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Itinerario ad anello dalla stazione di Cernusco Merate

Partenza/Arrivo
Da: Cernusco Lombardone (LC)
A: Cernusco Lombardone (LC)
Tipologia/Periodo
Trekking
Primavera/Estate/Autunno/Inverno
Durata/Lunghezza
4 ore
12km
Dislivello
Salita: 300m
Difficoltà
MEDIA

Dal parcheggio della stazione di Cernusco Lombardone prendere la ciclopedonabile e, giunti alla palina con segnavia n.2 Butto, proseguire lungo la strada.

Sulla sinistra campeggiano i resti del Castello di Cernusco Lombardone. Fondato su una fortificazione romana, visse il suo splendore dal Mille fino al Cinquecento, quando venne convertito a cascina.
Il percorso prosegue attraversando la strada per arrivare al parcheggio in località Molinazzo, il cui toponimo è riferito alla presenza di un molino per la macinazione dei cereali.

Prendere la direzione indicata dalla palina con segnavia n.1 per Cà Soldato. Il sentiero costeggia il torrente Curone, compiendo un’ampia curva attorno alle falde della collina di Montevecchia. Il percorso si snoda in un bel bosco igrofilo tipico degli ecosistemi lungo i corsi d’acqua con formazioni di salici, ontani, farnie, carpini bianchi, frassini e qualche bel esemplare di platano.
La denominazione del torrente Curone pare sia la prova della presenza etrusco-ligure in questo territorio, identica a quella del corso d’acqua che dal monte Ebro (Appennino ligure) confluisce nel Po. Curone deriverebbe dal nome di una tribù, i Curuni, della stessa stirpe dei Vopsi, che stanziandosi avrebbero dato nome alla valle e al torrente.
Lungo il percorso è possibile osservare interventi di sistemazione del corso d’acqua con tecniche di ingegneria naturalistica.

Giunti ad un trivio, seguire il segnavia n.11 Butto, svoltando a sinistra e attraversando il torrente Curone. Il nome di questa località è Pertevano, il cui toponimo, molto probabilmente, deriva dal milanese “pertega”/“pertica”, antica unità agraria di superficie. Salendo si notano terrazzamenti coltivati a vite, alberi da frutta e ortaggi. Al bivio, prendere il sentiero sulla sinistra che conduce al nucleo abitato fino ad incontrare la strada.

Svoltare a sinistra e scendere lungo la strada fino alla frazione Passone, il cui toponimo probabilmente deriva da pason, palo di sostegno per la vite. Una sequenza di numerosi terrazzamenti coltivati a ulivi, alberi da frutta e vite scandisce la verticalità del pendio.
In prossimità di un ristorante, prendere a destra il sentiero a gradini che sale verso l’uliveto e percorrere il sentiero acciottolato.

In poche altre zone la secolare attività dell’uomo ha modificato il paesaggio come su questo versante della collina. Grazie alla sua esposizione a sud ha permesso la crescita dell’ulivo, della vite e della particolare coltivazione del rosmarino, ancora oggi presente nelle ultime terrazze che salgono fino a Cascina Butto.
L’acciottolato termina al parcheggio nei pressi del Municipio di Montevecchia.

Cascina Butto è la sede del Parco di Montevecchia e Valle del Curone e dell’annesso Centro visite del Parco, che permette di fruire in modo multimediale gli aspetti geologici, storici, paesaggistici e culturali nonché ovviamente di quelli naturalistici del territorio.

Dal parcheggio un sentiero sale per arrivare ad una terrazza naturale, da cui è possibile avere una vista che spazia a 360 gradi.
Un tempo sulle balze di Cascina Butto trovavano spazio varie coltivazioni, tra cui ortaggi, cereali e piante da frutta, mentre la viticoltura non ha mai interessato intensamente l'area, a causa della sfavorevole esposizione dei versanti.

