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Casteggio

Per posizione e caratteristiche ambientali, Casteggio offre molti panorami suggestivi, come quello dalla Certosa Cantù, splendida residenza settecentesca che ora ospita le collezioni del Civico Museo Archeologico e la Biblioteca Civica, dotata di spazio multimediale. Un altro splendido panorama si gode della piccola frazione Mairano, dove sorge l’ottocentesca Villa Marina, nella quale soggiornò anche Giuseppe Mazzini. Fra i rigogliosi vigneti, in una giornata tersa, si intravedono la cupola del Duomo di Pavia e le Alpi. Nel 218 a.C. Annibale raggiunse la Pianura Padana, dopo aver sconfitto i romani presso il Ticino e, corrompendo il comandante del presidio romano di Casteggio, Dasio Brindisino, si fece consegnare tutte le vettovaglie che i Romani vi avevano depositato. Con la temporanea sconfitta dei Romani, Casteggio tornò indipendente, ma nel 197 a.C. il console Quinto Minucio Rufo impose la resa a numerosi oppida liguri, tra cui Casteggio e, per punire una ribellione, diede l'abitato alle fiamme. La storia riporta che, prima di varcare le mura dell'antica Clastidium, Annibale fece abbeverare i suoi elefanti ad un'antichissima fonte di acqua dolce, tuttora esistente e recentemente restaurata (2012). La famosissima battaglia di Clastidium (l'attuale Casteggio) descritta dallo storico Polibio e da Plutarco, ebbe luogo nel 222 a.C. e rappresentò lo scontro decisivo con cui i Romani si aprirono definitivamente la strada verso Milano dopo aver contrastato per tre anni le pericolosissime offensive dei Galli Insubri. Per attenuare la situazione della popolazione di Acerrae (nel Cremonese) assediata dai Romani, gli Insubri avevano tentato una diversione su Clastidium, ma furono impetuosamente attaccati dalla cavalleria romana e andarono incontro alla morte. Il console Marco Claudio Marcello, riconosciuto il re nemico Viridomaro dalle ricche vesti, Io uccise personalmente in singolar tenzone e per questa ragione ricevette (terzo e ultimo nell’intera storia romana) la spolia opima, il maggior riconoscimento per un generale romano. Sulle colline appena sopra Casteggio, a Mairano, ha sede la Fondazione “Bussolera Branca”. Scopo primario della Fondazione è promuovere lo sviluppo e la diffusione della ricerca, della scienza, della tecnologia e della formazione professionale nell’enologia e nelle altre specialità dell’agricoltura e dell’industria di trasformazione dei prodotti agricoli, con particolare attenzione alle produzioni tipiche dell’Oltrepò Pavese; è di altrettanta rilevanza la costante attenzione alla valorizzazione dell’Oltrepò in tutti i suoi aspetti economici, sociali e culturali, che si esprime con impegno attivo in progetti di vario genere, finanziamenti di convegni, seminari, pubblicazioni e attività diverse. Edificata per volere del Collegio Borromeo di Pavia e destinata a convitto estivo, sulle alture sopra Casteggio incontriamo l'Antica Tenuta Pegazzera.  Villa Pegazzera, situata nel cuore dell’ Oltrepò Pavese risale nelle sue forme originarie al primo Settecento e il collegio pavese ne mantenne la proprietà fino al 1967. Questa bella abitazione signorile conserva intatta la propria eleganza, grazie ai restauri dei nuovi proprietari e agli alberi secolari nell'ampio parco. Sul giardino si apre inoltre la cappella dedicata a San Carlo Borromeo.  
Casteggio

