- Musica e spettacolo
Il corpo come soglia
Ecotonalità. Posture per coabitare
Villa del Grumello, Danza
Il corpo come soglia
Ecotonalità. Posture per coabitare
4-5-6 e 7 settembre 2025
Il Festival, che rientra nel progetto pluriennale Ecotonalità. Humanities ispirato all’essenza complessa e liminale del luogo, prende forma nel segno della trasformazione ed è un invito ad abitare assieme all’altro e ad attraversare con curiosità e sguardo sensibile le soglie; ad intrecciarsi col Parco storico del Grumello “divenendo paesaggio” insieme con l’altro, in un continuo movimento tra forme, relazioni e percezioni.
In scena metamorfosi dei gesti, convivenze ibride, contaminazioni tra linguaggi e sperimentazioni aperte.
Il limite come punto di rottura, d’incontro e di nascita, soglia viva da esplorare con il corpo – i corpi – in ascolto.
Spettacoli, incontri e laboratori, per adulti e bambini, con la presenza di alcune tra le più importanti Compagnie italiane di danza e teatro danza assieme a interessanti realtà emergenti e ad ospiti internazionali.
Un evento di Associazione Villa del Grumello
Direzione artistica Chiara Bignami
Si ringrazia della collaborazione Marta Lucchini
Presenta Lorenzo Volpi Lutteri
Ore 18.30
Serra del Grumello
Fabula Rara
Fabula Rara è un dialogo seducente tra Musica e Movimento. Paesaggi onirici e cruda realtà, sentori arcaici e sperimentazione sono gli elementi che danno vita a questa fiaba contemporanea. La performance, strutturata in quadri immaginari, narra delle molteplici metamorfosi dell’essere umano teso al costante superamento dei propri limiti. Audaci improvvisazioni, coreografie e scrittura musicale si intrecciano creando un coinvolgente percorso narrativo e un caleidoscopio di stati d’animo, flussi emotivi e suggestioni.
Ore 19.30
Cedro della Villa
Cheza
In swahili (la lingua nazionale della Tanzania e di molti paesi dell’Africa Orientale, la lingua di origine bantu più parlata al mondo) ‘cheza’ significa ballare, suonare, giocare o giocare d’azzardo e, a seconda del contesto, può venire ad assumere infinite altre sfumature di significato. Nel sud del Mozambico, dove vive Ernesto Aleixo, si sente spesso usare ‘cheza’ quando si eseguono le danze tradizionali per incitarsi vicendevolmente ed evitare che il ritmo e l’energia calino. Cheza è eleganza, gioco, sensualità e sintonia con il momento ma può arrivare anche ad essere una richiesta di aiuto o un ordine.
La performance si colloca su un sottile crinale tra tradizione Makonde (il popolo cui Ernesto Aleixo appartiene) e contemporaneità prendendo a modello l’approccio dei più consapevoli e coraggiosi musicisti jazz degli anni della decolonizzazione e del black power, a partire da Ornette Coleman. Un approccio in cui il corpo diventa lo strumento per un flusso di improvvisazione completamente libero e irriflessivo che combina senza pregiudizio modernità ed un passato, anche ancestrale, vissuto e dimenticato, che dimora nel corpo senza che il proprietario ne sia consapevole. Nessuno spazio per la nostalgia ma solo il desiderio di non recidere le radici di un passato che è esistito e che deve essere una risorsa cui attingere per non perdere il ritmo della vita e la propria identità. Cheza, nella sua polisemia, nell’essenzialità dell’accompagnamento musicale di Marco Martinelli e nell’impetuoso flusso di coscienza gestuale di Ernesto Aleixo, viene a delineare un testo fondamentalmente politico, tanto ricco e sorprendentemente potente, quanto assolutamente impossibile da ricondurre alla schematicità del linguaggio verbale.
Ore 20.30
Cedro della Villa
Dove cresce ciò che salva | Archivio sentimentale del movimento
“Nella vita è la nostra salvezza; non solo la nostra vita, ma la vita del vivente” dice Ginevra Bompiani, parafrasando un verso di Hölderlin. Pensieri e parole che diventano titolo, guida, monito dell’ultima ricerca artistica di Francesca Foscarini. Una ricerca che, per necessità e desiderio, si dispiega tutta all’aperto, e allo scoperto, proprio lì dove cresce ciò che salva. Lì dove le pietre – ossa della terra, scheletro del mondo, nostro scheletro – diventano l’archivio delle forze che compongono e decompongono la vita. È su questa presenza (assenza) enigmatica che si traccia la mappatura del viaggio dell’artista, nel tentativo difficile, mai rassicurante, di recuperare la memoria biologica perduta: lì dove, forse, abbandonata la difesa della razionalità, abbandonato il tempo, è possibile riavvicinarsi all’inconcepibile universo e a noi, viventi tutti, sognando.