Ripartendo dal parcheggio di Cascina Butto si risale via Donzelli e poi si scende sulla strada provinciale fino a Cascina Pilastrello, antica dimora contadina, datata al catasto teresiano al 1740.
La caratteristiche architettoniche del “Pilastrello”, come il grande loggiato visibile anche dalla strada, costruito come elemento filtro del calore in estate e come riparo dal freddo dell’inverno, potrebbero permettere di attribuire questo cascinale alla tipologia rurale più comune, sviluppata su due piani, con un corpo edilizio aggiunto, dove al piano terra si trovavano le stalle e al piano superiore appunto il loggiato che “ospitava” il fienile. La forma originaria nel nucleo comprendeva solitamente, oltre al rustico, anche l’abitazione del contadino, con ai piani bassi la cucina, dotata del focolare attorno al quale ruotavano tutte le attività domestiche, e ai piani alti le camere da letto.
Il toponimo prende il nome dalla Madonna del Pilastrello, che si dice sia apparsa anticamente e miracolosamente in quel luogo appoggiandosi a un piccolo pilastro.

Arrivati alla frazione “Oliva”, il cui nome fa riferimento all’antica cascina e alla presenza in passato di coltivazioni di ulivo, una palina indica il segnavia n.9 per Montevecchia Alta. Una ripida mulattiera sale tra i terrazzamenti coltivati a vite e ulivo; era questa, presumibilmente, l’antica via d’accesso dalla pianura alla collina di Montevecchia.
Sulla sinistra, posta a metà collina in posizione isolata, la Cascina Canevascia domina la valle. Il suo toponimo è riconducibile a cantina, ma in senso dispregiativo e dà il nome anche alla frazione.

La mulattiera sale verso l’alta collina tra muri a secco di ottima fattura. Più avanti il percorso diventa pianeggiante offrendo un bel panorama sui terrazzamenti e i paesi della pianura fino a Milano e gli Appennini.
I versanti meridionali della collina di Montevecchia, per la loro esposizione soliva, non hanno mai cessato di essere intensamente sfruttati per uso agricolo. Un sistema articolato e ordinato di terrazzamenti addomestica la verticalità del pendio, dando luogo a uno spettacolare scenario con i tipici ronchi sostenuti dalle murature in pietra a secco. Qui le piane ospitano ancora oggi, nella maggior parte dei casi, filari di vite associate alle piante aromatiche tipiche di Montevecchia: la salvia e il rosmarino.
Ai filari di vite si alternavano poi abitualmente rosmarino, ortaggi e piante da frutto per sfruttare al massimo lo scarso spazio disponibile sulle piane e per fornire una vasta gamma di prodotti che garantissero rese e produzioni diversificate.
A volte i ronchi venivano identificati nella toponomastica locale anche attraverso l’indicazione delle colture che vi si praticava (Runchet de la pera, Runchet di por).
Prima della comparsa del mais, sui terrazzi erano presenti cereali quali miglio e segale (coltivati in piccoli appezzamenti), a cui seguì il frumento.
Vertiginose scale in arenaria scendono come arterie a collegare i numerosi terrazzamenti, memoria storica di una vocazione agricola che oggi ancora resiste e che contrasta con la Brianza industriale che si staglia sullo sfondo nella pianura urbanizzata.

Al culmine del sentiero si arriva nella piazzetta di Montevecchia Alta con possibilità di ristorarsi.
Merita una visita il Santuario Beata Vergine del Carmelo, una delle chiese più suggestive della Brianza per via della posizione in cima al colle, cui si giunge con 180 gradini.
Dalla piazzetta si procede sul sentiero n.10 fino all’incrocio con Via Alta Collina, dove si gode del panorama della Dorsale Orobica Lecchese con l’iconica sagoma del Resegone e il gruppo delle Grigne.
Da qui la Valle del Curone si rivela in tutta la sua bellezza, facendo mostra del suo paesaggio terrazzato, in particolare dello spettacolare versante della Valle delle Galbusere.