Brallo di Pregola

Brallo di Pregola sorge nel cuore dell’Appennino.  Al confine con le province di Piacenza, Genova, Alessandria e proprio per questo motivo la zona viene definita “delle quattro province”, luogo di incontro di tradizioni, culture e dialetti differenti. Posta in posizione panoramica al disopra del paese, dell’antica cappella di Sant’Agata rimane soltanto il tracciato del perimetro. Questa dipendenza del monastero di San Colombano di Bobbio è documentata con sicurezza soltanto dal IX secolo, ma i reperti archeologici qui rinvenuti indicano una storia ancor più antica, che risale almeno al VII, all’epoca di San Colombano e dei Re longobardi. Da vedere Nei dintorni a Pregola il Castello e la Chiesa dei Santi Agata e Rocco, a Somegli la chiesa dalle forme architettoniche romanico lombarde del XIII secolo. Molto caratteristiche le casette in pietra di Colleri e Corbesassi. Suggestive sono le passeggiate che portano a Cima Colletta (m. 1493) e al Monte Lesima (m. 1724). Con diramazioni dai sentieri principali si può arrivare al monte Chiappo (m. 1699), al monte Ebro (m. 1701), al Boglelio (m. 1490), al Carmo (m. 1547), al Giarolo (m. 1473), al monte Penna (m. 1735), al monte Bue (m. 1780) e al monte Maggiorasca (m. 1810).
Pregola

Castello d'Agogna

A Castello d’Agogna sorge l’antico Castello di origine medievale. Nella sua lunga storia ha visto numerosi possessori,dall’abbazia di Santa Croce di Mortara a stirpi nobiliari di ricchi proprietari terrieri fino alle truppe tedesche che lo occuparono per breve tempo nel dicembre 1944. Il Castello è ora sede di eventi e manifestazioni culturali.

Gambolò

Nel 1481, il trecentesco Castello, già appartenuto ai Beccaria, passò sotto il controllo di Ludovico il Moro, che vi risiedette con una certa continuità. All’edificio si accede attraverso il portale rimaneggiato in epoca barocca nel quale si riconoscono ancora le feritoie dei bolzoni dell’antico ponte levatoio. Oggi, all’interno del Castello è situato il Museo Archeologico, che raccoglie oltre 1200 reperti della civiltà lomellina dalla preistoria, all’epoca celtica e all’età romana, illustrati da numerosi pannelli esplicativi.
Castello di Gambolò

Frascarolo

Frascarolo sorge in prossimità del territorio piemontese, in posizione storicamente strategica. Nel Trecento fu edificato il Castello visconteo, da allora al centro di aspre contese territoriali.In seguito distrutto dal capitano di ventura Facino Cane che mirava alla conquista dei possedimenti viscontei, fu ricostruito all’inizio del Cinquecento dagli Sforza. Nel 1882 su commissione della famiglia Vochieri fu completamente restaurato dall’architetto Vandone, il quale conferì al Castello i tratti signorili di un’elegante e sontuosa residenza aristocratica.Il Castello ospita il Museo del Contadino.
Castello di Frascarolo

Mede

Mede, situato in posizione mediana (da cui forse il toponimo Mede) tra il Sesia e l’Agogna, nel centro storico sono tuttora visibili tratti delle mura del Castello Sangiuliani (XIV-XV secolo), con un’elegante loggetta d’epoca successiva e una torre merlata. Presso il Castello Sangiuliani è allestito il Museo Regina Cassolo Bracchi che raccoglie oltre 500 opere tra disegni, tempere, collages e sculture. Sempre nel Castello troviamo le collezioni Ugo Fantelli, costituite da una sezione-etnografica e una sezione naturalistica. Per le scuole è stato allestito un laboratorio didattico. Sul limitare della frazione di Tortorolo sorge il signorile castello che ha conservato il suo originario impanto quadrangolare trecentesco.
Mede

Rovescala

Il paese di Rovescala sorge in posione collinare nella piccola valle del torrente Bardonezza, al confine con la provincia di Piacenza e lo si può raggiungere percorrendo una strada immersa nei vigneti dell'Oltrepò Pavese. Le origini di questa località sono antiche e si fondono con la storia dei Longobardi: in frazione Luzzano, nel 1961 sono state ritrovate le tombe longobarde di quattro uomini vissuti nel VII secolo, sepolti con le loro armi: scramsax (una sorta di lungo coltello), spade, scudi e punte di lancia. Tutte le domeniche di Marzo a Rovescala si festeggia la Primavera dei vini & la Festa del Bonarda, occasione imperdibile per degustare le migliori etichette della zona, accompagnate da golosità e specialità del territorio. - Photo: Pro Loco Rovescala  
Rovescala

