- Musica e spettacolo
Il corpo come soglia
Ecotonalità. Posture per coabitare
Villa del Grumello, Danza
Il corpo come soglia
Ecotonalità. Posture per coabitare
4-5-6 e 7 settembre 2025
Il Festival, che rientra nel progetto pluriennale Ecotonalità. Humanities ispirato all’essenza complessa e liminale del luogo, prende forma nel segno della trasformazione ed è un invito ad abitare assieme all’altro e ad attraversare con curiosità e sguardo sensibile le soglie; ad intrecciarsi col Parco storico del Grumello “divenendo paesaggio” insieme con l’altro, in un continuo movimento tra forme, relazioni e percezioni.
In scena metamorfosi dei gesti, convivenze ibride, contaminazioni tra linguaggi e sperimentazioni aperte.
Il limite come punto di rottura, d’incontro e di nascita, soglia viva da esplorare con il corpo – i corpi – in ascolto.
Spettacoli, incontri e laboratori, per adulti e bambini, con la presenza di alcune tra le più importanti Compagnie italiane di danza e teatro danza assieme a interessanti realtà emergenti e ad ospiti internazionali.
Un evento di Associazione Villa del Grumello
Direzione artistica Chiara Bignami
Si ringrazia della collaborazione Marta Lucchini
Presenta Lorenzo Volpi Lutteri
Ore 10.00
Villa del Grumello
Tre sagome. In un giorno, in una notte, in una vita
Per bambini dai 4 anni
Tre fiabe (“Zio Lupo”, “Giovannin senza paura” e “Tremotino”) si intrecciano in un unico racconto che Dario Moretti propone insieme a disegni fatti con gessetti su una lavagna. Tre sagome sintetizzano e introducono le storie di una bambina golosa, di un ragazzo che non aveva paura di niente e di una fanciulla messa alla prova da un avido Re. Tre storie che si intrecciano e si mescolano tra loro, a volte confondendosi, ma sempre mantenendo la loro peculiarità e la loro vitalità, segnata dall’inevitabile destino dei suoi protagonisti. Brevi frammenti sonori accompagnano l’alternanza delle storie, accarezzandole con suoni gentil ed evidenziandone le imprese. Racchiuse nel tempo di un giorno, di una notte e di una vita, le tre fiabe mostrano quanto sia irrilevante il tempo della nostra esistenza, rispetto alla qualità e al valore delle nostre azioni. Storie narrate, disegnate, cancellate, riprese e ripetute: sempre uguali, ma sempre diverse, nel loro smuovere negli animi di chi le ascolta, le più remote sensazioni e paure.
Biglietto unico euro 5 a persona con prenotazione su eventbrite
Ore 11.30
Cedro della Villa
Fragmentation
Concept e performance di Christophe Al Haber
produzione Beirut Physical Lab
La domanda di partenza è: “Cosa c’è che non va in me?” La risposta a questa domanda sta in Fragmentation, un assolo che esplora la disconnessione e la ricostruzione del corpo, il suo rapporto con se stesso e con lo spazio. Attraverso un lavoro preciso su tensione muscolare, dimensioni, orientamento e schemi di movimento, il corpo si scompone e si ricompone, rivelando le sue potenzialità espressive. Il gesto si frammenta per ritrovare un’unità nuova, diversa, necessaria. Al Haber sperimenta le possibilità di movimento del corpo tra controllo e instabilità, attraverso azioni semplici e ripetute che a volte diventano imprevedibili: una danza tra staticità e movimento dinamico, selvatico. Opera prima dell’autore, la creazione è iniziata durante il programma intensivo Beiroot Bodies 3 del Beirut Physical Lab e si è ampliato attraverso una residenza al MACAM in Libano a fine 2024. Lo spettacolo debutta al Festival Danza Urbana nell’ambito della sezione NUOVI SGUARDI grazie alla collaborazione con i partner del neonato network Solidarity in Motion.
Ancestral Echoes
Ideazione e danza di Samer Zaher
Co-creazione Bassam Abu Diab
Produzione Beirut Physical Lab
Questa creazione emerge da un corpo inteso come archivio, luogo di memoria, di rottura. Non inizia con le risposte, bensì con l’assenza: un corpo orfano, una parola staccata dal suo significato, un volto letto attraverso la lente dell’alterità. Samer Zaher indaga il modo in cui i sistemi di potere cercano di definire, confinare e classificare l’identità: attraverso il genere, la nazionalità, la razza e il linguaggio. La sua pratica di movimento resiste a queste strutture ritornando alla cruda fisicità del corpo, che diventa spazio per re-immaginare l’identità al di là delle etichette imposte. Il lavoro attinge a un vocabolario ibrido di Dabke, Bollywood, Voguing, Baladi, Dancehall, danza contemporanea e teatro fisico. Queste forme non sono riprodotte come rappresentazioni culturali, ma piuttosto vengono decostruite e ricomposte, trattate come frammenti instabili attraverso i quali il corpo parla nei propri termini. Distorcendo queste tradizioni, Zaher interroga il pubblico su ciò che potrebbe vedere a prima vista, e mette in discussione l’idea stessa di autenticità e purezza culturale. Una performance che abbraccia la molteplicità, la frammentazione e la contraddizione, non come fonti di confusione, ma come luoghi di possibilità radicale.