All’incrocio con la strada attraversare e svoltare a destra, camminando sul marciapiede fino ad arrivare nei pressi del Cimitero, dove una palina indica il segnavia n. 8 Val Fredda. Il sentiero passa accanto alle mura del Cimitero, inoltrandosi in un bel bosco con una formazione di querce e castagni. All’incrocio con Via Val Fredda, seguire a sinistra le indicazioni della palina con segnavia n. 11 Cà Soldato.
Poco più avanti si giunge a Cascina Valfredda, il cui nome è legato alle caratteristiche climatiche della zona. L’edificio oggi è circondato da prati. Qui un tempo vi era una chiesa con un altare dedicato alla Vergine della Neve. La bellissima fontana in pietra adiacente al lavatoio, su cui sono ancora visibili antiche incisioni, è un tipico esempio di riutilizzo di un importante manufatto in epoche successive. La vasca è probabilmente costituita da un sarcofago romano, riutilizzato in epoca medioevale come altare della chiesetta.

Dopo aver superato il lavatoio, una palina con indicazioni per Cà Soldato indica di svoltare a sinistra e seguire un sentiero campestre che si inoltra pianeggiante in un bosco misto con prevalenza di castagno, farnia e carpino.

Poco prima di attraversare uno degli affluenti del torrente Curone, sono degne di nota alcune maestose querce secolari che delimitano il sentiero.
Dopo aver superato un piccolo stagno sulla sinistra, si arriva a Cà del Soldato, adibita a centro Parco ed a sede delle Guardie Ecologiche Volontarie.
E’ costituita da un unico edificio che ha conservato le caratteristiche rurali. Nel piccolo museo, aperto la domenica, vengono proposti i diversi ambienti che caratterizzano il territorio del Parco e la fauna presente, oltre agli attrezzi agricoli e della vita contadina utilizzati, un tempo, in questi luoghi.
L’origine del nome della cascina, abitata fino al 1987, riporta alla memoria antiche battaglie ed è associato alla fortificazione romana a salvaguardia di una fornace.

Di fronte all’edificio, ampi campi terrazzati mantenuti a prato stabile resistono all’avanzare del bosco.
Da Cà del Soldato prendere la sterrata che scende e si inoltra nuovamente nel bosco (segnavia n. 11), attraversare il torrente Curone e giunti all’incrocio con la strada, svoltare a destra e seguire il segnavia n.1 Molinazzo.

La strada segue la Valle del Curone e a sinistra sorge l’antico insediamento rurale di Fornace Superiore, il cui toponimo fa riferimento a tempi remoti, quando tutto il territorio era interessato da una fornace che, preesistente alla conquista romana, si trasformò poi in un grande complesso, forse il più grande d’Italia transpadana per la produzione di embrici e materiale da costruzione. Il ritrovamento di grandi quantità di manufatti accatastati in ordine sotto il piano terra in località Malnido, prova che i lavori furono troncati repentinamente per cause tuttora sconosciute ma certamente non trascurabili.

Mantenersi sempre sulla strada fino ad arrivare alla località Bagaggera. Lo storico Dozio, nelle sue “Notizie di Brivio” (1858) a proposito di Bagaggera scriveva “un gruppo di cinque case coloniche, tristo e solitario, nella valle a nord di Montevecchia, in mezzo a campicelli di terreno ingrato, circondati da paludi e boschi…”.
Bagaggera è sede di un'azienda biologica di 25 ettari lavorati a foraggio, pascolo e cereali, e si allevano maiali e capre camosciate. La cascina è parte di un nucleo risalente al Seicento, articolato in numerosi edifici, su uno dei quali è presente l’insegna di una vecchia osteria, testimonianza del passato fiorente di questo borgo.

Si prosegue sulla strada fino al bivio per Brughè, il cui toponimo deriverebbe da brugo (lombardo brugh), erica volgare. Il nucleo di Brughè sorge su un grande pianoro sul quale si affaccia il versante nord della collina di Montevecchia.

Si percorre la stretta strada fino alle ultime case del centro abitato e poi il sentiero a fianco di un giardino e che scende deciso verso il bosco fino a incontrare il tracciato lungo il corso del torrente.
Si svolta a sinistra, seguendo il segnavia per Molinazzo.
Da questo luogo dovremmo solo percorrere il medesimo itinerario che condurrà a ritroso alla stazione di Cernusco Merate.

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