Torrazza Coste

Una torre con fortilizio costruita nell'XI secolo fonda la località di Torrazza Coste. Il visitatore è accolto dall’antica torre e dalle vestigia del Castello di Castagnolo con le sue suggestive leggende e la bellissima Chiesa barocca di San Carlo Borromeo. Si racconta che la bella castellana venne gettata nel pozzo del castello e che da allora, di notte, il vento soffia portando le sue grida per queste valli ricche di vegetazione e ricoperte dagli ordinati filari di pregiati vigneti. ORRIDI DI SANT’ANTONINO (o del Monte Marcellino) Una depressione carsica dove una volta c’era il mare Gli orridi, originati probabilmente da un disboscamento, hanno successivamente subito l’azione erosiva delle acque che ha inciso profondamente le rocce, provocando spettacolari canyons. Le pareti bianche di calcare e marne argillose scendono verticalmente originando anfratti dove si possono trovare rocce interessanti, minerali e addirittura fossili marini. Nella foto di copertina gli Orridi di Sant’Antonino
Orridi di Torrazza Coste

San Damiano al Colle

Questo piccolo paese costituito da numerose frazioni sparse sulle colline è uno dei luoghi ideali per perdersi tra le belle strade costeggiate dalle vigne. Ai confini con la provincia di Piacenza, sorge su un poggio dominato dal castello tardo medievaòe (XIV-XV Sec.) sviluppatosi su di una precedente fortificazione di poco successiva all'anno mille. Come “Sanctus Damianus” è inserito nel comparto delle strade degli “Statuta stratarum” del 1452 come appartenente all’Ultra Padum (Statuta stratarum). Fino al 1677 appartenne alla signoria feudale del vescovo di Tortona come parte del feudo di Portalbera; successivamente smembrato fu ceduto per la somma di lire 60 a “fuoco”, al conte Galeazzo Mandelli di Pavia. Nella compartimentazione del 15 settembre 1775 San Damiano si trova inserito nel distretto di Voghera nel manifesto senatorio del 29 agosto 1789 che stabilisce il riparto in tre cantoni della provincia di Voghera, San Damiano, viene inserito nel terzo cantone di Broni. Il prefetto del dipartimento di Marengo, in base alla legge del 28 piovoso anno VIII (febbraio 1800), nomina i maires e gli aggiunti della municipalità di San Damiano e Mondonico con decreto del 23 fruttidoro anno IX (settembre 1801). San Damiano viene inserito nel dipartimento di Marengo e nel circondario di Voghera. In base al regio editto del 7 ottobre 1814 per il nuovo stabilimento delle province dipendenti dal senato di Piemonte e della loro distribuzione in mandamenti di giudicature, San Damiano veniva provvisoriamente inserito nel mandamento di Montù Beccaria appartenente alla provincia di Voghera. Nel 1859 San Damiano entra a far parte della provincia di Pavia, e viene inserito nel IX mandamento di Montù Beccaria del circondario di Voghera. Sino al 1863 il comune mantenne la denominazione di San Damiano e successivamente a tale data il comune assunse la denominazione di San Damiano al Colle. Nel 1878 al comune di San Damiano al Colle vennero aggregate le frazioni di Boffalora, Marone e Poggio, staccate dal comune di Rovescala. - Fonte portale www.visitoltrepo.com
San Damiano al Colle

