e la cultura delle genti di tutta la Val di Scalve. Grazie all’apporto di documenti, fotografie ed oggetti legati alla vita rurale, si possono ricostruire la vita ed i lavori degli abitanti nei secoli scorsi. Inoltre, è presente una ruota di mulino azionata dalle correnti del torrente Dezzo. Queste azionano un torchio ed una macina per la lavorazione del frumento, così come avveniva nei secoli scorsi. Un’altra meta da scoprire è il Castello di Lozio, essendo a circa 40 km di distanza necessario quindi un passaggio in macchina.Il castello dei Nobili di Lozio, sorge a circa 1200 m di quota, sopra la frazione di Villa e si è ben prestato ad accogliere una fortificazione, è stato teatro dell'eccidio di Nobili di Lozio, per mano di Federici de Mu, di parte ghibellina e secondo la leggenda questo castello comunicava con il paese per mezzo di un sotterraneo. Passeggiando per Schilpario, sono tanti gli scenari mozzafiato che ci offre la natura, valorizzati da una serie di itinerari adatti ad ogni esigenza: dalla semplice passeggiata per le famiglie, ad escursioni più impegnative per utenti esperti, c’è solo l’imbarazzo della scelta. 

Dal Rifugio Curò al Rifugio Tagliaferri

A metà strada esatta tra il Rifugio Curò e il Passo del Vivione; il Rifugio Tagliaferri si presenta come tappa intermedia ideale dell’itinerario naturalistico Antonio Curò.   La zona è tutelata dalla Riserva Faunistico-Venatoria Valbelviso-Barbellino, si presenta molto interessante per la varietà di animali, piante e per i numerosi laghetti sparsi sui pendii delle montagne circostanti. L'itinerario parte in quota dal Rifugio Curò (v. apposito itinerario per raggiungerlo) e costeggia il Lago Barbellino per pochi minuti fino ad incontrare sulla destra il torrente che scende dalla Val Cerviera (ponte in legno). Da qui si risale costeggiando le cascate e si percorre poi un tratto di valle che conduce ad un altro tratto più ripido che permette di superare un salto di roccia allietato da una cascata. Ora ci si trova in un ampio pianoro (2234 m - deviazione sulla destra per i laghi della Val Cerviera).Si affronta invece sulla sinistra (est) un altro tratto ripido e, di seguito, si prosegue fino allo spartiacque con la Val Bondione. Si attraversa la testata di questa (incrocio con sentiero 322 che sale da Lizzola) fino al Passo Bondione (2633 m) e si scende un poco nell'alta Valle del Gleno.Si risale fino al Passo di Belviso (2518 m) incontrando il sentiero 410 che proviene da Bueggio e, scendendo prima sul versante valtellinese e poi tornando su quello scalvino, si incrocia il sentiero 413 e in pochi minuti si è al Rifugio Tagliaferri (2328 m).
Dal Rifugio Curò al Rifugio Tagliaferri

Attorno al monte Toazzo

La partenza avviene da Lizzola (1.258 m), in alta Val Bondione, ramo laterale della Val Seriana (BG). Dal retro della chiesa parrocchiale si stacca in salita una breve stradetta (CAI 306); fatte poche decine di metri si prende il sentiero che sale verso il vecchio skilift e raggiunge il bosco che sovrasta il paese. Qui una segnaletica ci indirizza nella pineta che porta sulle prime pietraie e sulle grandi finestre che si affacciano sul Redorta e sul Coca. Dopo un bel tratto si lascia il bosco per godere di grandi vedute sulla Valmorta, sulla cascata del Serio e sul Pizzo Cappuccello (1.700 m circa, 1 h 30’ dalla partenza); si continua avvicinandosi alla testata della valle.Dopo 2h 15’ si giunge a quota 1.700 metri dove si incrocia il sentiero CAI 304 che collega il rifugio Curò al Passo Manina - rifugio Albani. Si piega a destra e si arriva al Colle delle Miniere (1.920 m, 1 h 30’ dalla partenza). Il panorama merita una sosta. Dal crinale si discendono, con numerosi tornanti, i pascoli di Passevra, con la baita omonima.Stando alti sopra la baita sulla nostra destra, perdiamo quota fino a raggiungere il torrente Bondione (1.580 m, 30’ dal Colle delle Miniere), dopo aver attraversato un torrentello formante una piccola pozza d’acqua limpida (Marmitta dei Giganti). Su un ponticello si attraversa il torrente Bondione, portandosi sul versante opposto della valle. Qui, vi è il sentiero che risale la valle di Bondione fino al Passo di Bondione.Continuando lungo il segnavia 304, si risalgono, invece, verso destra (SO), i pendii del Monte Crostaro e del Monte Sasna sino alla Baita del Crostaro (1.701 m, 30’ dal fondovalle). Superata la baita si risalgono i pendii sovrastando i pascoli e la Baita bassa di Fles. Superando alcuni imbocchi di miniera, poco sotto il sentiero, si raggiunge il crinale del Passo della Manina (1.799 m, 40’ dalla Baita del Crostaro) e la chiesetta posta su un dosso erboso poco oltre. Si torna indietro per un centinaio di metri dove, su un masso, troviamo l’indicazione per la ripida discesa CAI 307. In un’oretta si è finalmente a Lizzola.
Attorno al monte Toazzo