Alla scoperta della forra

Partendo da Pieve scenderemo lungo il vecchio e scosceso sentiero del Porto, in passato unico collegamento con il Lago, affiancando pareti rocciose dalla vegetazione mediterranea per giungere alla “Strada della Forra”. Immaginata dal noto Professor Arturo Cozzaglio è un’opera incredibile soprattutto per l’epoca in cui fu realizzata. L’imponenza della natura, unita all’ingegno umano, si manifesterà nella Forra scavata dal torrente Brasa da cui risaliremo per tornare a Pieve dove ammirare di nuovo il Lago dalle sue terrazze. L’escursione è arricchita da un piccolo ristoro, nel punto più suggestivo del percorso, presso il Ristorante La Forra. Partenza: ore 9:45 – iNFOPOINT Pieve, Piazza Guglielmo MarconiDurata: Circa 5 oreLivello Difficoltà: Escursionistico, intermedioEtà minima: 10 anniPartecipanti: massimo 15 persone Partendo da Pieve scenderemo lungo il vecchio e scosceso sentiero del Porto, in passato unico collegamento con il Lago, affiancando pareti rocciose dalla vegetazione mediterranea per giungere alla “Strada della Forra”. Immaginata dal noto Professor Arturo Cozzaglio è un’opera incredibile soprattutto per l’epoca in cui fu realizzata. L’imponenza della natura, unita all’ingegno umano, si manifesterà nella Forra scavata dal torrente Brasa da cui risaliremo per tornare a Pieve dove ammirare di nuovo il Lago dalle sue terrazze. L’escursione è arricchita da un piccolo ristoro, nel punto più suggestivo del percorso, presso il Ristorante La Forra. Con Tremosine Welcome Card l’esperienza è gratuita. ATTENZIONE: I percorsi sono indicati per persone con una discreta esperienza escursionistica in ambienti naturali, in buone condizioni psico-fisiche, senza problemi cardiaci, alta pressione, epilessia o altre malattie o disfunzioni che possano pregiudicare o mettere in pericolo l’iscritto o il gruppo durante l’esperienza.  Il percorso presenta un primo tratto ripido con alcune esposizioni, non adatto a chi soffre di vertigini. GUIDA: Le esperienze prevedono l’accompagnamento da parte di una guida abilitata. La guida parla italiano e inglese. EQUIPAGGIAMENTO: Consigliate scarpe da trekking con suola scolpita, abbigliamento sportivo adeguato all’esperienza (giacca antipioggia, berretto, occhiali sa sole, zainetto), adeguata scorta d’acqua/alimenti in base alle proprie esigenze. A tutti i partecipanti verrà omaggiata una bottiglia di acqua naturale offerta da TAVINA. COSTO: La quota prevista per la partecipazione all’evento è pari ad € 5,00 Adulto / € 3,00 Ragazzi 6-12 anni. In caso di previsioni meteo avverse la guida può decidere variazioni all’itinerario o l’annullamento della data. In caso di annullamento Pro Loco Tremosine si occuperà di avvisare e rimborsare gli iscritti entro le ore 19.00 del giorno precedente l’esperienza.

I nuclei storici di Costa Volpino

Costa Volpino è costituita dai territori di Volpino a est della valle di Supine e della Costa (l’antica “Costa di Lovere”) a ovest: quest’ultima si articola nei nuclei abitati di Piano, Corti, Branico, Qualino, Flaccanico e Ceratello. Alcuni rinvenimenti sporadici in località montane testimoniano una frequentazione già dall’età del Rame o del Bronzo. Reperti furono ritrovati, in più riprese, in località Dos del Ranzinel verso Lovere. Si trattava di resti forse pertinenti a un abitato simile a quelli esistenti a Lovere sul Dos del Castello e sul Dos Pitigla. Ceratello, a oltre 800 m di quota, in posizione panoramica, è il nucleo più alto della Costa. Sorto in corrispondenza di alcune sorgenti, trae il nome da un piccolo bosco di cerri, un albero simile alla quercia. In località Vièr sono state scoperte tombe in lastre di pietra. Secondo tradizioni locali, dove sorge la chiesa di San Giorgio vi era un castello. Dopo un periodo in cui Ceratello fu servita dal cappellano di Flaccanico fu eretta nel 1738 la parrocchia di San Giorgio smembrandola da quella di Qualino. A quota poco più bassa (630m) sorge il piccolo villaggio di Flaccanico, nei suoi pressi si trovano rocce con coppelle, indizio di una frequentazione molto antica; seguì lungo il corso dei secoli le vicende di Qualino da cui dipendeva sia civilmente sia come parrocchia. La chiesa di San Matteo dal 1571 era la sede di un cappellano che serviva la popolazione di Flaccanico e di Ceratello. Qualino era in passato la più rilevante delle contrade della Costa; il toponimo deriva probabilmente da “Aqualinus”, luogo ricco d’acqua, Nel 1880 furono rinvenute, presso le rovine del castello, tombe romane, con corredi, e medioevali, in casse rettangolari formate da lastre litiche. Tra il 1972 e il 1974 durante alcuni lavori edili si rinvennero 8/9 tombe indicate genericamente come di epoca medievale. Il nucleo storico, che si presenta compatto, si sviluppò accanto al colle su cui sorgeva un castello, spianato insieme con l’altura qualche decennio fa per realizzare il campo sportivo. La chiesa di Sant’Ambrogio fu la prima parrocchiale di tutta la Costa, staccandosi nel 1450/60 dalla pieve di Rogno; successivamente separandosi da essa si costituirono le parrocchie di Corti Sant’Antonio, Ceratello e Branico. Branico è il nucleo della Costa più centrale rispetto al territorio e conserva alcune case caratteristiche. In località Somgrom fu rinvenuta nel 1972 una decina di tombe e altre emersero nell’area antistante all’abitato. La parrocchia di San Bartolomeo fu costituita nel 1951 smembrandola da quella di Qualino, ma l’edificio della chiesa preesisteva. Infatti nel 1580 è ricordata una casa di un chierico che doveva essere venduta per edificarne una nuova a Qualino e nel 1975 durante dei restauri, sono emersi affreschi del XIV secolo. La presenza di quest’antica cappella, forse, si spiega col fatto che nell’abitato sino al 1925-1926 si trovava la sede amministrativa. Corti deriva il nome dal termine medievale “curtis”, che identificava un luogo al centro di una possessione agricola. Potrebbe essere stata fondata dai monaci di Tours al centro dei loro possedimenti in zona per sfruttare le aree paludose della foce dell’Oglio. Pervenne nel X secolo al vescovo di Brescia che probabilmente tra l’XI e il XII secolo la diede, con Lovere, in feudo a un ramo della famiglia Mozzo, già feudatari del vescovo di Bergamo in Sovere. Costoro poi assunsero il nome di Celeri, ma nel XII secolo per i diritti su alcuni villaggi della Costa (Ceratello e Qualino) e in Volpino entrarono in contrasto con i Brusati, loro parenti, signori di Volpino, scatenando un conflitto che coinvolse i comuni di Brescia e Bergamo. Nel Medioevo la frazione di Corti Sant’Antonio doveva essere dotata di un circuito difensivo e i Celeri vi avevano alcune residenze fortificate, in parte ancora visibili. L’abitato storico è posto sull’ultimo sperone della Costa, dove la via Valeriana attraversa il torrente Supine e si è sviluppato a cavallo del corso d’acqua. La parrocchia di Sant’Antonio fu costituita nel 1507 staccandola da quella di Qualino. La frazione orientale, detta di San Rocco, si trova nel territorio della parrocchia di Volpino. In epoca odierna si è molto sviluppata in pianura e dal 1925/6 è sede del Comune. Il Piano di Costa Volpino è un abitato moderno ma nell’area si trovavano, in antico, diversi nuclei sparsi: tra gli altri Pizzo, già citato all’inizio del XIII secolo, e la località Torrione, dove sorgeva una torre a controllo delle zone paludose dell’Oglio, Santa Martina, Colombera, Ca’ Ronchi, Ca’ Bettoni, Pitinghello e Casino Baglioni. Piano è sede di un’ampia zona industriale sorta negli anni ’50 del XX secolo dove c’erano i ruderi di un capannone che durante la Prima Guerra Mondiale era servito da deposito di polveri e materiali bellici. A est della valle di Supine sorge Volpino, che ha restituito interessanti testimonianze archeologiche. A est del paese nel 1892 furono rinvenute delle tombe romane databili tra IV e V secolo d.C.; altre tombe nel fondo Santi furono indagate nel 1898-1899. Nel 1927 vennero alla luce nuove tombe tardo-romane presso la chiesa di Santo Stefano, oggi demolita, nella parte più elevata del castello. Nel 1930 un’altra tomba fu scoperta nella cava di gesso sotto il paese. Nel 1950 fu ritrovata durante uno sterro in località Durno un’ara romana del I-II secolo d.C. con epigrafe dedicata a due divinità locali, ora presso l’Accademia Tadini. L’abitato, ben servito da una sorgente chiamata “Fontana”, è posto nella sella tra la montagna e il luogo dove sorgeva l’antico castello di Volpino. Nell’XI secolo scoppiarono contrasti per i diritti feudali su Ceratello e Qualino fra il ramo bergamasco della famiglia Mozzo e quello bresciano, che aveva assunto il nome di Brusati. Costoro a Volpino avevano un castello, circondato da un vallo, da un muro e dotato di “turris e dugnonis”. La situazione nel 1123 generò un conflitto che in breve coinvolse i comuni di Brescia e Bergamo e che con alterne e drammatiche vicende terminò solo nel 1198, quando i due comuni contendenti decisero di dividere Volpino e di demolire il “dugnone” del castello. Le demolizioni fecero decadere Volpino a vantaggio di Lovere per i bergamaschi e del nuovo centro fondato nel 1255 dai bresciani a Rogno: Castelfranco. Volpino nel 1219 e nel 1255 venne divisa in due parti, una a ovest bergamasca e l’altra a est bresciana; questa entità, comunque unitaria, veniva definita il Comunello. Solo nel 1809, in epoca napoleonica, Volpino e la Costa, rimasta per secoli legata a Lovere, sarebbero divenute un’unica entità amministrativa, politicamente bergamasca, ma religiosamente bresciana. Sempre a seguito delle divisioni del 1219-1255, scomparve il villaggio di Varadega, posto a est di Volpino. Nel XIII secolo, quando scomparve, era un abitato modesto, probabilmente dipendente da Volpino, e la sua popolazione si spostò forse in Castelfranco. Il castello di Volpino tornò sulla scena nel 1413-1414 nel corso della ribellione della Valcamonica contro Pandolfo III Malatesta. Per rafforzarsi in zona, Pandolfo concedette il castello di Volpino ai camuni suoi sostenitori e, nel 1416/1417, vi nominò un suo castellano; dopo il 1428, con l’arrivo di Venezia, del fortilizio non si hanno più notizie. L’attuale chiesa parrocchiale, dedicata a Santo Stefano, venne riedificata alla metà del XVIII secolo al centro del nuovo insediamento. L’antica parrocchiale sorgeva sul dosso del castello; fu demolita nel 1938-1940 e l’area su cui sorgevano il castello e la chiesa venne ceduta per ampliare le cave di gesso. Queste sono state utilizzate per secoli sia per il gesso, sia per la volpinite (o “bardiglio di Bergamo”), una delicata pietra affine al marmo utilizzata a scopo decorativo in architettura.   Francesco Macario
I nuclei sotrici di costa volpino - Ph: visitlakeiseo.info

Grignaghe di Pisogne

Posta a 900 m di quota, Grignaghe sorge lungo l’antico collegamento con la Val Trompia, attraverso il colle di San Zeno, ricalcato dall’odierna carrozzabile. La via, frequentata fin dal Medioevo, garantiva il trasporto del ferro estratto dalle miniere presso Grignaghe e Pontasio verso le fucine triumpline. La ricchezza e l’importanza che ne derivava alla contrada (“Terra ben popolata e famosa per le sue miniere” la descrive padre Gregorio nel 1698) emerge nei suoi edifici e soprattutto nelle singolari sculture erratiche visibili in piazza San Rocco e in via San Rocco: i cinque elementi monumentali in arenaria rossa, con scene di difficile interpretazione, dovevano ornare i portali di un edificio civile. Nonostante il plasticismo vigoroso ed elementare, che ne ha suggerito un’origine longobarda, i dettagli e la presenza di uno stemma visconteo li collocano nel pieno Trecento. Grignaghe mostra una struttura compatta, frutto di un’antica organizzazione fortificata: la chiesa di San Rocco sorge sull’antica torre di accesso, visibile dalle scale a destra della facciata, e numerosi edifici mostrano ancora le strutture del Due e Trecento negli spigoli in blocchi massicci e nei portali imponenti. Imboccando le ripide discese che si sviluppano dalla via centrale (via Imavilla - via Fontana) si possono osservare le strutture peculiari degli edifici verso valle, con ampi voltoni a superare il dislivello del pendio. Lo spigolo di una casa torre è visibile in via Cimavilla e, addossato ad esso, vi è uno splendido esempio di architettura tradizionale in legno e pietra. La parrocchiale di San Michele, riedificata nel ‘700, sorge a monte, isolata dall’abitato: si raggiunge dalla via San Rocco o in auto seguendo la direzione per Passabocche. Il grande edificio conserva all’esterno alcuni frammenti trecenteschi e all’interno mostra la sedimentazione delle campagne decorative tra ‘500 e ‘700: perdute alcune opere lodate dalle fonti antiche, sono di particolare pregio i Misteri del Rosario, di Pietro Ricchi (circa 1640-1645).   Monica Ibsen  
Grignaghe Pisogne